Non solo un contenitore, ma un vero e proprio veicolo di contenuti. Il packaging del futuro non si limita a essere sostenibile (biodegradabile, anti-UV, resistente agli sbalzi di temperatura e agli urti) ma sfocia nella quarta dimensione. Esistono già prototipi di “talking boxes”, involucri parlanti che comunicano il loro contenuto prima di svelarlo. Ma se fosse la sua stessa superficie a interagire con il consumatore?
Dal 2007 le ricerche della Mid Sweden University hanno dimostrato, e reso prototipo, un cartone di nuova generazione la cui stratigrafia racchiude in sé un microcomputer in grado di dar vita, con registrazioni audio e non solo, alla sua “pelle digitale”, reagendo alla pressione. Nel 2011 la tedesca Wipak ha addirittura assicurato che, grazie a un “lettore-penna”, microchip e RFID diverranno desueti. E Apple, immancabile colosso americano, assicura di aver già siglato dal 2008 il futuro del packaging interattivo, rafforzando il credo del brand che comunica da sempre i suoi prodotti in maniera tanto essenziale quanto incisiva.
Dal canto suo, la Eastwood Harvey, società creatrice del “think 4D”, sembra aver effettivamente raggiunto l’obiettivo della quarta dimensione brevettando un sistema che, grazie a stampanti 3d e inchiostri che reagiscano agli impulsi tattili, interagisce a livello “emozionale” con il consumatore mediante texture che si modificano generando diverse combinazioni di mappatura colore.
Sicuramente, per costi e tempi di produzione, simili tecnologie compariranno molto prima nel mercato del lusso che in quello della grande distribuzione. Siamo però sicuri che queste nuove frontiere non rappresentino, oltre ad avveniristiche soluzioni di design, anche grandi incubatori di consumo pilotato?
Flavia Chiavaroli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #27
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