La app che fa ridere i quadri. Così trovarono il buon umore i ritratti del Rijksmuseum
Fateci caso. I protagonisti dei capolavori dell’arte sono quasi sempre seri, compiti, se non mesti. Non ridono mai. Ma qualcuno ha trovato il modo per cambiar loro l’umore. Con un giochino diventato subito virale…
Giusto per ricordarsi che l’arte è una cosa seria ma non troppo, e che è lecito giocarci con un po’ di sana leggerezza, c’è chi si mette d’impegno e prova a dissacrare. Ironicamente. Con delicatezza. Prendendo in giro i grandi capolavori del passato. Poco male: Duchamp l’aveva fatto già un secolo fa, mettendo i baffi alla Gioconda. Qui però non c’è nessun risvolto concettuale e nessuna pretesa intellettuale, anzi. Giusto un divertissement, nell’era dei social network.
Succede che il grafico e illustratore britannico Ollie Gibbs si trovi in visita con la fidanzata al Rijksmuseum di Amsterdam e a un certo punto, dopo aver passato in rassegna decine di ritratti della collezione, tra Rinascimento, Barocco e Realismo, gli venga spontanea una costatazione: “sembrano tutti così depressi”. Un solo tratto comune: visi tristi, sguardi spenti, fronti corrucciate, serietà e compostezza, mai un sorriso. Ma perché? Forse, ha spiegato Gibbs scherzandosi su, a stare in posa ore e ore ritrovarsi quella faccia è pure normale!
L’APP CHE TI METTE IL SORRISO
Fatto sta che ne è nato un esperimento. Divenuto, manco a dirlo, immediatamente virale. Utilizzando tramite il proprio cellulare FaceApp, un’applicazione per immagini che è in grado di cambiare espressione e fisionomia ai volti, uomini e donne ritratti sulle preziose tele del museo hanno letteralmente cambiato faccia. Ma soprattutto umore. Mettendosi a ridere, finalmente. Sorrisi smaglianti a 32 denti, con effetto quasi sempre spassoso, a volte naturale, in certi casi inquietante. Risate beffarde, tenere, cavalline, sguaiate, stentate, sornione. Le foto hanno cominciato a girare vorticosamente sul web, retwittate e condivise a velocità supersonica. Come l’ha presa il Rijksmuseum? Benone, dal momento che anche dal profilo Twitter dell’istituzione è partito un simpatico share: “Divertente vedere facce così familiari che ridono!”. E naturalmente non potevano mancare le GIF, condite da vignette ironiche, lanciate da Gibbs sull’onda del successo. Una piccola cosa, che la Rete ha accolto – è il caso di dirlo – con una grande risata.
IL CASO ITALIANO
E il fenomeno del resto non è nuovo. Sfottere bonariamente statue e dipinti famosi è un passatempo che conquista le masse. Basti pensare alla serie “Se i quadri potessero parlare”, inventata qualche anno fa dallo studente pugliese Stefano Guerrera e subito divenuta un fenomeno: numeri incredibili sui social, ospitate televisive, servizi giornalistici e poi addirittura un libro, pubblicato da BUR/Rizzoli. Una frase azzeccata (magari in romanesco) appiccicata su una scena mitologica, storica, religiosa, tra dipinti più o meno noti, e l’effetto comico è garantito. La pagina Facebook di Guererra ha oggi oltre 1 milione e 200mila fan. Quella del Rijksmuseum si ferma a 332.653, giusto per capire le proporzioni. E chissà che il giochetto di Gibbs qualche like in più non l’abbia portato.
– Helga Marsala
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