We wear culture, nuovo progetto di Google sulla moda. Tra i partner Fondazione Micol Fontana
Da Rei Kawakubo a Vivienne Westwood, passando per l’Atelier Sorelle Fontana. Google mette in Rete la storia della moda e ne sviscera simboli, complessità, forme, influenze. Con la tecnologia che aiuta a leggere questa affascinante enciclopedia in progress…
Metti insieme un colosso del web come Google e una rete di oltre 180 istituzioni culturali attive da New York a Londra, da Parigi a Tokyo, da San Paolo a Firenze, tutte legate in qualche modo al settore della moda. Il risultato è un archivio intelligente, affascinante, pensato per l’immensa enciclopedia virtuale che sta edificando la memoria storica dell’umanità nell’era della Rete. Si chiama “We wear culture” ed è il nuovo progetto di Google disponibile sulla piattaforma Google Arts & Culture: grazie all’uso di tecnologie all’avanguardia sarà possibile esplorare stili e look di epoche diverse – ad esempio attraverso quattro le sezioni principali: Le icone, I movimenti, Dietro le quinte, Le arti – a partire dall’antica Via della Seta, passando per i sontuosi abiti settecenteschi di Versailles, tra pizzi, velluti, damaschi e crinoline, fino ai guizzi delle controculture, dal punk britannico al glam, arrivando al gusto, le linee e le sperimentazioni del contemporaneo.
Tra i pezzi iconici che hanno cambiato il modo di vestire di intere generazioni si incontrano i tacchi alti di Marilyn Monroe o il tubino nero di Chanel del 1925, riportati in vita grazie ai dispositivi di realtà virtuale; e poi le creazioni uniche di Cristóbal Balenciaga, la femminilità targata Dior, l’eccentricità underground di Vivienne Westwood e il neo barocco di Alexander McQueen, gli scatti immortali di Helmut Newton e Irving Penn, il sincretismo regale di Yves Saint Laurent e la ricerca made in Japan di designer comei Issey Miyake o Rei Kawakubo.
TRA I PARTNER DI GOOGLE ANCHE LA FONDAZIONE MICOL FONTANA
Tra i partner anche un’eccellenza del panorama italiano, la Fondazione Micol Fontana, istituita da una delle tre sorelle stiliste, per custodire e valorizzare l’eredità di un marchio iconico, radicato nella storia del made in Italy: Zoe, Micol e Giovanna Fontana furono geniali pioniere del pret-à-porter italiano negli anni Cinquanta, nonché sarte di riferimento per le star hollywoodiane giunte a Cinecittà e per le grande dame dell’alta società internazionale.
I contenuti disponibili online grazie alla Fondazione includono cinque esposizioni virtuali con bozzetti, collezioni e foto storiche dell’atelier Fontana: tra queste una storia interattiva che mostra gli abiti da sposa indossati da alcune star dell’epoca, su tutte la splendida Linda Christian, moglie di Tyron Power, e Audrey Hebpurn, incarnazione soave dell’eleganza più naturale. Entrambe si affidarono alle sapienti mani delle sorelle Fontana per confezionare i loro abiti bianchi. Un’altra raccolta da spulciare è quella dei 7000 bozzetti conservati dalla Fondazione, che ricostruiscono la storia della moda dagli anni Cinquanta agli Ottanta.
WE WEAR CULTURE. LA MODA COME CULTURA DA INDOSSARE
A collaborare a questo ambizioso progetto sono esperti di moda, curatori e stilisti, ma anche Università, musei e ONG di tutto il mondo, mentre gli apparati hi-tech sfoderati per gli utenti restituiscono al meglio fascino, dettagli e consistenza di questo strepitoso arsenale di documenti e informazioni: oltre alla Realtà Virtuale ci sono i video a 360°, le Street View e le immagini “gigapixel” ad altissima risoluzione.
“Invitiamo tutti a scoprire le storie che sono alla base degli abiti che oggi indossiamo abitualmente con il progetto We Wear Culture su Google Arts & Culture”, ha commentato Amit Sood, direttore di Google Arts & Culture. “Potreste rimanere sorpresi nello scoprire che i jeans o l’abito nero nel vostro guardaroba hanno cento anni di storia. Quello che indossiamo è autentica cultura e, molto spesso, un’opera d’arte”. E proprio qui sta il senso. Raccontare la moda, seguendo la sua evoluzione storica scandita dai mutamenti sociali, artistici, culturali, persino politici ed economici. E così leggerla, osservarla, a partire dal suo status ibrido e complesso: linguaggio creativo, dispositivo di produzione ed elaborazione di segni, spazio del desiderio e della seduzione, meditazione sul corpo, l’identità, la maschera e le molte implicazioni sociali. Cultura da indossare, per l’appunto.
– Helga Marsala
g.co/wewearculture
Dispinibile la app Google Arts & Culture per iOS e Android
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