L’arte visiva cinematizzata. L’editoriale di Lorenzo Taiuti
Torniamo sulla vexata quaestio delle mostre multimediali: da Klimt a van Gogh, passando per Caravaggio, queste rassegne attraversano il nostro Paese e riscuotono un successo enorme. Si tratta spesso di intere mostre senza manco un dipinto “vero”. Patria del kitsch oppure c’è qualcosa di più?
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Da tempo sono evidenti le possibilità d’uso dei linguaggi digitali, ma i musei sono rimasti a lungo diffidenti all’incontro tra i “freddi” linguaggi multimediali e il calore della grande pittura classica.
Paura del kitsch e della perdita linguistica del medium, modificato attraverso il filtro del video e dell’effettistica digitale, hanno impedito a lungo alle istituzioni museali la sperimentazione in questa direzione.
AGLI ALBORI DELLE MOSTRE MULTIMEDIALI
Io stesso proposi e realizzai con molta difficoltà una dozzina d’anni fa un intervento alla GNAM di Roma. L’intervento era basato sull’utilizzazione di strumenti interattivi (un guanto direzionale e un eye-tracker) per permettere una manipolazione dell’audiovisivo da parte di disabili motori.
Il progetto era una collaborazione fra Architettura e Gnam per le giornate dei disabili. Il lavoro funzionò nel rapporto con il pubblico, sorpreso dall’interattività come dal movimento e dal percorso multimediale pensato come uno spazio fisico, una Casa di Klimt (il quadro era Le tre età di Klimt) in cui era possibile navigare e scegliere i contenuti.
PIERO ANGELA L’INNOVATORE
La possibilità di “muovere” cineticamente la stabilità dei linguaggi visivi dimostra forti possibilità di contatto con il pubblico. Ma in Italia le cose sono sancite dalla televisione e solo dopo l’efficace intervento di Piero Angela sui Fori Imperiali i musei si accorgono delle possibilità divulgative e didattiche del video e delle strategie digitali.
Klimt a Santo Stefano al Ponte a Firenze, Caravaggio al Palazzo Esposizioni e van Gogh al Palazzo degli Esami a Roma hanno avuto un successo sorprendente. Mentre la funzione di base sarebbe integrarsi nelle strutture didattiche museali e nelle sue funzioni promozionali, tutti e tre i progetti si propongono come autonomo spettacolo.
Messa da parte l’ipotesi interattiva, le installazioni puntano sull’enfasi visiva degli ingrandimenti dei quadri ad alta definizione e sulla dimensione imponente delle proiezioni.
Paura del kitsch e della perdita linguistica del medium hanno impedito a lungo alle istituzioni museali la sperimentazione
Inoltre si cerca di rendere la narrazione più cinematografica possibile, con continui movimenti di macchina sull’immagine, mentre colonne sonore e animazioni digitali cercano di rendere il lavoro più narrativo. E questa è la parte più difficile del lavoro, perché la vicinanza con i linguaggi pubblicitari si fa pericolosa e il kitsch può diventare un problema.
Moltiplicata all’infinito nei linguaggi audiovisivi, dalle televisioni, dai computer, dai tablet e dai cellulari, l’immagine cinetica è diventata più familiare di quella statica.
– Lorenzo Taiuti
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #37
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