Game Camp 2017 per un dialogo alla pari tra videogiochi e beni culturali. Un meeting a Milano
Fino al 15 ottobre, sviluppatori di videogiochi e operatori culturali si trovano fianco a fianco, tra lo IED di Milano e il George Brown College in Canada. Per lavorare su nuovi progetti multimediali interattivi.
“Era una notte buia, durante la quale il team canadese si trovò a passare in bus vicino la Fortezza di Monteriggioni. La pioggia aveva iniziato a cadere già dopo Roma e proprio in quel punto del loro viaggio minacciava di diventare un temporale. Costretti a sostare a Monteriggioni, i membri del team videro le alte mura che circondavano la cittadella come una corona, le torri, il borgo all’interno. Impossibile non innamorarsene.” Il team a cui si riferisce nel racconto Alberto Coco, country manager di Ubisoft Italia, è quello che ha poi sviluppato Assassin’s Creed II, ambientato – tra l’altro – proprio nella rinascimentale Monteriggioni. Questo aneddoto dai toni favolistici, riportato durante la lecture interattiva dello scorso 20 settembre da Andrea Dresseno (project manager di IVIPRO – Italian Videogame Program), introduce nel migliore dei modi lo spirito alla base dell’International Game Camp 2017, in programma fino al 15 ottobre: Videogames meet Heritage è il tema e l’obiettivo stesso della “maratona” che, in contemporanea allo IED di Milano e al George Brown College di Toronto, porta game developers internazionali e operatori culturali a collaborare nell’arco di un fine settimana. L’intento, insomma, è quello di superare una certa ottica di sudditanza del videogioco nei confronti del patrimonio, una volta che i due settori vengono accostati: i probabili esiti di questo confronto non saranno soltanto progetti di edutainment, in cui appunto il mezzo espressivo digitale è subordinato alla trasmissione di informazioni e conoscenze.
SMART HERITAGE: I MUSEI DEL NUOVO MILLENNIO CONDIVIDONO IL PATRIMONIO
Sia Dresseno sia Giacomo Giannella – videogame art director e fondatore di Streamcolors, realtà ideatrice dell’International Game Camp insieme a Bookrepublic – hanno introdotto nel corso della presentazione un concetto fondante per questa nuova iniziativa, quello di “smart heritage”. Si tratta della promozione al ri-utilizzo creativo del patrimonio, come fa per esempio il Rijskmuseum, per elaborare nuovi prodotti e opere che si ispirano alle collezioni condivise online dal museo con licenza Creative Commons. Nel corso del Camp, quindi, i team di sviluppo avranno modo di accedere alla Pandora’s Box, un repository di riproduzioni digitali di opere d’arte e reperti, beni architettonici e paesaggistici, fornite dai musei partecipanti all’iniziativa come immagini ad alta risoluzione o addirittura scansioni tridimensionali. Da questo “vaso di Pandora” digitale i partecipanti potranno trarre libera ispirazione per creare ambientazioni, personaggi, elementi interattivi del loro progetto-prototipo.
UN MODO INEDITO DI CONOSCERE I BENI CULTURALI
Proprio nell’industria creativa dei videogiochi – a cui nel 2016 il Mibact ha riconosciuto valore culturale – si contano diversi esempi che hanno attinto a vario titolo da stili pittorici e poetiche artistiche – OKAMI riprende Hokusai e gli ukyo-e, il gioco indie Thomas was alone trasferisce in una piattaforma interattiva gli elementi astratti di Mondrian. In questi casi, il pubblico viene in contatto con opere e scuole artistiche, monumenti e architetture in modo indiretto ma letteralmente memorabile, per l’alto coinvolgimento richiesto dal gioco anche a livello emotivo.
Chiedete a un qualsiasi giocatore nel mondo, che sia statunitense o cinese, se conosce Monteriggioni: certo, vi risponderà, ci ha vissuto Ezio Auditore.
– Caterina Porcellini
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