Gli strumenti tecnologici di cui ci siamo circondati sembrano offrirci la possibilità di fare qualsiasi cosa, di raggiungere obiettivi prima impensabili e di avvicinare la fantascienza alla realtà quotidiana. Eppure sembra che l’essere umano abbia perso la capacità di svolgere le mansioni più basilari e fondamentali per la sua stessa sopravvivenza. Ma anche su questo piano ci vengono in soccorso i nostri fidati device, e così fioriscono un gran numero di app che si propongono di aiutarci a riequilibrare le funzionalità di corpi, i nostri, sempre più sfasati da un ritmo di vita frenetico, chiamati a sostenere tempi di produzione ed efficienza che non lasciano spazio a tempo libero, soste, pause o divagazioni.
Una conseguenza estrema di questo scenario è rappresentata dall’ottimizzazione del sonno. Partendo da slogan quanto meno contraddittori come “impara a dormire velocemente”, queste app registrano le abitudini degli utenti e promettono di aiutarli a riequilibrare i cicli naturali del proprio corpo, adeguandoli ai ritmi e alle necessità della vita contemporanea.
ELISA GIARDINA PAPA
Su questi temi si concentra l’opera Labor of Sleep di Elisa Giardina Papa, una serie di brevi video che suggeriscono l’idea che il sonno sia l’ultima frontiera per la raccolta di dati e informazioni che riguardano i nostri comportamenti e abitudini. Anche la fase della giornata improduttiva per eccellenza, eppure irrinunciabile per la natura umana, diventa quindi un momento di produttività. In questo senso gli strumenti digitali si rivelano sia causa che rimedio della vita always on, restituendoci il tempo che essi stessi hanno contribuito a sottrarci.
L’opera si inserisce nel ciclo Sunrise Sunset, un programma di commissioni del Whitney Museum di New York che include lavori che vengono esposti sul sito del museo e che sono visibili ogni giorno, ma unicamente all’alba e al tramonto.
‒ Matteo Cremonesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42
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