Computer Grrrls: a Parigi una mostra racconta il lato femminile della tecnologia
Dopo una tappa in Germania, arriva a Parigi Computer Grrrls, una mostra collettiva che riflette sul rapporto tra tecnologia e genere. Ricordando il ruolo centrale delle donne nella storia dell'informatica e auspicando per il settore un futuro più inclusivo.
Prima dell’avvento degli elaboratori moderni, la parola “computer” si riferiva a una professione. Il calcolo, necessario in numerosi settori, dall’astronomia all’industria bellica, era un’attività svolta da esseri umani e veniva eseguito a mano oppure con il supporto di rudimentali macchine analogiche. Quello che non molti sanno, tuttavia, è che a partire dagli inizi del Novecento, questo genere di compito venne spesso affidato a forze lavoro femminili. Le donne effettuavano complessi calcoli astronomici e nautici, elaboravano dati balistici e decrittavano messaggi in codice. Dalle “Bletchley girls”, che lavorarono sui codici nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale (a Bletchley Park, centro famoso per il lavoro che vi svolse Alan Turing, il 75% del team era costituito da donne), alle “ENIAC Girls”, a cui si deve la programmazione del primo computer inteso in senso moderno. A partire dalla figura pionieristica di Ada Lovelace nell’Ottocento, a cui viene attribuita la scrittura del primo algoritmo, la storia dell’informatica è stata profondamente influenza dal contributo delle donne, un contributo silenzioso, non percepito e troppo spesso dimenticato. Il settore, infatti, a partire soprattutto dagli Anni Sessanta del Novecento, è stato caratterizzato da una massiccia presenza maschile e tuttora la programmazione viene identificata come un’attività da uomini.
DALLE ENIAC GIRLS AL CYBERFEMMINISMO
La mostra Computer Grrrls, curata da Inke Arns e Marie Lechner, parte da questa riflessione per mettere in evidenza la visione distorta che abbiamo della storia, oltre che le problematiche di gender inequality che affliggono il settore ancora oggi. E lo fa riannodando i fili in un percorso che parte dalle “kilo-girls” della metà del Novecento per arrivare ai movimenti tecnofemministi contemporanei. 23 artiste, ricercatrici, hacker e maker, provenienti da ogni parte del mondo (Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Grecia, Iran, Italia, Messico, Paesi Bassi, Russia, Svizzera, Turchia, Regno Unito, USA e Serbia) sono state invitate ad esporre i propri progetti, tutti incentrati sul rapporto tra genere e tecnologia, un tema di importanza centrale per la discussione sugli sviluppi futuri del settore informatico e non solo, indispensabile per la progettazione di un futuro più inclusivo e ugualitario.
UNA MOSTRA CHE STA GIRANDO IL MONDO
Il progetto espositivo, che è partito lo scorso ottobre dalla Hartware MedienKunstVerein (HMKV) di Dortmund, fa in questi giorni tappa negli spazi de La Gaîté Lyrique di Parigi, dove resterà visibile fino al 14 luglio, per poi spostarsi al MU di Eindhoven durante l’estate.
In mostra progetti di Morehshin Allahyari, Manetta Berends, Zach Blas & Jemima Wyman, Nadja Buttendorf, Elisabeth Caravella, Jennifer Chan, Aleksandra Domanović, Louise Drulhe, Darsha Hewitt, Lauren Huret, Hyphen-Labs, Dasha Ilina, Mary Maggic, Caroline Martel, Lauren Moffatt, Simone C. Niquille, Jenny Odell, Elisa Giardina Papa, Tabita Rezaire, Erica Scourti, Suzanne Treister, Lu Yang.
– Valentina Tanni
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