I paesaggi virtuali di Digitalive 2019. Intervista a Federica Patti
Dal 4 al 6 ottobre torna a Roma Digitalive, la sezione del Romaeuropa Festival dedicata al digitale e alle arti performative. Tra spettacoli, installazioni e musica. Abbiamo intervistato la curatrice, Federica Patti, per fare un bilancio della scorsa edizione e avere delle anticipazioni esclusive su quella che sta per iniziare.
Digitalive, dopo il successo dello scorso anno, torna per una seconda edizione. Prima di addentrarci nel programma del 2019, puoi raccontarci qualcosa dell’esperienza dello scorso anno? Di cosa sei maggiormente soddisfatta e cosa invece hai cercato di migliorare?
Digitalive è una rassegna che incarna l’unione fra le anime storiche di Romaeuropa: le arti sceniche e quelle digitali. È dedicata alla presentazione di lavori performativi, time based, fortemente implementati dalla multimedialità; accoglie produzioni artistiche provenienti da ambienti di sperimentazione indipendenti e si focalizza intorno all’analisi delle interrelazioni fra corpi, software e macchine. Questa “identità fluida”, insieme alla natura interdisciplinare della rassegna, ci ha messo di fronte diverse sfide, come ad esempio la maggiore complessità di gestione e di comunicazione. Un aspetto che abbiamo cercato di ottimizzare quest’anno, a vantaggio del pubblico, degli artisti e anche dell’organizzazione.
Com’è stata la ricezione del pubblico e degli artisti lo scorso anno?
Riscontrando un successo che ha superato le aspettative, la scorsa edizione ha sorpreso per il clima di curiosità e sorpresa creatosi durante i giorni della manifestazione, soprattutto nello scambio fra gli artisti partecipanti e nell’incontro fra i tantissimi operatori presenti e un pubblico molto vario, partecipe e numeroso. L’aspetto che ancora oggi continua piacevolmente a sorprendermi è legato alle risposte degli artisti nei confronti dell’invito a partecipare: Digitalive rappresenta per loro ‒ e per noi ‒ anche un altro tipo di sfida, ovvero la possibilità di cimentarsi con gli stilemi del palco e con il mondo teatrale, per studiarlo, assorbirlo e “scardinarne” progressivamente il sistema per aprire nuove modalità di esperienza e fruizione.
Digitalive raccoglie l’eredità di Digitalife, mostra che per molti anni ha caratterizzato il programma di Romaeuropa…
Sì, Digitalive prosegue in un certo senso Digitalife, che per otto anni (sotto la guida di Monique Veaute, presidente Fondazione Romaeuropa, e Fabrizio Grifasi, direttore generale e artistico della Fondazione) è stato un progetto espositivo di riferimento in Italia in ambito multimediale: difficile il confronto, così come ‒ viste le origini ‒ viceversa difficile uscire dalla “leggerezza” delle dinamiche festivaliere da clubbing, per entrare nei tempi e nelle forme della composizione drammaturgica.
Arrivando alla nuova edizione, che si svolgerà al Mattatoio dal 4 al 6 ottobre: c’è un tema o una tendenza particolare che ti ha guidato nella selezione degli artisti?
Premessa: sono in fissa con il realismo agenziale di Karen Barad. L’ideazione di Digitalive si ispira ai suoi concetti di intra-azione e performatività post human. Quest’anno in più troveremo in ogni spettacolo tracce di subculture digitali, nuove ritualità e abitudini che uniscono nel presente archetipi e simboli del passato, all’interno di una dimensione futuristica ipermediata. Prendo anche ispirazione da quanto sostiene lo storico e filosofo dei media Sean Cubitt quando immagina un ritorno al culto degli Antenati, ovvero degli antichi saperi archetipici.
C’è una connessione con il tema generale di Romaeuropa Festival?
Sì, il tema di Romaeuropa 2019 è Landscapes, quindi Digitalive cercherà di disegnare paesaggi virtuali, visioni di futuro costruite attraverso il dialogo e il confronto intergenerazionale e intramediale. Andrà in scena un percorso tra analogico e digitale, tra naturale e artificiale: avremo in rassegna grandi maestri, come Hiroaki Umeda ed Eliane Radigue, di cui il giovane musicista Enrico Malatesta eseguirà le composizioni elettroniche dalla serie OCCAM in un solo per percussioni analogiche, e giovanissimi come Maria di Stefano e Mara Oscar Cassiani. Penso inoltre al “b2b virtuale” fra due ragazze in un certo senso agli antipodi, Sandra Mason ‒collezionista e digger di base a Roma specializzata in dj set vinyl only ‒ e JASSS ‒ producer di musica elettronica dub e industrial ispanica di base a Berlino ‒ che si esibiranno in due diversi dj set venerdì e sabato, al Mattatoio. Oppure alle diverse concezioni della danza umana e post umana presentate da Marco Donnarumma e Margherita Pevere, da Enrica Beccalli e Umeda; l’apparente incommensurabilità fra le movenze improvvisate da Stephanie Janaina e dalle braccia robotiche degli Ultravioletto.
Anche quest’anno avete rinnovato le collaborazioni con altre istituzioni…
Sì, crescono e si consolidano le collaborazioni con realtà affini, centri di ricerca e cultura: JASSS è infatti borsista dell’Accademia Tedesca; Complessità di Enrica Beccalli e Roula Gholmieh è uno dei progetti vincitori del premio RE:HUMANISM dedicato all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in arte; gli studenti del corso di Media Design della RUFA – Rome University of Fine Arts sono stati seguiti nell’elaborazione di un progetto che sarà esposto al Mattatoio in quei giorni. Nell’ottica di creare sempre nuovi ponti e sinergie tra artisti, community e generazioni, Digitalive è preceduto da diversi appuntamenti di anticipazione, tutti a ingresso libero, organizzati con partner come Villa Massimo, NABA, Sapienza ‒Università degli Studi di Roma, Alan Advantage, il progetto europeo SpeculativeEdu, e altri, ma anche realtà molto radicate sul territorio come il Klang e i thePills.
Quali sono le produzioni inedite?
Gli spettacoli in programma sono quasi tutti anteprime e nuove produzioni, in quanto ogni artista ha rielaborato la propria esibizione per l’occasione. Per esempio Umeda presenterà due solo: una versione adattata di Intentional Particle, ripensato per gli spazi del Mattatoio e per essere accostato a Median, che è invece un’anteprima italiana. Spirit x Roma di Mara Oscar Cassiani accorda lo spettacolo che la giovane performer e artista “wi-fi based” ha sviluppato a Nuoro, ha presentato a Santarcangelo e ad Amburgo, e ora si confronta con la singolarità estetica delle crew romane. Ci sono poi progetti che nascono site specific come ¡miércoles! della danzatrice/coreografa Stéphanie Janaina e del musicista Nicolás Jaar, durational performance di totale improvvisazione che nasce e si sviluppa in maniera unica in ogni luogo in cui viene accolta. In termini di anteprime assolute, prodotte da Romaeuropa, spiccano: la presentazione del nuovo album degli ZU, Terminalia Amazonia, messo in scena alla Pelanda con uno sviluppo drammaturgico e scenografico peculiare, più vicino all’happening che al concerto, anche grazie al contributo video esclusivo di Lillevan; e Humane Methods di Marco Donnarumma e Margherita Pevere (vincitori del Digital Award 2018), uno spettacolo in cui, in un giardino dell’Eden post apocalittico, creature quasi-umane e semi-computazionali si confrontano.
La multimedialità e la mescolanza di pratiche e linguaggi è sempre stata al centro del progetto. In che modo musica, immagini, video, danza e tecnologia si intrecciano nelle opere che vedremo?
In un presente dominato da relazioni simbiotiche con device onnipresenti e interconnessi, in cui assistiamo a un’esibizione individuale continua che annulla le differenze fra agire umano e non, trovano spazio all’interno di Digitalive esperienze VR e AR, ma anche semplici gesti e abitudini nuove che attivano dinamiche inedite di fruizione e il coinvolgimento del pubblico, su un palco reale e su uno virtuale. Ultravioletto, studio di interaction design, porta in scena Sonic Arms, una danza di braccia meccaniche, luci e immagini; una coreografia basata sulla musica generativa in cui i movimenti di un robot e il flusso sonoro si legano indissolubilmente. I lavori video di Maria di Stefano saranno presentati sia su Instagram che in Pelanda; l’algoritmo per la raffigurazione sviluppato da Franz Rosati descrive un paesaggio mentale sia audio che video privo di confini, creato dalla trasformazione della materia in pura energia, così come i codici scritti da Roula Gholmieh in collaborazione con Enrica Beccalli generano impulsi che, attraverso un dispositivo wearable, influenzano il senso di equilibrio di un performer, sincronizzandolo ai movimenti di un immenso stormo di uccelli in volo ‒simulato dall’algoritmo stesso.
Alcuni lavori affrontano il tema del cambiamento climatico. In che modo?
Post human ed ecologia sono a mio avviso argomenti che non possono essere affrontati a prescindere dal dialogo con lo sviluppo tecnologico e sociale. Le entità naturali vegetali sono protagoniste ad esempio di Humane Methods, e in generale di tutta la ricerca di Margherita Pevere. L’installazione video degli studenti RUFA, invece, è un ambiente immersivo generato da un algoritmo che attingendo e rielaborando graficamente informazioni provenienti da database creati da centri di ricerca universitaria, descrive i diversi flussi migratori descritti da animali condizionati dall’espansione umana.
La presentazione in formato rituale e in anteprima assoluta del nuovo album degli ZU, Terminalia Amazonia, è un inno al fragile polmone verde della Terra: affonda le sue radici nella giungla amazzonica (zona in cui gli stessi Massimo Pupillo e Luca T. Mai hanno viaggiato nel corso di quattro anni) e ci trascina nelle cerimonie notturne degli sciamani curanderi.
All’interno del programma torna anche il Digital Award. Di cosa si tratta?
Per il secondo anno consecutivo Romaeuropa rinnova l’obiettivo di sostenere la giovane creatività multimediale: uno fra gli artisti partecipanti a Digitalive verrà premiato con il sostegno alla produzione di un nuovo spettacolo da presentare in anteprima a Romaeuropa 2020 e con la circuitazione dell’opera all’interno del network internazionale del festival. Con queste azioni di supporto il festival diventa un importante incubatore della creatività innovativa e sperimentale. Anche quest’anno la giuria vede la presenza di ospiti internazionali provenienti dal Kiasma di Helsinki (la curatrice Satu Oksanen) dall’HeK di Basilea (nella persona del curatore Boris Magrini), che insieme alla direzione artistica di Romaeuropa decreteranno l’artista vincitore durante l’ultima serata della rassegna, domenica 6 ottobre. Mara Oscar Cassiani, Maria di Stefano, Enrico Malatesta, Ultravioletto, e ZU sono i cinque candidati di questa edizione.
Per la seconda volta lo spazio che utilizzerete sarà il Mattatoio. Come vi siete trovati in questa location? La consideri adatta alle esigenze degli artisti?
Il Mattatoio è l’headquarter di Romaeuropa, la location in cui si concentra la sperimentazione: qui infatti vanno in scena anche Dancing Days, Anni Luce e REf Kids, le sezioni tematiche del festival dedicate alla danza, al teatro di ricerca e all’infanzia. Insieme alle curatrici di queste rassegne abbiamo iniziato a immaginare delle soluzioni che sempre più permettano di occupare e vivere questo luogo in maniera trasversale, per favorire l’incontro e il dialogo fra diversità, di pubblico, interessi, arti. Il Mattatoio viene attrezzato per accogliere lo spettacolo dal vivo, permettendo alle nostre produzioni di avvalersi di un know how consolidato circa la gestione e l’implementazione tecnica di questi spazi. Lo scorso anno uno spettacolo della complessità di Dokk dei Fuse è stato settato dal nostro team e presentato ‒ in un tempo relativamente molto rapido ‒ all’interno del Teatro 1, lo stesso che quest’anno vedrà esibirsi Umeda e Donnarumma/Pevere: credo sia la miglior riprova delle funzionalità che questo spazio può offrire. La peculiarità storica ed estetica affascina gli artisti e induce alla creazione di qualcosa di unico, anche quando le possibilità di azione devono rispettare le connotazioni architettoniche originali degli ambienti: croce e delizia dell’operare all’interno di un edificio antico, riqualificato e riconvertito all’accoglienza di attività diverse dalle sue funzioni iniziali.
‒ Valentina Tanni
https://romaeuropa.net/generi/digitalive/
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