Francesco Rutelli, presidente di ANICA, ha progettato con Francesco Dobrovich, direttore artistico, il secondo capitolo della manifestazione Videocittà, il Festival della Visione, suddiviso in sezioni: Videoarte per programmazioni in musei e gallerie, Videoproiezioni a scala urbana e Videomapping, Vjing ecc. La presenza di workshop didattici e di concorsi per corti fiction indica anche la volontà di creare delle strutture che agiscano sulla produzione audiovisiva della città, come istanze produttive, cinema, tv e digitale in tutte le forme. È un programma ambizioso e interessante dove si raggruppano le varie forme dell’audiovisivo, tutte le forme in cui quest’ultimo sta occupando le applicazioni digitali dei diversi linguaggi e dei diversi media. Il festival, nel suo accavallarsi d’iniziative, potrebbe essere una spinta verso la creazione, a Roma, di un terzo polo rispetto ai due grandi produttori di audiovisivi (cinema e televisione), volto ad aggregare i molteplici linguaggi audiovisivi nati sui nuovi dispositivi, dall’i-Phone in micro al videomapping in macro.
LIVE CINEMA FESTIVAL
Fra le molte manifestazioni inserite nel programma di Videocittà il Live Cinema Festival è quello che può vantare la maggiore esperienza di vjing e videomapping e proposte innovative nel campo della videoproiezione, come il nuovo programma di videoproiezione che permette il raddoppio dell’immagine su due grandi schermi affiancati e una maggiore immersione nell’immagine. Il gruppo Otolab di Milano è anch’esso un’esperienza storica sulla linea fra classica-elettronica ed elettronica ibridata con i linguaggi del “clubbing” elettronico e altro ancora. L’elemento cinema rimane legato al montaggio live delle sequenze di sorgente digitale o riprese dal vero ed “effettate”. Dopo alcuni anni di esperienze sempre interessanti, questi linguaggi pongono però dei quesiti: fino a che punto il live cinema si fa cinema? Ci sono scadenze narrative nel tessuto d’immagine creato digitalmente sia nel suono che nell’immagine? E il suono deve essere sempre fedele al digitale? Nell’ultimo concerto di Ikeda a Roma l’autore ha creato una voluta rottura nella ricerca digitale alternando ai consueti tappeti sonori digitali un concerto di piatti su cui i suonatori soffiano, tamburellano, grattano, provocano suoni in tutti i modi possibili. Rientrare nell’universo sonoro tradizionale, per ibridarlo poi, è una strada interessante, così come anche il disegnare maggiori strutture narrative nel tessuto live. La funzione “dance” delle performance audiovisive sembra scomparsa nei festival e sembra anche in molto “clubbing”, e la visione può essere seduti o in piedi ma è comunque filmica, collegando il video live con l’ascolto, e non con il movimento.
In questa acquisita qualità, già lavorano Boris Labbé, Otolab, Yan Breuleux, Giulio Maresca+Liz, ma si sente la necessità di una frattura più radicale con il passato oppure un ritorno innovativo alle origini. In questa direzione il giapponese Kurokawa si muove in modi radicali, tracciando grandi pennellate digitali e “strappando” il tessuto sonoro delle sue ritmiche.
VIRTUAL REALITY
La Virtual Reality viene utilizzata sempre più e si affaccia negli spazi istituzionali. È pur sempre da perfezionare in molti punti, ma rientra con le videoproiezioni ad alta definizione fra gli strumenti efficaci per una diversa preparazione didattica alla visita “reale” di un museo e alla visione e per una didattica di conoscenza storica e percettiva. A Videocittà, Exhibition Hub presenta Monet e van Gogh in Virtual Reality con visori a occhiali per un viaggio virtuale dirigibile con i movimenti del sedile attraverso un percorso dallo studio al famoso stagno delle ninfee di Giverny e alle moltitudini di fiori che Monet ha piantato e dipinto nel suo giardino. Gli attivatori del programma (il pubblico), muovendo il sedile attraversano gli spazi che portano dallo studio del pittore al giardino con vaste possibilità di movimento. Compreso anche quello più sorprendente, quello a 360 gradi, che ovviamente richiede la ricostruzione di parte del paesaggio intuibile ma non visibile nei quadri. I colori, molto vivaci, superano per tonalità l’originale, ma sono efficaci a livello narrativo. Bisogna accettare questa disfasia? Cioè il distacco fra la narrazione del quadro e la sua falsatura a favore della narrazione e quindi della deformazione dei dati reali dei quadri? Questo è uno dei problemi posti dalla VR e che la colloca come importante sussidio di informazione didattica ma non ancora con una sua forma completamente autonoma. Si sono fatti decisi progressi nella visione circolare, a parte alcune questioni irrisolte come il movimento di figure del quadro, a cui forse è meglio dare un movimento più astratto. Non crediamo sia già possibile una completa verosimiglianza, ma la creatività degli autori può trovare soluzioni grafiche in sintonia con il linguaggio pittorico. Efficace il commento sonoro fatto da un collage di frasi dette dagli artisti e lette senza enfasi da buoni attori. La visione tridimensionale sta diventando più intrigante e suggestiva e il tuffarsi nelle immagini ha un fascino percettivamente spiazzante. Il segno di tutta l’area digitale coinvolta non è esattamente arte (o lo è nel senso di un’arte applicata), ma si colloca fra entertainment ed educazione, appunto “edutainment”. Vi sono delle modalità linguistiche che vogliono una maggiore definizione.
VIDEOMAPPING
Il videomapping sulle facciate storiche è la più spettacolare delle iniziative di Videocittà, perché porta nel cuore della città e sulle facciate dei più bei monumenti le complesse rielaborazioni che possono dare i software di trattamento d’immagine che permettono le rielaborazioni dei videomapping in sequenze di veloci mutamenti a volte tematici e a volte puramente segnici e cinetici. Mentre il Pantheon ha una forte illuminazione che descrive il portico dal basso, una luce laser crea un link fra la cupola e il cielo, anzi con la Luna. Ai tempi del Grand Tour in Italia i viaggiatori andavano in carrozza di notte a vedere i monumenti quando la Luna era piena. Oggi si può e si deve pensare alla città in termini di spettacolo effimero, all’interno della cura delle realtà dell’immagine urbana e dei limiti narrativi dei linguaggi utilizzati. La gigantesca facciata dell’Eni all’EUR viene utilizzata dagli Onionlab con giochi di luce e geometrie. Va ricordato che da diversi anni simili esperienze vengono fatte in molte parti del mondo: Seoul, Hong Kong, Lione, Toronto e molte altre. A Hong Kong un grattacielo di Kowloon (centro città) è ricoperto da strutture Led per lanciare nella città messaggi ed emozioni. Nel frattempo i software sono diventati più leggeri e i proiettori più potenti, con la possibilità di investire con immagini e animazioni forti e gigantesche degli spazi enormi senza costosi schermi, ma trasformando in schermi gli spazi esistenti. La facciata del Sant’Agostino e la facciata della chiesa della Minerva vengono decostruite e remixate in tempi fortemente ritmati dal suono. Il pubblico risponde bene, divertito da una pratica ritmico-visiva ampiamente diffusa nei media digitali, dalle sigle ai jingle ai vjing. È un nuovo lessico che si sta imponendo nelle città globali come linguaggio internazionale. Ma non bisogna dimenticarne le origini molteplici sia nelle esperienze cine-video d’arte degli Anni Sessanta sia nelle sperimentazioni dell’arte contemporanea come anche le prime azioni video in spazi urbani a cavallo fra videoarte e digitale ‒ DarkLight Studio, Visionfactory, Solid Light, Lazy Film, Onionlab, solo per citarne alcuni.
VIDEO ART WEEK
Video art week è la sezione che si collega con l’arte “colta” del video ormai da anni nell’area artistica e nettamente parte della rassegna al di là delle diverse collocazioni delle varie pratiche estetiche e spettacolari del video. Chris Burden è presente con le sue azioni al limite del masochismo e del pericolo estremo. Si fa sparare in un braccio. Pratica il digiuno fino a un punto di quasi non ritorno, forse sotto l’influenza delle performance dell’Azionismo viennese, e in nome di una scossa salutare alla cultura americana.
Di Gordon Matta-Clark si vede il video di una delle sue azioni “architettoniche”, che consiste nell’aprire una “trattoria” che è un luogo d’incontro, di socializzazione secondo i modelli tipici degli Anni Sessenta e da cui è ripartita l’arte “relazionale” dell’ultimo ventennio. Nico Vascellari propone un video low tech dove un toro di plastica è coricato sul cofano di una macchina, alla Galleria Miscetti Adrian Tranquilli continua la sua mitografia di azioni dei supereroi, Batman soprattutto, ma sovrapposto a un curioso film italiano in cui una vampira (siamo intorno al 1910 circa) vestita da pipistrello sembra una versione ironica e fantasy di Batman. In Vertex Vixens Daniele Puppi rielabora materiali cinematografici mixando i contenuti, allontanandosi così dal rapporto corpo a corpo con cui aveva utilizzato il video in precedenza. Lunga la lista degli autori, da Martha Rosler a Baruchello, da Fischli & Weiss a Pino Pascali. Una rassegna complessivamente “monstre” che anima la città per 3 mesi, toccando molti punti sensibili della città stessa. Due giudizi: è una rassegna che porta nuovo movimento in una città che sta tagliando da anni i “rami secchi” della “cultura che “non dà da mangiare” in un’ecatombe da “Guerra dei Mondi” in cui scompaiono cinema, gallerie, punti di aggregazioni, non si finanziano i centri sociali, si bruciano librerie in periferia.
Speriamo quindi che torni l’anno prossimo potenziata, arricchita ma anche riordinata, filtrata, riconsiderata in tutta l’importanza che hanno gli audiovisivi nell’era del digitale.
‒ Lorenzo Taiuti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati