Fotonica Festival a Roma. Reportage dalla terza edizione

Si conclude la terza edizione del festival romano che racconta il fotone come energia creativa attraverso performance audio e video, net art, video installazioni, lecture e workshop. Una grande possibilità – gratuita – per conoscere a fondo la cultura audio-visual e digitale.

Si è appena conclusa la terza edizione del Fotonica Festival, evento che mira a indagare le forme d’arte legate all’elemento luce nel contesto contemporaneo, partendo dal concetto di fotone come “più piccolo frammento luminoso dell’universo, di dimensioni microscopiche ma dall’enorme e multiforme potenza creatrice”. Una programmazione ricca di eventi, dalle performance audio e video ai VJ set e alla net art, dalle video installazioni alle lecture e ai workshop per grandi e piccoli. Il festival, realizzato nel contesto di Contemporaneamente Roma 2019, promosso da Roma Capitale Assessorato alla Crescita culturale in collaborazione con Siae, ha animato la Capitale tra il 29 novembre e il 7 dicembre. Quest’anno l’evento ‒interamente gratuito ‒ si è proposto come cassa di risonanza per i fermenti artistici del V municipio, alternandosi tra due sedi: il Nuovo Cinema Aquila nel quartiere Pigneto e il Fusolab 2.0 a Centocelle. Non che il Fotonica sia un festival esclusivamente locale: gli artisti, infatti, provengono da tutto il mondo: Italia, Ungheria, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Paesi Bassi, Portogallo, Italia, Repubblica Ceca, Norvegia, Turchia, Messico, Sudafrica, Germania, Bielorussia, Spagna, Vietnam, Slovacchia, Polonia.

LECTURE E PERFORMANCE

Esclusivamente nei fine settimana (venerdì e sabato), per due settimane, il Fusolab 2.0 ha ospitato le lecture, durante le quali lo spettatore ha avuto la possibilità di incontrare gli artisti, discutere con loro delle ultime novità nello sviluppo di software e hardware e conoscere meglio la cultura audio-visual. Qui si è ascoltato, ma soprattutto si è interagito, in un clima accogliente e informale, molto intimo e rilassato reso possibile, fortuna nella sfortuna, anche dalla poca affluenza di pubblico.
Al termine degli incontri ci si sposta al Nuovo Cinema Aquila per assistere a due performance ogni sera che, realizzate in collaborazione con Live Cinema Festival, sono il fiore all’occhiello di Fotonica. La prima sera si esibiscono i torinesi Datacode, con 頂点プロトコル_ [vertex.protocol], un’opera audio video basata su processi generativi, che racconta la storia di un protocollo che riscrive da solo il suo codice grazie a un’intelligenza artificiale. In questo modo riscrive sé stesso, emancipandosi, arrivando a creare una propria identità autodeterminata, un nuovo linguaggio. La stessa sera, Gábor Szűcs, da Bratislava, con Membrane, prende lo spettatore per mano e lo accompagna in un viaggio astratto, fatto di suoni e di forme, un’esperienza sensoriale profonda e intensamente visuale.

Fotonica Festival, Roma 2019. Videomapping di FLxER _ Ipologica Particles

Fotonica Festival, Roma 2019. Videomapping di FLxER _ Ipologica Particles

IL VIAGGIO ASTRATTO DELLA MUSICA

Il giorno seguente si esibisce il duo francese L’Age d’Or, con Orage Magnétique, letteralmente una “tempesta magnetica” che Nicolas Michel (visual) e Valentin Fayaud (musica) descrivono come un “abstract journey”. L’Age d’Or nasce come band indie rock ‒ e infatti il lavoro presentato al Fotonica Festival è tratto dall’ultimo EP ‒, ma negli ultimi quattro anni si dedica alle performance AV e alle installazioni d’arte contemporanea. Durante le lecture ci hanno raccontato come la componente narrativa della loro performance sia principalmente di stampo emotivo: raccontare delle emozioni, guidare, con la musica e le immagini, lo spettatore in un sentiero di sensazioni.
A un tavolo con i due artisti abbiamo discusso, insieme a Miguel Neto del duo portoghese Boris Chimp 504 ‒ che più tardi quella sera si sarebbe esibito con Vanishing Quasars ‒ di come saremo tra un milione di anni, dei viaggi nel tempo, e dello sci-fi che affascina tanto Neto e che ritorna come una costante nelle sue performance e installazioni. I ragazzi dell’Age d’Or invece sono più concreti, meno sognatori: vedono le loro performance come qualcosa che ha a che fare con la tecnologia, che, senza sconfinare nella fantascienza, rimane strettamente ancorato al presente.
Il venerdì della settimana successiva abbiamo incontrato Vj Emiko, direttamente dalla Polonia, e i romani NVS. I due artisti hanno presentato altrettante performance completamente differenti, ed è proprio questo il bello di Fotonica: tanti artisti di ispirazioni eterogenee condensati in un unico festival in cui si può trovare davvero di tutto. I primi a esibirsi sono i NVS, che dicono di aver scelto questo nome – Nick (dal nome di uno dei due) Video Solid – perché “fa tanto Berlino”, e portano sullo schermo del Nuovo Cinema Aquila un’improvvisazione generativa che dà vita a forme visive di grande impatto. Sono immagini pulsanti, astratte, confuse, vive, che si sviluppano durante il processo creativo sotto gli occhi dello spettatore. L’audio è in gran parte analogico, mentre il video è realizzato tramite software, e questo permette una vasta sperimentazione tra vecchie e nuove tecnologie.
Emiko invece è produttrice di video, direttrice della fotografia, montatrice, regista, sceneggiatrice, VJ e creatrice di video musicali e la matrice cinematografica è particolarmente evidente nella sua performance, The State of Things as They Actually Exist, ovvero una raccolta dei lavori da lei realizzati nell’ultimo anno con le musiche di Universal Exports. Affascinata dal corpo, dalla moda e dal make-up, crea delle scene oniriche e con numerosi riferimenti simbolici, con una cura minuziosa per la fotografia e per i costumi, realizzati dalle fashion designer Paula Fiuk e Anna Siemińska. Le sue creazioni sono anche narrative ma, come ci spiega durante le lecture, non lo sono nel senso dello storytelling, bensì in quello della videoarte: un modo di stimolare connessioni che avvengono nella mente dello spettatore.

TRA ALGORITMI E SURREALISMO

L’ultima sera si chiude in bellezza con Hydropsyche & Petra Hermanová, un duo dalla Norvegia e Repubblica Ceca. Hydropsyche, che realizza la parte audio, nasce come percussionista, ma le percussioni scompaiono nel suo nuovo progetto che lo vede realizzare musica da club (il suo primo album, Scree, esce su “High Heal” nel luglio 2019). Il ritmo, però, rimane un elemento centrale: la musica di Hydropsyche si basa su poliritmi generati matematicamente, utilizzando sintetizzatori modulari. Petra Hermanová invece realizza la parte visual traendo ispirazione dall’animazione, che in Repubblica Ceca ha una fortissima tradizione: ci parla delle sue opere come di un “trattamento surrealista della realtà”, che crea immagini distorte e spasmodiche, da lei stessa definite come “epiche e opulente”, lavorando con la natura, in particolare con la botanica.
Ospiti d’eccezione i pionieri della performance audio video di Matt Black dei Coldcut ‒ duo inglese considerato una pietra miliare della musica elettronica, che inizia il suo percorso nel 1986 ‒ e sua moglie Dinaz Stafford. I due sono dei veri e propri pionieri dell’audio-visual, ma quando gli chiediamo se si considerano tali, rispondono di no: l’interazione tra audio e visivo esiste da secoli, e il vero pioniere, specifica Matt, dovrebbe essere considerato Leonardo da Vinci. In fondo, trasformando suoni in immagini, non fanno nulla di tanto diverso da ciò che faceva Kandinsky, e l’interazione tra ciò che è visivo e ciò che è sonoro esiste da sempre. Le loro performance consistono in un loop di audio e video prelevati dalla realtà come campioni, e sono sviluppate, in questo caso, tramite l’app Pixi, realizzata dallo stesso Matt, che genera una serie di sequenze a partire da un’immagine catturata. Ciò che è interessante è come, sebbene parte delle evoluzioni siano generate automaticamente, l’interazione dell’uomo sia decisiva nella creazione delle immagini, in quanto le manipola, toccandole e modificandole. Ci sono quindi due tipi di interazioni centrali in questa performance, che non a caso si intitola The Art of Audiovisual Relationship: quelle tra l’audio e il video, e quella tra l’uomo e la tecnologia.
Molti degli artisti chiamati a realizzare le loro performance provengono dall’ambiente del vjing, e spesso lavorano in quest’ambito. Al termine di ogni performance si è svolto un differente DJ-VJ set con sette artisti provenienti dall’ambiente romano: Hugo Sanchez, Zell, Pox Box, Serena Di, Jack Malombra e Lizing.

Fotonica Festival, Roma 2019. VJ Emiko Humantic Sequences

Fotonica Festival, Roma 2019. VJ Emiko Humantic Sequences

LE INSTALLAZIONI

Fotonica propone inoltre due installazioni visibili durante tutti i nove giorni di festival, ReDi di StudioAIRA! e l’operazione di light mapping del FLxER Team, Particles. La prima è un Led Wall di 9,5 x 2 metri che copre l’intera parete dell’ambiente al secondo piano del Nuovo Cinema Aquila, ed è basata sul modello di Gray Scott, ovvero un modello matematico che studia la riproduzione dei coralli, dei funghi e di altre sostanze organiche. Partendo dal principio di reaction-diffusion ‒ da qui il titolo dell’opera –, questa formula si configura come una delle analisi più efficaci nel rappresentare i pattern presenti in natura creandone costantemente di nuovi attraverso l’individuazione dell’algoritmo che ne è alla base. La seconda installazione è Particles, il light mapping interattivo del FLxER Team che copre l’intera facciata del Fusolab 2.0. Il FLxER Team nasce nel 2001 attorno allo sviluppo del software FLxER sviluppato da Gianluca del Gobbo, nato dall’idea di poter utilizzare un computer per mixare grafica vettoriale, audio, video, testo e media interattivi come da tempo accadeva per la musica nell’ambito dell’elettronica, realizzando video live performance. Particles può essere vista anche come una performance AV: infatti l’opera cambia forma e colore in base al controller Leap Motion, che ogni visitatore può manipolare, e gli artisti ‒usando la loro musica e gli stessi strumenti messi a disposizione del pubblico ‒ mostrano le infinite possibilità dell’ambiente sviluppato.

I WORKSHOP

Durante la settimana dal 2 al 5 dicembre si sono svolti due workshop: Interaction Design con Touchdesigner, con Massimo Zomparelli (Ultravioletto) e Salvatore Iaconesi (Human Ecosystem, Art is an Open Source), e Light Arts con Madmapper – con Michele Mattei (Videosolid) e Massimo De Gennaro. L’esperienza dei workshop è sicuramente riuscita: molto affollata, è stata un’occasione imperdibile per chi, avendo già competenze dell’ambito informatico, ha potuto ampliare le proprie capacità, formandosi in modo completamente gratuito con esperti del settore. I workshop inoltre sono inseriti nel contesto di Cultura Futuro Urbano, un bando del MiBACT che prevede l’investimento di 25 milioni di euro da destinare a circa 300 progetti che hanno come obiettivo la riqualificazione delle periferie attraverso il potenziamento delle attività culturali e creative. Il risultato dei workshop sarà un’opera da proiettare sulla facciata del Liceo Scientifico Francesco d’Assisi di Centocelle, che verrà poi riproposta durante la ventunesima edizione di LPM Live Performers Meeting dal 12 al 15 marzo 2020.
Spazio anche ai più piccoli con i due workshop Teatro e videogame, di Giuseppe Gatti, e Musica elettronica 4 kids di Francesco Bianco.

Fotonica Festival, Roma 2019. Artecnologie Mostra di Net Art

Fotonica Festival, Roma 2019. Artecnologie Mostra di Net Art

LA MOSTRA DI NET ART

Meno riuscita invece la mostra di net art ‒ organizzata da Shockart.net ‒, che nel 2003 era stata in esposizione a Castel Sant’Angelo. Non è chiaro perché il Fotonica riproponga un lavoro così datato, mentre tutte le altre proposte sono più attuali. La mostra di Shockart (progetto fondato da Gianluca del Gobbo del FLxER Team) consiste in due computer, uno posto in un angolo del Fusolab 2.0. e l’altro sotto le scale del Nuovo Cinema Aquila, con una schermata iniziale che mostra una composizione di pentagoni i quali, una volta cliccati, aprono ognuno un link a un’opera di net art differente. Peccato che il più delle volte i link non abbiano funzionato, non mostrando, quindi, nulla allo spettatore; inoltre, dal 2003 a oggi sono stati fatti molti studi sulle possibilità d’allestimento e curatela per la net art, ed è ormai ampiamente riconosciuto che ‒ come scrive il gruppo di net artisti etoy ‒ “in un museo non ha senso montare un tavolino e metterci sopra un computer e un monitor collegati al web, non a caso tutte le esposizioni dedicate a Internet sono un flop perché si basano su un controsenso. Gli utenti di Internet navigano di notte, da soli, faccia a faccia con il monitor. Gli utenti di un museo si muovono nelle sale, navigano nello spazio, non nel cyberspace. Lo spazio materiale ha una sua architettura, esige una sua centralità, non può essere trascurato”. Certo, qui non siamo in un museo, ma il discorso dell’interazione con l’architettura è comunque validissimo. Purtroppo, come era prevedibile, la mostra è passata totalmente inosservata, nonostante al Nuovo Cinema Aquila fosse stata allestita in un punto in cui il passaggio era quasi obbligato.

Laura Cocciolillo

https://fotonicafestival.com

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Laura Cocciolillo

Laura Cocciolillo

Laura Cocciolillo (Roma, 1997), consegue la laurea triennale in Studi Storico-Artistici presso la Sapienza di Roma. Si trasferisce poi a Venezia, dove consegue la laurea magistrale in Storia delle Arti, curriculum in Arte Contemporanea. Specializzata in arte e nuove tecnologie…

Scopri di più