Dreams, il videogioco che invita a creare

Disponibile a breve, Dreams di Media Molecule spinge l’utente a creare scenari e oggetti, rendendo l’esperienza di gioco ancora più coinvolgente.

Sin dall’inizio, abbiamo voluto trasformare la PlayStation in uno strumento espressivo”, ha dichiarato Kareem Ettouney, direttore creativo di Dreams di Media Molecule (uno studio di Sony), durante l’evento milanese per il lancio di questo nuovo software per la console da gioco PlayStation 4. La precedente serie di videogiochi di Media Molecule, LittleBigPlanet, consentiva di creare livelli personalizzati, ma Dreams punta a soddisfare la creatività dell’utenza in un modo ancora maggiore. Più che un videogioco, Dreams è infatti una piattaforma che permette di creare e condividere grafica 3D, animazioni, musica e interi videogiochi, partendo da zero.
In Dreams sono quindi raccolti strumenti con diversi scopi, che vanno dalla modellazione tridimensionale per comporre scene alla composizione musicale alla definizione di vere e proprie meccaniche di gioco. Anche se non è così comodo compiere tali lavori usando le periferiche della PlayStation 4, senza mouse e tastiera, in Dreams tutto, a partire dall’interfaccia colorata e piena di spiegazioni e aiuti, è pensato per rendere il processo creativo il più approcciabile possibile da parte di qualsiasi pubblico, anche di quello privo di una preparazione artistica e che mai avrebbe pensato di dedicarsi alla modellazione 3D. A partire dall’aprile 2019 il software è disponibile in “accesso anticipato”, cioè in una versione ancora incompleta, e al suo interno sono già stati creati “sogni” di ogni genere: quadri tridimensionali, spazi digitali da esplorare, brani di musica elettronica, sculture tridimensionali e giochi completi di molti generi diversi.
Le opere possono essere poi condivise con tutte le altre persone che possiedono Dreams e possono essere navigate grazie a un motore di ricerca (disponibile anche online sul sito ufficiale del gioco). Possiamo seguire opere e creatori, mettere “mi piace,” partecipare a concorsi, creare raccolte delle nostre opere preferite e condividerle, diventando curatori della comunità e dei suoi lavori. In questo, Dreams è tanto uno strumento creativo quanto un social network costruito intorno alla condivisione di ciò che viene creato al suo interno.
Quando intervistiamo Kareem Ettouney sono ormai passate le sette di sera, sta facendo interviste da diverse ore, senza pause. Eppure è ancora pieno di energia ed entusiasmo mentre discute le potenzialità di Dreams: durante l’intervista si alza in piedi, salta letteralmente verso la console disponibile nella stanza e con agilità si mette a mostrarci Dreams in funzione, manipolando un’ambientazione tridimensionale creata in brevissimo tempo. Guardarlo realizzare uno spazio digitale con tanta facilità sembrerebbe incredibile, ma avendo potuto provare Dreams negli scorsi mesi sappiamo che il software è capace di rendere il processo creativo davvero così immediato e personale.

L’INTERVISTA A KAREEM ETTOUNEY

Potete riconoscere Tintoretto da un suo schizzo”, ha detto Ettouney durante la presentazione, “ma non potete riconoscere la mano dell’autore in un modello 3D”. Secondo Ettouney, Dreams permetterebbe invece di sviluppare un proprio stile nella modellazione 3D. “Volevo effettivamente criticare il modo in cui normalmente si lavora in 3D”, ha risposto il direttore creativo quando gli abbiamo chiesto di spiegarci meglio cosa intendesse.
La maggior parte degli strumenti di modellazione 3D sono basati su poligoni, spazi compresi tra quattro o tre punti. I modellisti 3D definiscono e muovono punti nello spazio e creano i loro modelli partendo da un tale controllo a livello atomico. Ci sono strumenti, anche nei software tradizionali, che permettono di controllare le forme guardando più al risultato generale, ma non è così che i modellisti impostano il loro lavoro all’inizio. Per esempio, devi mantenere quella che è chiamata una topologia uniforme, cioè avere una superficie 3D costituita da poligoni uniformi. È una sofferenza che consuma metà delle tue energie. Molti artisti che conosco sono fieri di quanto siano tecnicamente puliti i loro lavori, ma alla fine il modello vero e proprio è spazzatura, perché non hanno il tempo di diventare bravi come Bernini, Degas, Michelangelo o Donatello. Tutti questi artisti si concentravano sulla forma e avevano avuto tempo di osservare le forme. Dreams è capace di catturare ogni mio gesto e posso lavorare sul modello anche più a lungo di quanto ci metterebbe un modellista tradizionale, ma tutto quel tempo sarà dedicato unicamente alla forma”.
Durante la presentazione, Ettouney si è concentrato anche su un altro aspetto di Dreams: la collaborazione all’interno della comunità. Tutto ciò che viene creato in Dreams può essere infatti reso disponibile alle altre persone, che possono usarlo come base per sviluppare le loro creazioni. Per esempio, se ci serve un albero per la nostra ambientazione, possiamo crearlo o possiamo accedere all’enorme libreria online di alberi già creati, sceglierne uno e inserirlo, modificarlo, ricolorarlo, ingrandirlo e rimpicciolirlo. Se non sappiamo comporre musica ed effetti sonori, possiamo usare nel nostro videogioco o nel nostro cortometraggio animato quelli già realizzati e condivisi. Oppure, se sappiamo solo fare musica o vogliamo specializzarci in questo, possiamo realizzare brani, metterli a disposizione della comunità e lasciare che altre persone li usino o ne traggano ispirazione. Se vogliamo, possiamo creare vere e proprie gallerie d’arte esplorabili piene di opere altrui. Questo procedimento è noto in Dreams come “remix.”

Rockside Range in Dreams

Rockside Range in Dreams

DA LESSIG A BENKLER

Nel 2008 Lawrence Lessig pubblicò Remix: Making Art and Commerce Thrive in the Hybrid Economy (attualmente disponibile gratuitamente su archive.org in quanto diffuso con licenza Creative Commons). In Remix, Lessig studia come Internet abbia cambiato il modo in cui viviamo, la cultura e, soprattutto, il modo in cui la produciamo, rompendo il confine tra autore e lettore/spettatore. Passando da una cultura di “sola lettura” a una cultura di “lettura/scrittura”, Internet consente a chiunque di maneggiare la produzione culturale, creando appunto i “remix” del titolo (e di Dreams): meme, video, remix musicali, video su TikTok, fanfiction… Per Lessig, questo cambiamento rende necessario cambiare anche il modo in cui pensiamo al diritto d’autore, tuttora legato a leggi progettate per vecchi sistemi di produzione e consumo, leggi che criminalizzano processi che non possono essere fermati perché costituiscono invece la normale vitalità delle nuove letterature multimediali e digitali. È una forma di ritorno alla cultura popolare.
Secondo Lessig, Internet avrebbe inoltre portato allo sviluppo di un’economia ibrida: non solo commerciale, cioè non solo costruita intorno alla monetizzazione del lavoro, non solo di condivisione, cioè non solo costruita intorno alla condivisione gratuita. “L’ibrido è o un’entità commerciale che punta a tirar fuori valore da un’economia condivisa”, scrive Lessig, “o un’economia condivisa che costruisce un’entità commerciale per raggiungere in modo migliore i suoi obiettivi. […] Questo collegamento [tra economia commerciale e di condivisione] è però durevole solo se permane la distinzione tra le due economie. Se chi lavora nell’economia di condivisione comincia a pensare di essere solo uno strumento per l’economia commerciale, giocherà meno volentieri. Se chi lavora nell’economia commerciale comincia a vederla solo come un’economia di condivisione, perderà lo stimolo della ricompensa economica”.
Ne La ricchezza della rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà, Yochai Benkler spiega efficacemente il vantaggio delle economie ibride (il passo è citato ancora in Remix): “Un miliardo di persone che vivono in economie avanzate hanno in totale tra due e sei miliardi di ore libere, ogni giorno. Per avere altrettante ore di lavoro, dovremmo impiegare completamente quasi tutti i 340.000 lavoratori che costituiscono, combinati, l’intere industrie cinematografiche e musicali statunitensi, facendoli lavorare quaranta ore a settimana e senza concedere alcuna vacanza per un periodo che potrebbe andare dai tre agli otto anni e mezzo”.

L’IMPORTANZA DEL PLAYBOUR

Questo vale anche per Media Molecule, Sony e Dreams: l’accesso anticipato di Dreams ha raccolto centomila persone e ha prodotto una quantità di opere che forse nessuno studio sarebbe riuscito a eguagliare nella stessa quantità di tempo. In cambio, chi ha acquistato Dreams ha avuto accesso a strumenti che non sono disponibili altrove e a un sistema per condividere facilmente le proprie creazioni. Pagando, l’utenza di Dreams ha insomma acquistato l’accesso a una “economia di condivisione”, e ha prodotto valore che può essere sfruttato dalla “economia commerciale” dell’editore.
Julian Kücklich ha definito “playbour” (“giocolavoro”) questo ibrido tra il gioco (“play”) e il lavoro (“labour”). Il playbour è il lavoro (gratuito, volontario, mosso dalla passione) che il fan dedica per produrre contenuto per l’opera commerciale di cui è appassionato, accrescendone quindi il valore commerciale. L’esempio principale portato da Kücklich è il modding, la creazione di modifiche per videogiochi commerciali: queste modifiche, create da fan e distribuite gratuitamente (a volte gli autori accettano donazioni) possono espandere, modificare e reinventare il gioco originale, ma siccome tale gioco resta solitamente necessario per avere accesso a tali modifiche, esse ne promuovono anche la vendita e ne prolungano la vita. Da queste modifiche nascono inoltre alcune delle più importanti innovazioni nel settore videoludico, come il recente successo del genere battle royale (Fortnite): l’industria usa il modding come territorio di sperimentazione a costo zero, incamerando e sfruttando poi le novità più interessanti trasformandole in opere commerciali. Kücklich considera il giocolavoro un’importante evoluzione nell’intrattenimento commerciale: non solo le aziende ci forniscono intrattenimento a pagamento, ma estraggono anche ulteriore valore dal nostro intrattenimento, dal consumo del loro prodotto.
Dreams è un’economia ibrida in cui l’utenza è incoraggiata a, e dotata degli strumenti necessari per, compiere il giocolavoro necessario a mantenere viva la piattaforma stessa, che priva della sua opera sarebbe quasi vuota. Ma l’economia ibrida deve, come spiega Lessig, bilanciare delicatamente due filosofie diverse, e non siamo sicuri che Dreams riesca a mantenere davvero tale equilibrio: creare al suo interno è un gioco, condividere è un gioco, curare raccolte per aiutare la comunità a orientarsi tra i suoi contenuti è un gioco, ma tutto ciò che viene creato all’interno di Dreams resta in Dreams ed è proprietà di Sony. Possiamo usare le normali opzioni di condivisione della PlayStation 4, catturando un’immagine o un video, possiamo usare dispositivi aggiuntivi per registrare sequenze di immagini, ma non possiamo scaricare in alcun modo il modello tridimensionale che abbiamo creato, non possiamo salvare la musica che abbiamo composto e nessuno, senza possedere Dreams, potrà giocare al nostro videogioco. La possibilità di condivisione e di remix esiste solo all’interno dei confini tracciati dal reale proprietario dell’opera che l’utenza ha realizzato gratuitamente.

Dreams

Dreams

GLI ARTISTI

Sony aveva invitato all’evento di lancio a Milano anche due artisti italiani che si sono distinti durante i primi mesi di Dreams realizzando interessanti lavori al suo interno. Le opere di Raffaele Pianese (Doktor_Immanuel_) sono immagini tridimensionali, quasi statiche, accompagnate da musica, vignette da ammirare. Quando parliamo con lui, ci spiega che non aveva alcuna esperienza come modellista prima di Dreams, anche se ha giocato anche ai precedenti LittleBigPlanet di Media Molecule, e non ha una vera e propria educazione artistica. Nonostante questo, usando qualche modello creato da altri, è riuscito a realizzare delle complesse scene tridimensionali. Marco Calabrese (BackToMan) si concentra invece sull’aspetto musicale e usa Dreams come un sintetizzatore su cui realizza le sue tracce elettroniche. Calabrese si dedicava alla musica elettronica già prima di acquistare Dreams, ma è anche lui un autodidatta. Quando chiediamo ai due artisti cosa ne pensano del fatto che Dreams sia un ambiente chiuso, entrambi affermano che vorrebbero poter mostrare ciò che realizzano in Dreams fuori dalla piattaforma. Calabrese ci dice che vorrebbe avere la possibilità di esportare i suoi file musicali in vari formati e, in generale, che vorrebbe che fosse possibile esportare le creazioni realizzate in Dreams fuori dai suoi confini.
Media Molecule ha già dichiarato in precedenza che vorrebbe vedere Dreams su altre piattaforme, per esempio su PC, e che vorrebbe rendere possibile la monetizzazione delle opere (potrebbero diventare acquistabili nel negozio digitale di PlayStation). Esiste ancora l’idea di raggiungere questi traguardi, ma Ettouney ammette che non c’è ancora nessun progetto preciso per permettere, per esempio, l’esportazione dei propri lavori al di fuori di Dreams. “Non ci stiamo lavorando al momento, ma è una delle cose di cui discutiamo sempre”, ci ha ripetuto Ettouney.
È possibile che Dreams diventi nei prossimi anni una vera rivoluzione artistica ed esplorarne le opere è già un piacere che vale il prezzo del biglietto (39,99 euro). Le sue potenzialità sono tanto notevoli che per un creativo potrebbe essere sensato comprarsi una PlayStation 4 solo per poterlo usare: nessun software ha permesso sinora di creare con tanta facilità e tanta libertà artistica modelli 3D, musica e animazioni che possano poi essere persino combinati in esperienze interattive (in videogiochi). Ma è importante che chi si approccia a Dreams abbia ben chiaro che, fin quando il sistema non verrà in qualche modo aperto o almeno espanso per valorizzare le sue opere, queste creazioni sono destinate a restare proprietà di Sony e chiuse in un software a pagamento con un pubblico potenziale relativamente ridotto.

Matteo Lupetti

https://www.mediamolecule.com/

Dreams è disponibile in esclusiva per la console PlayStation 4 a partire dal 14 febbraio 2020.

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Matteo Lupetti

Matteo Lupetti

Diplomato in Fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010, gestisce il collettivo di fumettisti indipendenti Gravure e scrive di videogiochi per varie testate italiane ed estere. È diplomato in sommelerie all’interno dell’associazione FISAR ed è direttore artistico…

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