Torna in Italia la rubrica dedicata al rapporto fra musei e digitale. Per parlare con un’eccellenza come il Museo Egizio di Torino. Alla direzione generale c’è Christian Greco, mentre qui parla la direttrice di Comunicazione e Marketing, Paola Matossi.
Quanto conta la comunicazione digitale e lo sviluppo sul digitale in un museo? E per il Museo Egizio di Torino?
I musei non sono monadi – come ricorda spesso il Direttore Christian Greco – ma abitano dei luoghi e dei contesti sociali e culturali e sono chiamati a riflettere e interrogarsi sui cambiamenti in atto. Un cambiamento importante in termini di percezione deriva proprio dai musei, da come oggi interpretano il ruolo attivo all’interno della società. Un museo che conta più di 850mila visitatori l’anno è un osservatorio privilegiato e in questi tredici anni (da quando ricopro l’incarico al Museo Egizio) ho visto una notevole evoluzione dei consumi culturali e una richiesta crescente di trasformare la visita in una esperienza, preferibilmente personalizzata per i differenti target.
Come si integrano online e offline?
La comunicazione online e offline integra sia il messaggio sia i risultati poiché il pubblico stesso sceglie sulla base di sollecitazioni che gli giungono da media sempre più differenziati. Devo dire che “le voci” del Museo Egizio sono un potente mezzo di comunicazione: la presidente Christillin e il direttore Greco sono due formidabili ambasciatori, che esprimono grande versatilità nell’interazione con i nuovi media.
Quanto la digitalizzazione delle risorse e dei processi influisce sulla possibile efficacia della comunicazione digital e social?
Crediamo che un museo archeologico debba avere la cultura materiale al centro del suo sviluppo, tenendo fermo il tema dell’accessibilità. La digitalizzazione è uno strumento che aiuta a superare alcune barriere. La messa online delle nostre collezioni ha consentito di sviluppare un nuovo rapporto con il pubblico: non sostituisce in alcun modo l’esperienza fisica ma consente di prepararla, approfondirla e prolungarla anche successivamente, magari condividendola con gli amici. Condividere la visita di un museo o di una mostra è un’esigenza storica e attualissima e, per quanto concerne i consumi culturali, oggi sembra far parte dell’esperienza stessa. L’uso del digitale ha incrementato le possibilità. Il museo cerca di mantenere un rapporto umano con i nostri pubblici, cercando di coinvolgerli, e cercando di garantire una continuità tra il racconto che si trova sul digitale e quello che si trova in museo.
Ci parli del progetto della collezione online con licenza Creative Commons?
Il direttore Greco ha fortemente voluto la possibilità di far circolare liberamente le immagini delle collezioni. Il Museo Egizio custodisce una collezione che è patrimonio dell’umanità, ci piace sottolineare che appartiene a tutti e, anche nella gestione delle immagini, abbiamo voluto esprimere con forza questo messaggio. La collezione online dà accesso alla quasi totalità dei reperti esposti (circa 3.300) nelle sale del Museo Egizio. Le immagini dei reperti sono liberamente utilizzabili sotto licenza Creative Commons 2.0.
Che competenze deve avere chi si occupa di comunicazione digitale in un museo o in un’istituzione culturale?
Le competenze necessarie sono molteplici. È indispensabile conoscere bene il contenuto e, di conseguenza, unire a questo competenze di storytelling (in questo caso digitale). Nel mio gruppo di lavoro la comunicazione digitale è gestita da tre giovani talentuose (Chiara Del Prete, Virginia Cimino e Divina Centore), una delle quali è una “egittologa prestata alla comunicazione”. Hanno una grande sensibilità rispetto all’identità del museo e appartengono a una generazione che maneggia con competenza e naturalezza i mezzi digitali.
Come valuti l’andamento e l’efficacia delle comunicazioni online per il Museo Egizio? Lo metti in relazione diretta con l’afflusso fisico dei pubblici? Cosa intendi per partecipazione?
Abbiamo scelto di essere presenti su YouTube, Facebook, Twitter, Instagram e LinkedIn, con strategie diverse per ogni canale, in modo da garantire una comunicazione transmediale ma “omnicanale”, il più possibile inclusiva. L’analisi dell’efficacia della comunicazione è sia quantitativa sia qualitativa, dove è possibile fare questo tipo di analisi (ad esempio Facebook, Google+ o Trip Advisor). Ci ispiriamo ai principi dell’etnografia digitale per capire la percezione del museo e della collezione, gli eventuali interessi dei nostri pubblici e indagare abitudini usi e costumi in Rete, anche in ambiti non necessariamente legati al mondo dei musei o dell’archeologia. Sicuramente l’analisi delle comunicazioni online, soprattutto quelle legate alle attività e agli eventi, ha una stretta relazione con l’afflusso “fisico” di pubblico, ma esiste anche un pubblico “digitale” appassionato di antico Egitto con il quale è altrettanto importante instaurare una relazione. Sul piano della partecipazione cerchiamo di creare delle community aumentando il senso di appartenenza alla nostra istituzione.
Un libro da consigliare ai colleghi. Quello che trovi più ispirante.
Ho lavorato per più di quindici anni come Marketing Manager di brand di largo consumo. All’inizio mi sembrava dissacrante accostare quel mercato a quello culturale e ho affrontato la comunicazione con pudore reverenziale; oggi la mia visione è molto più pragmatica: i risultati derivano dalla qualità dell’offerta. Osservare i visitatori (esattamente come osservavo i consumatori) mi è stato ed è estremamente utile anche al Museo Egizio. Per questa ragione consiglio un libro che mi è molto caro: Small Data di Martin Lindstrom.
‒ Maria Elena Colombo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #53
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