Già negli Anni Ottanta l’artista americano Joseph Nechvatal aveva iniziato a utilizzare il computer come campo di ricerca sia d’immagine che di suono. Altri artisti prima di lui avevano indagato i nascenti linguaggi nati dal computer, come John H. Whitney nel 1968, che ne aveva esplorato le possibilità cinetiche attraverso l’animazione. Ma Joseph Nechvatal è uno dei primi a essere attratto dalla possibilità di ibridazione del digitale con altri linguaggi come il disegno, la pittura, la multimedialità. Gli elementi che affascinano nell’idea di un Virus che attacchi la Macchina sono negli Anni Ottanta e Novanta l’espressione di un’effervescenza di attenzione e ricerca che accompagna la crescita del digitale e da cui nascono festival, mostre, libri, riviste. Una macchina che può morire per un virus è cosa che noi associamo agli esseri viventi e alla loro mortalità. L’Intelligenza Artificiale è la nuova presenza che si impone nel campo comunicativo e culturale e Nechvatal lavora su queste nuove linee di ricerca. Nei suoi “quadri” si mischiano immagini riprodotte dal computer dove i virus prendono l’aspetto estetico di tessiture astratte, a volte confondendosi con l’astrattismo degli Anni Cinquanta e Sessanta. A volte sono immagini mangiate dal virus, a volta sovrapposizioni di sani e malati.
VIDEO, SUONO E VIRUS
Nei video i segnali digitali dei virus sono mischiati in più modi e il sound non nasce direttamente dai processi informatici ma è mixato e ridisegnato da sound maker e musicisti. L’immagine iniziale è comunque presa dal “fenomeno” di una vita autonoma che cresce e si sviluppa all’interno di un universo digitale e meccanico precostruito. In una serie di video Nechvatal descrive il suo lavoro come un “Virattualismo” e cioè come un immaginario movimento che cerca di formare e d’investigare i rapporti e le interfacce fra tecnologico e biologico. L’audio che caratterizza la serie di video (in animazione) è il testo recitato da Antonin Artaud nel 1947, Pour en finir avec le jugement de Dieu, famoso testo “selvaggio” di esorcismo e denuncia dei limiti di cultura, società e religione. L’idea della tecnologia digitale che scavalca i classici confini fra specifici e crea rapporti fra diverse realtà negli Anni Novanta fece scalpore ma è poi diventata parte del Fare Digitale. Mentre la maggioranza della tecno-arte si muoveva verso un coincidere dell’operare con il risultato estetico, il lavoro di Nechvatal univa una proposta radicale con una serie di mediazioni linguistiche e indicava una possibilità d’incontro con altre discipline creando relazioni e mutamenti nel rapporto di arte e scienza.
BIOLOGIA E DIGITALE
Da queste e altre esperienze si creano le indagini sulla possibilità di collegare la Biologia (la “Bioarte”) con il mondo separato del digitale. Il Virus è un’alterità e un segno di vita autonoma e come presenza nel quadro di significanti del digitale cambia molte cose. Nei video di Computer Virus Project del 1992-93 sono le immagini fisse a muoversi secondo regole di montaggio con l’accompagnamento di una musica composta da Nechvatal, Endless entertainment. La musica non è auto-generata dai materiali visivi, segno di una volontà di estetizzare il materiale digitale in controcorrente alle tendenze di quegli anni, più interessate all’interazione di diversi software. Più tardi verranno Computer Virus project (2002), Viral symphony (2006-08) con un software basato sul modello del fenomeno virale che evidenzia l’azione mutante del computer. Con il crescere delle capacità dei software, la musica è sempre più prodotta dai processi informatici, ma anche diretta e ricondotta alle grandi linee della musica contemporanea digitale. Anche nel radicalismo di Nechvatal appare la “bilogica” delle avanguardie: far saltare i codici e poi ricondurne il senso rinnovato sotto l’ombrello dell’arte. Oggi l’aspetto “sorprendente” della vita digitale viene sommerso dagli aspetti sociali e politici. Prevale la paura del controllo e della guerra online fra le nazioni, in cui i virus hanno naturalmente il primo posto. Mentre i linguaggi digitali si sono enormemente sviluppati, vediamo con occhi diversi le intuizioni della ricerca digitale del passato: non solo delle ricerche sulle nuove strutture, ma, come spesso in arte, le previsioni del reale che muta. Nella drammatica situazione che stiamo vivendo, una spaventosa e drammatica Virus-Pandemia che infetta l’intero pianeta e che prevede centinaia di migliaia di morti, nessuno ha previsto che il rovescio della medaglia della globalizzazione sarebbe stata la crescita delle pandemie, mentre già l’universo informatico ci aveva mostrato la crescita dei virus in modi simili alle simulazioni di guerra utilizzate in campo militare.
‒ Lorenzo Taiuti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati