Finalmente un videogioco che parla di sesso, genere e queerness

“La cultura del videogioco è cento anni indietro rispetto a qualsiasi altra cultura creativa del pianeta”, racconta Robert Yang, sviluppatore di “We Dwell in Possibility”. Dove assistiamo – decidiamo noi se impotenti oppure no – alla lotta dei corpi queer per i propri diritti.

We Dwell in Possibility è il nuovo videogioco del docente e sviluppatore Robert Yang, realizzato con l’illustratrice e fumettista Eleanor Davis (The Hard Tomorrow) e l’artista musicale aya per il Manchester International Festival e il suo progetto digitale Virtual Factory. Potremmo descrivere We Dwell in Possibility (il titolo viene da una poesia di Emily Dickinson) come “un SimCity LGBTQ e incentrato sull’architettura del paesaggio”.

IL VIDEOGIOCATTOLO IN CUI SI SI BATTAGLIA PER I DIRITTI QUEER

Piccoli personaggi nudi, corpi queer generati da algoritmi, si aggirano per un giardino e a volte posizionano strutture e piante al suo interno. Questi elementi architettonici e naturali attirano gli altri personaggi presenti, modificandone desideri, convinzioni (simboleggiate dal cappello che indossano) e persino corpi. Capita però che un personaggio, a causa della sua posizione politica, si opponga alla presenza di una certa struttura nel giardino e cerchi di portarla via per eliminarne l’influenza.
E qui interveniamo noi, che, con semplici clic del mouse o la pressione delle dita sullo schermo dello smartphone, possiamo collaborare coi personaggi nel posizionare i vari elementi, possiamo recuperarli prima che siano rimossi e possiamo personalmente buttarli via. Possiamo anche solo restare a guardare, vedendo come questa comunità si sviluppa politicamente e architettonicamente.
A parte poche indicazioni iniziali, We Dwell in Possibility non ci svela il suo funzionamento, ma come un videogiocattolo ci invita a sperimentare con i suoi sistemi per ragionare su come gli spazi pubblici influenzino le idee e come le idee (e quindi la politica) influenzino gli spazi pubblici. Una partita dura una decina di minuti, e si conclude quando nel giardino digitale scende la notte.

Robert Yang. Courtesy the artist

Robert Yang. Courtesy the artist

I PRECEDENTI VIDEOGIOCHI DI ROBERT YANG

Robert Yang è noto per i suoi videogiochi incentrati su omosessualità, sessualità, intimità e il loro rapporto con corpi, politica e cultura videoludica e digitale. Il suo Hard Lads trasforma in videogioco il video virale British lads hit each other with chair in cui un ragazzo lascia che un amico lo colpisca ripetutamente con una sedia. The Tearoom, un videogioco in cui pratichiamo sesso orale su uomini incontrati in un bagno pubblico evitando di essere scoperti dalla polizia, accosta il controllo esercitato dallo Stato sull’espressione della sessualità e soprattutto dell’omosessualità al controllo esercitato dalle attuali piattaforme digitali sui contenuti distribuiti e mostrati. Radiator 2 (ora distribuito in una “Anniversary Edition”) è una raccolta di tre opere (Succulent, Stick Shift e Hurt Me Plenty) che traducono in meccaniche giocabili il sesso, che nei videogiochi è solitamente trattato come un mero premio finale.

We Dwell in Possibility di Eleanor Davis e Robert Yang

We Dwell in Possibility di Eleanor Davis e Robert Yang

BREVE INTERVISTA A ROBERT YANG

Quando mi hanno chiesto cosa volessi fare, ho risposto che volevo fare un videogioco che potesse essere giocato su dispositivi mobili e browser”, ci ha detto Yang durante una intervista su Zoom. “Non puoi solitamente giocare al telefono con i miei giochi, perché o necessitano di un computer o sono esclusi dalle piattaforme di Google e Apple perché queste compagnie odiano cose come queerness e sesso”.
Non è l’unica differenza che Yang individua tra We Dwell in Possibility e la sua produzione precedente. “I miei altri giochi riguardano maggiormente l’immergersi in un altro corpo”, ha spiegato. “Questo gioco è una simulazione ed è difficile capire una simulazione se ne sei parte. Mi sarebbe piaciuto fare di più con i corpi dei personaggi, ma dovevano essere semplici perché la cultura del videogioco è cento anni indietro rispetto a qualsiasi altra cultura creativa del pianeta, i gamer sono dei conservatori, e già il fatto che in questo gioco ci siano delle persone nude è troppo per molti di loro”.
We Dwell in Possibility è stato inaugurato in occasione dell’edizione 2021 del Manchester International Festival, che si svolge online e offline dal primo al 18 luglio, ed è giocabile direttamente su browser sul sito di Virtual Factory (dove resterà anche dopo la fine del festival).

– Matteo Lupetti

https://virtual-factory.co.uk/

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Matteo Lupetti

Matteo Lupetti

Diplomato in Fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010, gestisce il collettivo di fumettisti indipendenti Gravure e scrive di videogiochi per varie testate italiane ed estere. È diplomato in sommelerie all’interno dell’associazione FISAR ed è direttore artistico…

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