Tra le uscite videoludiche di settembre e ottobre abbiamo deciso di parlarvi di alcuni titoli pubblicati da grandi editori: Age of Empires 4 di Microsoft, Deathloop di Bethesda Softworks (ora proprietà di Microsoft), Riders Republic di Ubisoft e WarioWare: Get It Together! di Nintendo. Ci sono poi una reinterpretazione queer dei “videogiochi di ruolo in stile giapponese,” Get in the Car, Loser! diretto dalla celebre autrice di videogiochi Christine Love, il nuovo videogioco di Daniel Mullins, Inscryption, e il ritorno di Superbrothers, lo studio del capolavoro Superbrothers: Sword & Sworcery EP del 2011, con JETT: The Far Shore. E infine ci sono tre opere che puntano molto sull’impatto visivo e la direzione artistica: The Artful Escape, The Eternal Cylinder e Sable, che probabilmente catturerà l’interesse di chi ama il fumettista francese Mœbius.
‒ Matteo Lupetti
AGE OF EMPIRES 4
Age of Empires 4 non è un titolo particolarmente ambizioso, non rivoluziona la formula di questa celebre serie di “videogiochi di strategia in tempo reale” creata da Ensemble Studios nel 1997. Da questo punto di vista, può essere difficile consigliarlo rispetto a un classico come Age of Empires 2, che fa da base a questa nuova opera ed è ora disponibile in una Definitive Edition. Nelle sue modalità principali due o più fazioni (possiamo giocare sia insieme o contro l’Intelligenza Artificiale sia insieme o contro altre persone, in rete) si scontrano su una mappa più o meno grande raccogliendo risorse, costruendo la loro città, sviluppando nuove tecnologie attraverso varie ere, creando truppe e combattendo.
Le otto fazioni, le loro peculiarità (più spiccate che in Age of Empires 2) e le loro strutture sono ispirate a diverse culture medievali, ma Age of Empires non ha mai tentato di dare un’idea storicamente accurata delle epoche storiche che ha trattato o delle loro dinamiche. Le quattro campagne per giocatore singolo, però, oltre a essere una buona introduzione alle meccaniche, ci guidano attraverso eventi storici realmente accaduti, accompagnando le partite con approfondimenti, mini-documentari sbloccabili e ricostruzioni dal vivo e in digitale. Le parti giocabili faticano a rappresentare le battaglie campali e gli assedi che queste storie raccontano e la rappresentazione del Medioevo è in generale molto edulcorata, anche durante le partite, con animazioni rigide e soldati robotici pronti a seguire gli ordini e a morire senza esitazione. Sarebbe esagerato dire che la documentazione giustifichi da sola l’acquisto del gioco, ma la sua produzione è di alto livello ed è un grande valore aggiunto. Age of Empires 4 di Relic Entertainment, World’s Edge e Xbox Game Studios (Microsoft) è disponibile per PC, ed è parte dell’abbonamento Xbox Game Pass.
DEATHLOOP
Deathloop è ambientato su una remota e gelida isoletta bloccata in un loop temporale. Chi ha scelto di sfruttare questo fenomeno in cerca dell’immortalità ne ha ormai perso memoria e ripete ossessivamente la stessa giornata, congelata negli Anni Sessanta.
Il protagonista, Colt, ha però ancora un parziale ricordo degli eventi e ha deciso di spezzare questo ciclo infinito. Per riuscirci deve uccidere in un solo giorno otto persone, dette Visionari, su cui il loop stesso è costruito. Con Deathloop Arkane Studios ritocca la formula della sua serie Dishonored e ci mette in una serie di spazi da esplorare in soggettiva e con una certa libertà, anche sfruttando i poteri soprannaturali che possiamo acquisire, per arrivare a colpire i nostri bersagli. Quando moriamo, o quando arriva la notte di questo unico giorno infinito, il loop ricomincia da capo, dalla mattina, ma portiamo con noi nuove conoscenze, per esempio informazioni sulla routine giornaliera di un certo Visionario o su come un certo luogo cambi nel corso della giornata. Acquisiamo esperienza che ci aiuterà nel successivo tentativo. A questa nostra intromissione in quello che sembrerebbe un perfetto meccanismo a orologeria si aggiunge un elemento imprevedibile: un altro giocatore può entrare nella nostra partita e cercare di fermarci nei panni di Julianna, un Visionario che come Colt ha ancora memoria dei cicli passati ma vuole invece proteggere il loop. Proprio giocando nel ruolo di Julianna, Deathloop ci permette però di sbirciare dietro le quinte e mostra chiaramente la sua natura: non un mondo vivo e dinamico, ricco di personaggi interessanti, interazioni, tematiche e storie (la trama del gioco è a dir poco trascurabile), ma un parco divertimenti a tema Anni Sessanta che esiste solo in funzione del suo unico visitatore, Colt. Deathloop di Arkane Studios (studio di Bethesda Softworks) è disponibile per PC e PlayStation 5.
https://bethesda.net/it/game/deathloop
GET IN THE CAR, LOSER!
Una giovane maga specializzata in magie curative viene trascinata da una compagna di studi che non conosce benissimo in un’avventura on the road con l’obiettivo di fermare la resurrezione di un’antica entità malvagia. Get in the Car, Loser! è una storia ispirata alla politica statunitense degli ultimi anni e al ritorno dei fascismi che stiamo vedendo anche in Europa, con un cast di personaggi esplicitamente queer che combattono per il proprio diritto di esistere. Si ricollega alla tradizione dei “videogiochi di ruolo in stile giapponese” (soprattutto dei Final Fantasy e dei Persona) con nemici da sconfiggere in combattimenti a turni, oggetti sempre più potenti da acquistare ed equipaggiare e una forte attenzione alla caratterizzazione dei personaggi.
Come altre reinterpretazioni attuali e non giapponesi del sottogenere (in passato abbiamo parlato di Haven e CrisTales), Get in the Car, Loser! dà una lettura più puzzle e più ricca d’azione della formula, con tasti da premere ritmicamente per eseguire i vari attacchi (ma c’è la possibilità di semplificare enormemente i combattimenti se il tempismo e la velocità richiesti risultano esagerati). Restano però alcune pesantezze tipiche di questi videogiochi, come la ripetitività degli scontri con i vari mostri, e non siamo sicuri che le meccaniche, seppur realizzate in modo brillante e originale, si sposino bene con i contenuti della narrazione. In Get in the Car, Loser! dobbiamo combattere contro il Machine Devil, il diavolo macchina, ma verso la fine del gioco, quando ci troviamo di fronte a lunghi combattimenti in cui ripetiamo per decine di minuti gli stessi movimenti, sincronizzando la pressione dei tasti con i timer sullo schermo e azionando le combinazioni di mosse che abbiamo preparato e ottimizzato, viene da chiederci se non siamo diventati noi una macchina. Get in the Car, Loser! di Love Conquers All Games è disponibile gratuitamente per PC e Mac su Steam e itch.io.
https://loveconquersallgames.itch.io/getinthecarloser
INSCRYPTION
Inscryption inizia come un ormai tradizionale videogioco “roguelite basato sul deckbuilding”. Ne abbiamo già parlato recensendo Neurodeck: Psychological Debuilder: sono videogiochi in cui dobbiamo superare una serie di combattimenti a turni giocando carte digitali pescate da un mazzo che arricchiamo e personalizziamo durante la partita. Quando veniamo sconfitti, il gioco ricomincia da capo, ma portiamo con noi parte dei nostri progressi (per esempio nuove carte che possiamo aver sbloccato).
A questo Inscryption aggiunge un’interessante atmosfera horror e il fatto che, nella sua finzione, stiamo davvero giocando una partita a carte contro un misterioso avversario in una baita che possiamo esplorare e che è piena di enigmi e puzzle da risolvere, come una escape room. Ma poi il gioco cambia, diventa altre cose, digitale e reale iniziano a mischiarsi, come potrebbe aspettarsi chi conosce il suo autore, Daniel Mullins, un po’ lo M. Night Shyamalan dei videogiochi. Mullins non usa però questi cambi di prospettiva per comunicare qualcosa, a differenza di come aveva fatto nel suo precedente The Hex.
Lo sviluppatore non ha molto da dire neanche sul genere di videogiochi e di carte collezionabili (in stile Magic: L’adunanza) di cui eppure parla su molteplici livelli e di cui Inscryption è contemporaneamente una satira e un omaggio. Il videogioco è una sequenza di meccaniche intelligenti e di momenti che sovvertono le nostre aspettative, ma alla fine si rivela essere poco più di un divertissement troppo lungo, perché la sua prima parte è anche quella più solida e interessante. Inscryption di Daniel Mullins Games e Devolver Digital è disponibile per PC.
JETT: THE FAR SHORE
In un mondo simile al nostro la popolazione ha lavorato per centinaia di anni e con molti sacrifici a un programma spaziale che porterà migliaia di persone, dopo mille anni di sonno criogenico, su un nuovo pianeta su cui potranno ricominciare da zero. Il viaggio verso questo pianeta, la “Sponda Lontana” di JETT: The Far Shore, è guidato da un misterioso segnale radio, che secoli prima è entrato nei sogni di un profeta e su cui è stata costruita una intera religione. Noi siamo Mei, una mistica parte del primo gruppo di scout destinato a scendere sul pianeta, e cerchiamo di compiere un piccolo e rispettoso passo in una alterità che non può essere compresa del tutto con gli strumenti della scienza, e che certo non può dare risposte nel tempo di una breve esplorazione. JETT: The Far Shore è un’opera di fantascienza, ma è anche una storia di visioni lynchiane e di misteri che non vengono mai svelati. Alternando sequenze narrative in prima persona e momenti di esplorazione del nuovo mondo e dei suoi ecosistemi su un mezzo volante chiamato “jett,” il videogioco cerca di presentare un’alternativa esplicitamente anticolonialista e antimperialista agli odierni progetti di conquista spaziale come fuga da una Terra che abbiamo ormai distrutto, ed è anche capace di complicare e problematizzare questo suo proposito. Peccato per la sua struttura lineare, che non ci dà l’occasione di esplorare liberamente le interazioni all’interno dei suoi ecosistemi costringendoci invece a seguire pedissequamente una serie di ordini mentre lottiamo contro i controlli del videogioco e della sua astronave in sequenze puzzle piuttosto banali. JETT: The Far Shore di Superbrothers e Pine Scented, con musica di scntfc, è disponibile per PC (su Epic Games Store), PlayStation 4 e PlayStation 5.
RIDERS REPUBLIC
La compagnia francese Ubisoft negli ultimi tempi è nota soprattutto per una serie di scandali e denunce legati a molestie e abusi a cui la dirigenza non sembra intenzionata a dare serie risposte. Riders Republic è il suo nuovo videogioco, e può essere considerato il seguito di Steep (2016), che ci fa muovere liberamente in ambientazioni montane basate su Alpi, Alaska, Corea del Sud e Giappone per completare gare di sci, snowboard, speed riding, parapendio, tuta alare, rocket wing, base jumping e slittino. Riders Republic ci porta invece a gareggiare con bicicletta e, di nuovo, sci, snowboard, tuta alare e rocket wing in una enorme mappa costruita fondendo sette parchi nazionali statunitensi, trasformati nella finzione del gioco in un paradiso degli sport estremi sponsorizzato da multinazionali (il logo di Red Bull è ovunque). Un mondo pieno di gare, di opzioni di personalizzazione da acquistare con denaro reale, di altre persone, con cui però si interagisce pochissimo nonostante una dimensione “social” più pronunciata che in Steep, e di personaggi che parlano urlando con un entusiasmo esagitato e disturbante congelato tra la fine degli Anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio come la colonna sonora del gioco.
Riders Republic aggiunge poi alla formula di Steep nuovi e superflui elementi di progressione, con strumenti e mezzi migliori da sbloccare, e tutte queste opere, pur essendo “a mondo aperto,” ci costringono comunque in gare tradizionali e lineari in cui un andare da un punto A a un punto B seguendo uno specifico percorso. È allora meglio selezionare la “modalità Zen” del gioco, che ci permette di esplorarne la mappa senza sfide, attività, progressione e condizioni di fallimento.
Riders Republic di Ubisoft è disponibile per PC, PlayStation 4 e 5, Amazon Luna, Google Stadia, Xbox One e Xbox Serie S e X.
https://www.ubisoft.com/it-it/game/riders-republic
SABLE
Nel mondo desertico di Sable una ragazzina monta sulla sua nuova hoverbike e lascia la sua comunità per imbarcarsi in un viaggio rituale alla scoperta di se stessa e di ciò che vorrà essere da adulta. Come The Legend of Zelda: Breath of the Wild (a cui Sable si ispira esplicitamente), Death Stranding o altri videogiochi dai budget inferiori (per esempio A Short Hike), questo videogioco fa parte di un nuovo filone di opere a esplorazione libera incentrate sul movimento stesso, sul capire come arrivare dove vogliamo. Ma a differenza di questi simili giochi, Sable non ci propone obiettivi precisi. Ha tante missioni da scovare e completare, missioni piuttosto convenzionali e ripetitive, e qualche banale puzzle, ma dopo una breve introduzione rinuncia a indirizzarci lungo una qualche grande storia piena di conflitti, limitandosi a offrici un mondo da scoprire attraverso pochissime meccaniche.
La grafica è ispirata all’opera del fumettista Jean Giraud, altrimenti noto come Mœbius, e il tono ricorda le opere d’animazione dello studio Ghibli e di Hayao Miyazaki, tra l’altro egli stesso influenzato da Mœbius come mostrato chiaramente da Nausicaä della Valle del Vento. Così, Sable è un videogioco senza combattimenti e fallimenti, che può essere concluso rapidamente, se vogliamo, o può continuare molto più a lungo se decidiamo di esplorare il suo deserto, le sue rovine e le sue storie accompagnati dalla colonna sonora dei Japanese Breakfast. Nonostante sia appesantito da convenzioni videoludiche di cui francamente poteva fare a meno, pensiamo che almeno in questo Sable dimostri una rara maturità: ci propone un viaggio, e siamo noi a decidere quando tornare a casa.
Sable di Shedworks e Raw Fury è disponibile per PC, Xbox One e Xbox Serie S e Serie X.
THE ARTFUL ESCAPE
Un giovane musicista del Colorado vuole suonare rock progressivo, ma tutti i suoi concittadini si aspettano che segua le orme di suo zio, un celeberrimo musicista folk locale. Decide allora di fuggire da questa eredità inventandosi “l’alter ego da palcoscenico più elaborato che il mondo abbia mai visto”. Quello che per David Bowie è stato Ziggy Stardust. E l’occasione per inventarsi questa personalità è un inaspettato viaggio interstellare in stile Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams tra musica e pianeti, in un’avventura narrativa e lineare con una forte attenzione alla presentazione audiovisiva.
The Artful Escape parla solo in modo superficiale di musica o, in generale, di arte: questo videogioco discute soprattutto di cose come la pubblicità e la promozione e la costruzione della personalità nell’industria della produzione culturale. A voi giudicare quanto questi aspetti, che potremmo definire “esteriori,” contribuiscano effettivamente all’esperienza della musica, ma nell’opera non c’è comunque alcuna problematizzazione del loro contributo. Come il suo viziatello e privilegiato protagonista, The Artful Escape usa invece spettacoli grafici e pirotecnici per distoglierci da una musica più ruffiana che originale. Questo videogioco è anche una fantasia che reimmagina quella carriera da musicista che il suo direttore, Johnny Galvatron, non è riuscito ad avere con la band The Galvatrons. Ne esce (come suggerisce il titolo) un inno all’escapismo, dove tutto ciò che è storicamente radicato e collettivo (la musica folk per esempio) viene abbandonato in favore dell’invenzione individuale. Da segnalare comunque il doppiaggio, con anche l’eccellente partecipazione di Jason Schwartzman. The Artful Escape di Beethoven & Dinosaur e Annapurna Interactive è disponibile per PC, Xbox One e Xbox Serie S e Serie X.
THE ETERNAL CYLINDER
“[Questa non] è la storia dell’Uno”, dice il narratore all’inizio di The Eternal Cylinder. “[L’]Uno ingloba troppo, schiaccia tutto e lo rende uguale. No, questa è la storia dei Molti, benedetti dalla differenza e pieni di stranezze”. In un mondo alieno e ostile guidiamo un gruppo di creature dotate di due zampette e una proboscide, i Trebhum, nella loro fuga dall’Eterno Cilindro, un enorme rullo infinito che sta distruggendo e appianando l’intero pianeta.
I Trebhum hanno il potere di mutare il loro aspetto, e acquisire nuove abilità, ingerendo diversi cibi, e sfruttando questa loro capacità sperano di trovare un modo per fermare la cilindrica minaccia. The Eternal Cylinder è piuttosto lineare, è più un percorso in cui soddisfare una serie di chiari obiettivi e in cui seguire una storia fortemente derivativa che un mondo da esplorare. C’è però una certa potenza nella sua insolita e surreale direzione artistica, che a volte ricorda l’opera di Hieronymus Bosch, e nella ancor più rara scelta di farci controllare non un unico personaggio o un gruppo di personaggi più o meno definiti, ma una famiglia che nel tempo e in base alle nostre azioni si allarga (trovando nuovi compagni) e si restringe (quando un Trebhum muore). Purtroppo il gioco incoraggia una gestione un po’ cinica, in nome di un bene superiore, di queste creature: sono strumenti da ottimizzare e personalizzare con varie abilità, individui facilmente sostituibili quando muoiono e privi di differenze innate, di passioni e di attitudini.
The Eternal Cylinder di ACE Team e Good Shepherd Entertainment è disponibile per PC (su Epic Games Store), PlayStation 4 e Xbox One. Buona la traduzione italiana, che però in almeno due occasioni equivoca completamente il senso dell’originale rendendo difficile procedere nel gioco.
https://www.eternalcylinder.com/
WARIOWARE: GET IT TOGETHER!
Nato come antagonista del più famoso Mario in Super Mario Land 2: 6 Golden Coins, Wario ha poi avuto una sua eccellente serie di videogiochi “di piattaforme” (nello stesso stile proprio dei Super Mario per intenderci), Wario Land, e poi una serie più insolita, WarioWare, iniziata nel 2003 con WarioWare, Inc: Minigame Mania su Game Boy Advance e composta da raccolte di centinaia di strampalati microgiochi. Sfide della durata di pochissimi secondi, incentrate su un’unica azione e rappresentate con accozzaglie improbabili di stili diversi. Gli episodi della serie WarioWare cercano solitamente di sfruttare le varie tecnologie di cui sono dotate le console Nintendo per creare esperienze insolite rispetto a quelle dell’epoca in cui sono usciti. Hanno utilizzato il touchscreen del Nintendo DS (WarioWare: Touched!), i telecomandi dello Wii (WarioWare: Smooth Moves), lo schermo secondario dello Wii U (Game & Wario). Il secondo gioco della serie, WarioWare: Twisted!, include persino un giroscopio direttamente nella sua cartuccia.
Il nuovo WarioWare: Get It Together! è contemporaneamente più convenzionale e più complicato da questo punto di vista. Usando una levetta e un tasto di uno dei controller del Nintendo Switch (uno dei suoi due “Joy Con”), ci permette di controllare una serie di personaggi, ognuno caratterizzato da un suo modo di muoversi nell’ambiente e di interagire con esso per completare i vari obiettivi. L’altra novità è che ora i microgiochi possono essere giocati in compagnia, anche in modalità cooperativa. La serie perde la sua vecchia immediatezza, perché la varietà dei personaggi e i loro controlli rendono difficile avvicinarsi all’esperienza senza familiarità sia coi videogiochi in generale sia con questo videogioco in particolare. Ma il risultato è, spesso, un caos esilarante.
WarioWare: Get It Together! di Intelligent Systems e Nintendo è disponibile per Nintendo Switch.
https://www.nintendo.it/Giochi/Nintendo-Switch/WarioWare-Get-It-Together–1987424.html
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