Paolo Gambi (Ravenna, 1979) è poeta, artista e performer. È fondatore del movimento Rinascimento Poetico, una community che cerca di riportare la poesia al centro della scena, online e nel mondo. Ma il rinascimento della poesia passa anche dagli NFT i Non Fungible Token già alla base della Crypto Art, che per Gambi ha bisogno di evolvere in una nuova direzione e per farlo avrà bisogno della poesia che abbiamo tutti colpevolmente dimenticato.
Paolo, come arrivi alla poesia? Te lo chiedo perché cercandoti online appari come “giornalista”, ma è un’etichetta messa dai crawler di Google, dato che hai scritto saggi, romanzi e sei poeta e artista. Anzi ti sei progressivamente mosso verso la poesia a partire dalla saggistica passando per i romanzi e i libri d’inchiesta. Mi spieghi il tuo percorso? Che spiegazione ti dai?
Tracce di una vita passata: ho fatto il giornalista fino al 2014, poi ho lasciato tutto per dedicarmi a tempo pieno alla mia ricerca artistica, che è un po’ la mia vocazione. Però continuo a scrivere anche libri: tra poco uscirà un mio saggio sul Cantico delle creature di Francesco D’Assisi.
Parli spesso di un “Rinascimento Poetico” e di “Instapoesia”.
Rinascimento Poetico è un movimento che vuole raccogliere tutti quei poeti che pensano che la poesia possa salvare il mondo. Quello che facciamo è creare spazi per la poesia. Facciamo dirette quasi ogni giorno online e organizziamo una decina di eventi live al mese, perché il tempo si è nel tempo parecchio strutturato: pensa che siamo presenti negli Stati Uniti, in Canada, in Brasile, in Turchia. È un movimento che vuole ridare voce alla poesia, che si era un po’ assopita nella generazione scorsa.
Da quello che dici sembra che le nuove generazioni siano più aperte alla poesia.
Assolutamente sì, c’è stata una rivoluzione. Oggi quelli che vengono da me sono ragazzini, poi c’è gente di ogni età, ma molti sono giovanissimi. Perché? Fino alla generazione scorsa, in che modo un ragazzo che voleva esprimersi tramite la poesia poteva farlo? I social network hanno fornito la possibilità di farlo. La domanda che tu potresti farmi è: “Ma questa è poesia?”. E su questo possiamo iniziare a discutere.
In realtà vorrei chiederti: qual è il livello? La poesia contemporanea è in salute?
Incontro spesso belle poesie, ma c’è anche tantissima gente che crede di essere Leopardi e invece copia versi in malo modo. Ma il livello in generale è altro. Ci sono persone che di professione fanno tutt’altro che hanno una capacità di esprimersi in versi straordinaria, il nostro compito è creare spazi d’espressione.
POESIA, METAVERSO E NFT
Parli molto della rete, come fate a “proteggere” questi talenti e farli crescere? Perché l’online è un luogo spesso oscuro da frequentare. Come ti poni nei loro confronti? Sei una guida, un maestro…
Non sono maestro nemmeno di me stesso. Rinascimento Poetico è un movimento che nasce autonomamente e il percorso e la crescita si possono fare in un solo modo: condividendo la propria esperienza. Oggi il solipsismo poetico non funziona, occorre esporsi e condividere: si condividono i grandi poeti del passato e si condividono i propri lavori. Interagiamo tra di noi in modo molto paritario, è nel “Grande Noi” che c’è la crescita, personale e del movimento.
Se quello che vuole fare Facebook o Meta, il metaverso, si realizzerà e fonderemo ancora di più fisico e virtuale, forse la poesia, che come mi racconti vive molto nel digitale, potrà tornare nelle strade?
È una bella domanda, ma credo che gli artisti debbano cercare d’interpretare il presente, senza mai smettere di puntare il dito alla luna. Bisognerà capire se puntare il dito alla luna significherà distruggere il metaverso o farne parte assecondandolo.
Sono andato a vedere su OpenSea la tua collezione Cryptopunk Poetry. Credi che il Rinascimento Poetico possa passare anche dagli NFT?
Il tema degli NFT è un tema centrale e io credo di poterne parlare con libertà essendo stato uno dei primi al mondo ad aver fatto poesia NFT. Vedo una grande potenzialità nell’arte che vive nel mondo digitale. Oggi però siamo nella fase che ha descritto Brian Eno: è l’ennesima espressione del capitalismo, è l’arte che si piega al mercato. Per questo ho smesso di coniarli, perché mi sono reso conto che la logica che muove questa specifica fase si riassume in una sola parola: marketing.
Spiegati meglio.
La mia collezione di poesia cryptopunk aveva venduto molto, ma ho fermato il progetto quando ho deciso di non piegarmi alle logiche del mercato. C’è da riconoscere ai cryptopunk di aver riportato in auge la pixel art. Così ho deciso di fare un’ibridazione con la poesia e ha funzionato, ho venduto molto. Poi ho capito che per fare il salto e venire accettato come cryptoartista avrei dovuto stravolgere la mia idea di arte che per me è qualcosa che ci salva, che ci porta nell’altrove. Lì invece no, avrei dovuto piegarmi alla logica di mercato e ho deciso di non farlo, ma seguo gli sviluppi, perché la Crypto Art ha tantissimo potenziale inespresso.
La cosa però mi ha fatto riflettere: intanto il fenomeno NFT è così pervasivo da aver dato il nome a un movimento, è una tecnologia che ha creato uno spazio, una crittografia, ma non ha dato nulla di nuovo in termini creativi. È uno strumento e come tale andrebbe trattato, io credo che la fase due stia arrivando.
Cioè credi che andremo oltre il Nyan Cat?
Sì, sicuramente, essendo un po’ entrato nel giro, ora mi sto guardando intorno, sto seguendo la stampa americana e come altri sto aspettando la fase due, dove andranno avanti le opere che hanno davvero uno studio artistico alle spalle e davvero veicolano un significato. Per questo a oggi io non metterei neanche 0,00001 Ethereum in un NFT. Ma in questo secondo me c’è la grande responsabilità che si dovrà prendere il mondo dell’arte. Se si creeranno spazi di condivisione e non solo negozi virtuali, allora ci sarà spazio per questa nuova ondata d’arte, altrimenti la direzione che prenderà sarà quella del metaverso e dei videogiochi, ovvero quella nella quale essenzialmente si sta muovendo oggi.
ARTE, POESIA E MERCATO
È una tecnologia che usano anche i marchi di moda e di design per inserire i loro prodotti nei videogiochi più venduti, è una logica di mercato. Ma il mercato dell’arte, se ci pensi, è così almeno dall’avvento della Pop Art, con Andy Warhol che diceva che voleva smettere di essere artista e fare l’imprenditore e vendere le sue opere in serie.
Mi permetto di dissentire, il rapporto con il denaro è uno degli storici problemi del mondo dell’arte. Gli NFT stanno portando agli estremi certe logiche speculative: è sufficiente che un paio di utenti facciano salire il prezzo di una tua opera e tu automaticamente diventi un artista NFT, le tue opere vengono vendute su tutte le maggiori piattaforme e tu guadagni. È il modo con il quale molti youtuber o influencer sono diventati artisti NFT agli occhi della gente, ma se pensiamo che l’arte possa essere misurabile in base alle vendite allora è finita, dov’è l’Arte? È quantificabile in rapporto al prezzo del prodotto?
A me sembra ancora una delle profezie di Warhol: l’artista-imprenditore che realizza le opere in serie come in una fabbrica e le vende.
Perché gli artisti sono profeti, ma io ripeto: è il momento ideale per la poesia, dopo decenni di crisi. Oggi deve ibridarsi con altre forme d’arte per sopravvivere e lo sta facendo, anche con gli NFT.
Qual è il ruolo della poesia oggi?
Da un lato oggi c’è un enorme desiderio di rinascita della poesia, Sanremo ce l’ha dimostrato: il fatto che Jovanotti abbia letto in diretta la poesia di un contemporaneo vivente e poi Scotti, al fianco di Mengoni, che ha letto Franco Arminio, persona che stimo tantissimo, per la prima volta dopo decenni è il segnale di un cambiamento in atto. Forse se la poesia tornerà a compenetrarsi con la musica torneremo ad avere dei pezzi decenti.
Sei stato molto critico sui testi di Sanremo. Il festival è lo specchio della lingua media nazionale?
Se li pensiamo oggi che sono già stati in radio e che sono stati “stregati” dalla forza della musica, ci sembrano tutti belli, perché ascoltiamo il significante, ascoltiamo il suono, ma, se andiamo a leggere i significati, di memorabile c’è ben poco. Questo non appartiene alla nostra tradizione perché la canzone italiana si è spesso ibridata con la poesia, penso a Battiato, a Dalla, tutti omaggiati durante il festival.
È colpa nostra, sono decenni che la poesia italiana è in crisi. Nel resto del mondo molti cantanti cantano delle poesie, in Italia in questi anni non c’è stato un cantante che si sia riferito a un poeta contemporaneo. Da un lato questo grande desiderio di rinascita, dall’altro l’esigenza di riconnetterla alla sua tradizione. Quello che succede nel mondo degli NFT sta succedendo nel mondo della poesia, senza il corrispettivo economico. Alcune persone hanno avuto accesso a un pubblico vasto, hanno avuto la compiacenza di una committenza ampia e hanno fatto enormi numeri senza avere un radicamento nella tradizione italiana. Se chiedi alla maggioranza degli instapoets chi è il loro riferimento, non sanno che cosa risponderti, sono colossi dai piedi d’argilla. L’emergenza è quella legata alla nostra lingua, che ogni giorno viene asciugata nella sua forza espressiva, dall’uso pervasivo dell’inglese e dalla semplificazione.
La poesia può curare la solitudine? Non siamo mai stati soli come ora dopo questa pandemia.
Curare la solitudine? Assolutamente sì. Io credo che la poesia possa salvare il mondo, ma lo credo perché ha salvato me. Quando io ero affacciato sull’abisso, se non ci fosse stata la poesia sarei caduto ed è per questo che per me è diventata una missione di vita: diffondere poesia e aiutare chiunque abbia bisogno.
In quale modo?
La poesia ha bisogno di nuovi spazi, io faccio installazioni sui muri, è la poesia che si riappropria degli spazi urbani, che si lega alla materia. Oppure scrivo poesie sulla pelle, ho trascorso agosto facendo body painting poetry, scusa l’inglesismo. E durante la Roma Fashion Week abbiamo coinvolto l’associazione Susan Komen Italia, che riunisce donne guarite dal tumore al seno in un evento chiamato Cicatrici preziose. Ho avuto la possibilità di scrivere sui corpi e ho riempito le cicatrici con l’oro secondo la disciplina giapponese del kintsugi. Ecco, io ho scritto su questi corpi usando l’oro della poesia per ripararli. È solo un esempio di come la poesia oggi può riappropriarsi degli spazi fisici, anche i più intimi.
E, permettimi di dire, ho scelto di non vendere le raccolte di mie poesie ma di regalarle. Si trovano gratis sul mio sito.
– Luca Rossi
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