Arriva l’Infinity Art Museum, il museo nel metaverso

Anche il metaverso avrà il suo museo e a svilupparlo è un team internazionale. "Ci ispiriamo alle architetture impossibili di Escher”, dicono i direttori

Da un team internazionale nasce il progetto IAM – l’Infinity Art Museum. Si tratta di un progetto museale che si svilupperà interamente online, andando a costruire quello che i suoi ideatori chiamano “l’Art-verso”. Una realtà fatta di architetture digitali, opere in evoluzione e transazioni sulla blockchain che verrà lanciata a gennaio 2023. Abbiamo intervistato i due direttori artistici, Alfredo Cramerotti e Auronda Scalera per farci dare qualche anticipazione. 

Nella presentazione del progetto si parla del “first ever-evolving museum in the Verse”. Potete spiegarci meglio questa idea del museo “in continua evoluzione”? Abbiamo visto tanti progetti di musei e gallerie nei mondi virtuali negli ultimi due decenni. In che senso IAM può essere considerato il primo nel suo genere?
L’ Infinity Art Museum trae ispirazione dalle architetture impossibili e infinite di Maurits Cornelis Escher, che secondo noi rappresentano perfettamente lo spazio di lettura del metaverso: un luogo infinito e senza limiti di immaginazione che può mutare nel tempo.
IAM fonda la sua filosofia sulla meccanica quantistica, dove il concetto spazio-tempo viene sovvertito e la realtà si curva in infinite possibilità percettive. In questo senso, il museo come luogo di conservazione e preservazione immutabile diventa uno spazio fatto di architetture e paesaggi impossibili e intercambiabili. Le opere d’ arte collezionate e ospitate possono scomparire, interagire con lo spettatore, muoversi, mutare o autodistruggersi in qualche anno.
È un museo / spazio dove tutte le regole che abbiamo studiato sull’arte e sul management museale andranno a cadere. Come co-direttori, stiamo mettendo assieme un programma che si basa su architetture digitali e opere digitali (distribuite sulla blockchain) che saranno in continua evoluzione. 

Usate spesso la parola “Artverse”, un ambiente immersivo che sul sito viene definito di “proporzioni quasi metafisiche”. Potete spiegarci in cosa consiste e quali sono le sue potenzialità?
Ogni spazio del museo rappresenta differenti livelli di universi, e ogni universo ha milioni di differenti iterazioni. Questo concetto di metaverso applicato a ogni “stanza” del museo e a ogni opera d’arte costituisce un reticolo infinito di possibilità fino a ora inimmaginabili nella realtà fisica. Quello che abbiamo sviluppato come IAM prende atto che ogni artista oggi non pone più limiti alla sua immaginazione, né a livello tecnologico né come contenuti, che possono continuamente cambiare e interagire con altri tipi di media e input. Il punto critico che rendiamo visibile ed esperibile con IAM è che la fissità di un’opera d’arte non è un concetto stabile e nemmeno garantito. Abbiamo costruito un esempio concreto e vivente di questo punto nodale. E ricordiamoci bene che lo spazio digitale è una realtà concreta, tattile, esperienziale, che impatta e influenza l’essere sensoriale dell’umano in molte maniere.  

IAM Infinity Art Museum

IAM Infinity Art Museum

Quali sono le strategie che prevedete di adottare per raggiungere l’obiettivo dell’integrazione e dell’interoperabilità tra piattaforme?
IAM sviluppa il suo ecosistema in stretta collaborazione con Caduceus, la prima blockchain al mondo dedicata allo sviluppo avanzato del metaverso. È il primo museo d’arte basato interamente sulla blockchain – un altro “first” di IAM. Le opere d’arte che sono commissionate dal museo agli artisti hanno una duplice funzione. La prima versione del lavoro, chiamiamola “edizione zero”, entra a far parte della collezione permanente di IAM. Le successive versioni o iterazioni (che possono essere lavori singoli ma anche spaziali, intere “stanze” or percorsi), sono vendute come NFT (quindi con smart contract che prevede royalties permanenti per gli artisti a ogni passaggio di proprietà) a collezionisti, che possono anche scegliere di diventare patron di IAM con una serie di vantaggi e opportunità. Gli introiti delle vendite sono suddivisi tra artisti e museo. Inoltre una parte viene allocata su una serie di progetti non-profit tramite Sub-DAOs. Ogni opera NFT è interoperabile – può essere mintata in una criptovaluta ma essere venduta in un’altra; può essere codificata su una blockchain ma passare a un’altra; può essere concepita come lavoro artistico digitale ma poi trasformarsi in accesso a un’esperienza fisica o evento. Questa interoperabilità è la vera sfida del mondo NFT attualmente. Ed è uno dei punti di forza di IAM.

Dal punto di vista tecnologico, che software verranno utilizzati?
Lavoriamo con un team tecnico specializzato in software come Unity e Unreal Engine 5, tra gli strumenti più avanzati nello sviluppo 3D, interazione iperrealistiche e AI. Basti pensare che lavorano con Disney, Marvel, Lucasfilm, oltre che con l’industria del gaming. Per fare un esempio, i visitatori di IAM potranno, in futuro, scansionare sé stessi attraverso il loro cellulare, creare il proprio avatar per la navigazione personalizzata ed entrare nel nostro metaverso senza dover scegliere tra una lista di opzioni studiata a tavolino. L’esperienza umana nella realtà fisica è estremamente unica, individuale, intima. Cosi lo è quella nella realtà digitale di IAM. 

Quale sarà il ruolo della DAO nella gestione del museo? In che modo pensate di bilanciare la decentralizzazione con l’aspetto curatoriale?
IAM è gestito da una DAO collettiva, a cui rispondono tre team principali: Management, diretto da Giandomenico Palermiti, CEO; Artistico, co-diretto da Auronda Scalera e Alfredo Cramerotti; e Tecnico, condotto da Angelo Poggi e Riccardo Cangini. La DAO ha la responsabilità della conduzione e della governance di IAM e coordina il lavoro di tre Sub-DAOs, come anticipato. Ognuna di queste Sub-DAO rappresenta gli interessi di una comunità o progetto non-profit specifico all’interno dell’ecosistema di IAM. La prima è dedicata allo sviluppo professionale di artisti emergenti (Sub-DAO Academy), la seconda alla commissione di nuove opere di artisti scelti dai loro colleghi presenti in IAM, e non dai curatori (Sub-DAO Artists) e la terza a scopi di charity e non-profit scelti da tuti i membri della DAO principale tramite votazione (Sub-DAO Charity).  

Quali tecnologie sono necessarie all’utente per accedere al museo?
Semplicemente un computer o un cellulare. Sarà un museo accessibile a tutti in modo semplice e intuitivo. Naturalmente, essendo un museo nel metaverso, l’utilizzo di visori VR e altri apparati adatti permette un’immersione maggiore. 

Potete darci qualche anticipazione sugli artisti coinvolti e sulle date di lancio del progetto?
Il progetto sarà pronto nei prossimi sei mesi con primo lancio ufficiale previsto a gennaio 2023. Stiamo lavorando per confermare i dettagli con il primo gruppo di artisti, tra cui Refik Anadol, Pilar Zeta, Krista Kim, Quayola, Nicole Ruggiero, Kathryn Blake, Maxim Zhestov e ReepsOne, solo per citarne alcuni. IAM è un museo che pone molta attenzione sulle artiste donne, visto che, secondo un recente rapporto Artnet, il mercato NFT è composto per 95% da uomini, in particolare bianchi e occidentali. Questo accade nonostante ci siano artiste eccezionali in questo campo, che purtroppo non sono valorizzate a livello di vendite e collezionismo. È molto importante per noi contribuire a correggere questa tendenza, un riflusso storico dell’arte che dal nostro punto di vista va cambiato.  

Valentina Tanni  

https://i-am.art 

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Valentina Tanni

Valentina Tanni

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova…

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