Arte digitale ed NFT: cosa dice il diritto?

Fenomeno sempre più discusso, gli NFT hanno sollevato un polverone anche sul fronte della riproduzione digitale e del diritto d’autore. A che punto siamo?

L’interazione tra arte e nuove tecnologie, tra mercato dell’arte e uso degli NFT continua a produrre casi di studio interessanti. A febbraio 2022 la Galleria Unit di Londra, in collaborazione con quattro istituzioni italiane (la Pinacoteca di Brera, il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana e le Gallerie degli Uffizi) e un partner tecnico (Cinello), ha organizzato la mostra Eternalising Art History, in cui è stata esposta la riproduzione digitale con NFT di sei capolavori facenti parte delle collezioni delle predette istituzioni. La mostra, oltre ad aver reso accessibili le opere a un pubblico più ampio e secondo nuove modalità, è volta alla vendita delle opere digitali in edizione limitata. È inoltre recente la notizia che Madonna e Beeple hanno realizzato dei video digitali in NFT, che saranno messi all’asta.
In entrambi i casi ci si trova di fronte a opere digitali rese uniche o in edizione limitata grazie agli NFT, ma con importanti differenze in termini di strategie di gestione dei diritti di proprietà intellettuale. In particolare, i video di Madonna-Beeple sono opere native digitali, create in ambiente e in formato digitale direttamente dagli autori, che gestiranno i diritti d’autore nei modi ritenuti più opportuni. Le opere nate “analogiche” e successivamente digitalizzate dai legittimi titolari dei diritti e/o dai proprietari del bene materiale devono essere gestite tenendo presente un quadro normativo più ampio, che in Italia vede coesistere – fra le altre – le norme della legge sul diritto d’autore con quelle del Codice dei beni culturali.

Madonna e Beeple, Mother of Creation

Madonna e Beeple, Mother of Creation

NFT E DIRITTI D’AUTORE

Sul piano della gestione dei diritti d’autore, la digitalizzazione di un’opera protetta deve essere autorizzata dall’autore. Inoltre in Italia, qualora si tratti di beni culturali, vi sia un’utilizzazione per fini commerciali e non ricorrano i presupposti stabiliti dal Codice dei beni culturali per la libera riproduzione di tali beni, la riproduzione deve essere autorizzata dalle istituzioni che hanno in consegna i beni. Ad ampliare il quadro normativo di riferimento c’è l’art. 14 della direttiva 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico europeo (recepita in Italia dal D.Lgs. n. 177/2021), secondo cui “gli Stati membri provvedono a che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione di tale opera non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che il materiale risultante da tale atto di riproduzione sia originale nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria dell’autore”. In altre parole, secondo il legislatore europeo, le riproduzioni fedeli di queste opere non dovrebbero essere protette. In Italia questa norma è stata recepita facendo salvo il Codice dei beni culturali.
Sul piano pratico queste operazioni di digitalizzazione possono risultare utili a diversi fini: se, da una parte, sono in linea con gli inviti provenienti dall’Unione Europea per promuovere la digitalizzazione, l’accessibilità e la conservazione del patrimonio culturale europeo, dall’altra parte sono un modo per raccogliere fondi tramite la vendita di una riproduzione digitale unica o in edizione limitata e certificata, senza vendere l’originale, che resta nella collezione dell’istituzione.

Jean-Michel Basquiat, Free Comb with Pagoda, 1986

Jean-Michel Basquiat, Free Comb with Pagoda, 1986

IL PROBLEMA DELLA DIGITALIZZAZIONE

A questo punto è da vedere quali politiche adotteranno le istituzioni culturali relativamente alla digitalizzazione del proprio patrimonio, ovvero se, in un’ottica di ottimizzazione del profitto e sulla base di partenariati con privati che forniscono il necessario supporto tecnologico, punteranno a un maggiore controllo della digitalizzazione creando riproduzioni digitali uniche (o in edizione limitata) e autentiche di maggior valore economico proprio in virtù dell’unicità oppure se, in un’ottica di accessibilità del patrimonio culturale, renderanno libere le riproduzioni, facendo uso per esempio delle licenze creative commons.
Quale sarà l’andamento di questo “fenomeno” è ancora presto per dirlo, perché alla complessità delle nuove tecnologie si affiancano eventi più o meno prevedibili che incidono sulla vita dell’opera digitale in NFT. Si consideri, per esempio, l’aspetto della conservazione e della fruizione futura di queste opere in relazione alla nota tematica dell’obsolescenza tecnologica; c’è poi il problema dell’energia e della sostenibilità ambientale, essendo prodotti che necessitano di energia in tutto l’arco della loro esistenza, che va dalla creazione alla fruizione estetica, passando per la commercializzazione e la conservazione.

Raffaella Pellegrino

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #67

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LA REPLICA DI CINELLO

Cinello ha realizzato un brevetto registrato in Italia, Europa, Cina e Nord America, per la realizzazione dei DAW (Digital Artworks). Durante la mostra di febbraio 2022 a Londra presso la galleria Unit London sono stati venduti dei DAW. Cinello non commercia NFT e non accetta pagamenti in crypto valuta, ma soltanto in valuta FIAT.
I diritti delle opere riprodotte restano in capo ai musei proprietari, Cinello detiene i diritti del brevetto registrato e dunque dei DAW (Digital Artworks).

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Raffaella Pellegrino

Raffaella Pellegrino

Raffaella Pellegrino è avvocato cassazionista, iscritta all'Ordine degli Avvocati di Bologna dal 2003. Si occupa in via prevalente di diritto d’autore e proprietà intellettuale e in queste materie svolge attività di consulenza legale a favore di imprese culturali e creative,…

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