Nel corso degli anni abbiamo visto quanto i supporti digitali abbiano invaso – letteralmente ‒ogni ambito della nostra vita, modificando non solo la nostra esistenza ma alterando la percezione di tempo e di spazio. Questi ultimi, “piegandosi su sé stessi, sono diventati uno schermo”, così scrive il curatore Porter Ducrist nel testo critico che accompagna la mostra Broken Screen, visibile presso Spazio IN SITU a Roma, “una superficie all’interno della quale immergersi e aprire una quantità di finestre verso un presunto futuro”. La parola “presunto” non è stata scelta a caso dal curatore, il quale intende aprire diversi quesiti sul digitale e sull’attuale stato dell’arte. Arte che diventa “sempre più immersiva” e che amplifica “le interazioni con il pubblico, seguendo l’andamento della società”. Sempre più ‘spettacolare’, insomma.
BROKEN SCREEN: LA MOSTRA DA SPAZIO IN SITU
Varcando la soglia della mostra, il tempo si ferma e lo spazio diventa una superficie piatta sulla quale è difficile fare presa. Il progetto trasforma l’intero artist run space in un grande desktop dove il pubblico vaga tra le opere come un puntatore. Ognuno intraprende il proprio percorso rapito dagli input ricevuti dai diversi lavori, a partire dal futuristico divano del duo Barbezat Villetard, per poi soffermarsi sulle sculture e sui video firmati da Rowena Harris e Marco Strappato. Le sfumature giallo-viola della carta da parati di Cédric Raccio avvolgono gli spettatori in uno sconfinato tramonto, per poi mescolarsi alle tonalità grigio scure delle tele di Maurizio Vicerè e a quelle candide e luminose di Sarah Ancelle Schönfeld. Le scritte intermittenti di Fabien Zocco proiettate sulle finestre e la performance di Vincent Tanguy mettono in relazione il “dispositivo mostra” con il mondo esterno, creando un ponte tangibile tra il virtuale in cui siamo immersi e la realtà che ci circonda.
Valentina Muzi
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