Un’opera realizzata da un’intelligenza artificiale vince una competizione artistica
Le applicazioni basate sull'intelligenza artificiale che producono immagini stanno facendo passi da gigante. Sono in grado di generare infinite immagini a partire da un input testuale. La battaglia tra apocalittici e integrati è già iniziata
Nei forum di Reddit e Facebook, nelle discussioni di Twitter e nelle chat di Discord il dibattito era esploso già da diversi mesi. Le immagini generate utilizzando i programmi di intelligenza artificiale possono essere considerate opere d’arte? E soprattutto, possono essere firmate da una persona? E se una di queste immagini dovesse ottenere un riconoscimento, sarebbe meritato? Alla fine, lo scenario ipotetico è diventato realtà: pochi giorni fa l’americano Jason M. Allen ha vinto un premio di 300 dollari usando un programma di AI, piazzandosi al primo posto della Colorado State Fair Fine Arts Competition nella categoria “arte digitale/fotografia manipolata digitalmente”. La sua opera, intitolata Théâtre D’opéra Spatial, è stata generata tramite Midjourney, una delle tante applicazioni basate su machine learning (apprendimento automatico) che stanno spopolando online dalla scorsa primavera, generando entusiasmo ma anche qualche legittima preoccupazione.
DA DALL·E 2 A MIDJOURNEY: LE NUOVE AI TEXT-TO-IMAGE
La particolarità di questa nuova generazione di intelligenze artificiali, a cui appartengono anche DALL·E 2, Stable Diffusione e Crayion, consiste nella capacità di produrre immagini, anche molto complesse e talvolta iperrealistiche, a partire da un input testuale; vengono infatti definite applicazioni TTI (text-to-image). E anche se la scrittura di questi testi, che in gergo si chiamano prompt, si sta rapidamente trasformando in una disciplina a sé stante – tanto da far emergere una nuova figura, quella del prompter o prompt-artist – nella comunità artistica sono molti a ritenere che il contributo umano in questi casi sia un troppo esiguo e che la macchina svolga gran parte del lavoro. Ma aldilà della questione filosofica, che tira in ballo l’eterno dibattito sulla natura dell’autorialità artistica e sul rapporto tra arte e tecnologia, il funzionamento di queste nuove applicazioni apre uno scenario controverso perché mette concretamente in pericolo alcune professioni (illustratori, disegnatori, concept artist, fumettisti), generando un terremoto culturale che molti hanno paragonato a quello innescato nell’industria delle immagini dall’invenzione della fotografia.
AI: I PROBLEMI DI COPYRIGHT E DI CONSUMO ENERGETICO
Inoltre, queste intelligenze artificiali vengono addestrate tramite l’utilizzo di vastissimi database di immagini preesistenti, e le immagini vengono generalmente raccolte in maniera indiscriminata tramite una specie di “pesca a strascico” online che finisce per inglobare tutto ciò che incontra. Quindi anche opere di altri artisti, materiale protetto da copyright e persino immagini oscene e violente. Infine, non è possibile ignorare la tematica ambientale: come accade anche per la blockchain, l’intelligenza artificiale è una tecnologia che per funzionare richiede un altissimo consumo di energia e risorse computazionali. David Holz, il fondatore di Midjourney, che parla della sua AI come di “un motore per l’immaginazione”, ammette che il consumo di risorse è senza precedenti per un prodotto consumer: “ogni immagine richiede petaops”, ha spiegato in un’intervista a The Register, usando un termine tecnico che significa 10^15 operazioni al secondo, “quindi migliaia di trilioni di operazioni. Non so esattamente se siano cinque, dieci o cinquanta. Ma sono 1000 trilioni di operazioni per creare un’immagine”.
LE OPERE AI SONO LE BANANE DI CATTELAN DEL MONDO DIGITALE?
La notizia del premio assegnato dalla Colorado State Fair Fine Arts Competition ha quindi comprensibilmente acceso gli animi, portando questo tema alla ribalta anche nelle pagine di quotidiani e riviste non specializzate. L’artista ha infatti annunciato la propria vincita online, senza probabilmente aspettarsi una reazione così ampia e violenta. “Questa è la definizione letterale di ‘premere alcuni pulsanti per creare un’opera d’arte digitale’”, ha twittato un utente in risposta, seguito da un altro utente che ha commentato “le opere d’arte AI ormai sono la ‘banana attaccata al muro’ del mondo digitale”, con riferimento alla famigerata banana di Maurizio Cattelan (Comedian, 2019). L’indignazione, insomma, è legata alla presunta “facilità” con cui l’immagine è stata realizzata, alla mancanza di “fatica”, “competenza” e “lavoro”. Jason M. Allen – sostenuto da altri artisti che si stanno appassionando a questa tecnologia – si è difeso sottolineando che non basta inserire una frase a caso, e che per raggiungere il risultato finale è necessario fare innumerevoli prove, raffinare il prompt e comprendere lo strumento: “non è che semplicemente metti insieme delle parole e vinci concorsi”, ha risposto. E ha aggiunto che per produrre le tre immagini inviate alla competizione ha dovuto lavorare oltre 80 ore, utilizzando non soltanto Midjourney ma anche altri software come Photoshop e Gigapixel. “Piuttosto che odiare la tecnologia o le persone che ci sono dietro, dobbiamo riconoscere che si tratta di uno strumento potente e usarlo a fin di bene, in modo da poter andare avanti anziché limitarsi a tenere il broncio”, ha concluso. Il dibattito, tuttavia è soltanto all’inizio.
– Valentina Tanni
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