Il Nxt Museum di Amsterdam – istituzione fondata nel 2020 con l’intento di esplorare le potenzialità dei nuovi media – giunge al suo terzo progetto espositivo con una retrospettiva che ripercorre la produzione del collettivo Random International, fondato dai tedeschi Hannes Koch e Florian Ortkrass nel 2005. Life in a Different Resolution, a cura di Bogomir Doringer, raccoglie alcuni dei lavori più rappresentativi dei vent’anni di carriera del duo, tra cui la prima presentazione europea della celebre stanza immersiva Living Room.
La mostra di Random International al Nxt Museum di Amsterdam
Negli ultimi 20 anni, Random International ha esplorato, spesso anticipando i tempi, i temi della “machine vision”, dell’intelligenza artificiale, della privacy e dell’impatto della tecnologia sull’uomo. Ed è il rapporto tra visibilità e invisibilità ad essere centrale in Presence and Erasure: tema che assume sfaccettature complesse che si intersecano con i temi della privacy, del riconoscimento facciale ma anche della voglia di protagonismo che talvolta prevarica sulla tutela della nostra stessa riservatezza. Con il soundscape a cura del compositore giapponese Mamiko Motto, il visitatore si trova al centro di un’operazione che svela i meccanismi di accettazione della tecnologia di sorveglianza. Entrati nella sala, un sensore scansiona i volti dei presenti, e li imprime in una tela di dimensioni monumentale: una superficie fotocromatica, dove dopo poco tempo i volti si dissolvono per lasciare spazio ai successivi. La soddisfazione nel veder il proprio ritratto sulle pareti del museo prevarrà sul disagio di essere stati fotografati senza consenso? Come i volti sulla tela, la risposta varia da persona a persona.
La co-creazione tra uomo e macchina nella mostra ad Amsterdam
Se l’interazione tra pubblico e opera d’arte – quello che Hannes Koch e Florian Ortkrass definiscono il fenomeno della “co-creazione” – è già protagonista assoluta di Presence and Erasure, lo stesso concetto torna in Our Future Selves. È infatti con la propria presenza (e attraverso il movimento) che l’osservatore attiva l’installazione: su un reticolo tridimensionale, dei puntini luminosi compongono l’immagine a bassa risoluzione del corpo che vi passa vicino. Il movimento, però, non è sincrono, ma speculare: un incontro che supera il tempo e lo spazio. Si è di fronte al riflesso di se stessi dal futuro? Si ha davanti un fantasma che è stranamente familiare, e che allo stesso tempo affascina e attira.
La forma minima e la Living Room di Random International
È ancora uno studio sulla forma minima, scomposta in punti essenziali ma immediatamente riconoscibili, che torna in Fifteen Points. L’installazione attinge a uno studio sulla figura umana, che viene individuata nella sagoma fatta dai 15 punti di luce messi in moto da una macchina. Alla sua attivazione, quei 15 punti si posizionano e si muovono (questa volta sulla partitura del compositore giapponese Chihei Hatakeyama) mimando il corpo umano: una riflessione unica sul rapporto tra soggettività umana e oggetto elettronico. Infine, impossibile non citare l’ormai iconica stanza immersiva Living Room, nata dall’idea di uno spazio concepito come un’entità vivente. Sul soundscape di Signe Lykke, la fisicità del corpo dello spettatore viene oltrepassata, quasi trafitta da questo reticolato di luci, impalpabili eppure stranamente solide. La stanza inizia a cambiare, mentre i fasci luminosi delineano percorsi nella sala buia. Torna così il tema della co-creazione: “condurremo, saremo guidati o inizieremo organicamente una danza autonoma?”.
Laura Cocciolillo
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