La fotografia nei videogames. Se n’è parlato per la prima volta parlato a Milano in un festival
Documentazione, sovversione, e intricate questioni di diritto d’autore. Questi alcuni dei temi che sono stati esplorati durante questo primo convegno italiano dedicato alla virtual photography, meglio nota come fotografia nei videogiochi
Il 14 e 15 marzo 2024 si è tenuto all’università IULM di Milano Fotoludica, primo convegno italiano dedicato alla virtual photography, la fotografia praticata all’interno di videogiochi. Curato da Matteo Bittanti (università IULM) e Marco De Mutiis (Fotomuseum Winterthur), Fotoludica ha avuto ospiti come gli artisti Joseph DeLappe, che ha ripercorso le sue opere e la loro relazione con la fotografia insieme alla curatrice Laura Leuzzi, e Simone Santilli, che ha raccontato i paralleli tra la pratica fotografica nel videogioco di colonizzazione spaziale No Man’s Sky di Hello Games (2016) e nel Nord America della seconda metà del XIX secolo.
I temi di Fotoludica primo convegno italiano di virtual photography
Tre i temi principali trattati. La virtual photography come strumento di documentazione e preservazione, per esempio di performance artistiche avvenute all’interno di spazi virtuali. La virtual photography come occasione sia di sovversione sia, da parte delle compagnie, di estrazione di valore, per esempio come strumento di marketing. La questione del diritto d’autore, che intervenendo su Artribune l’artista Mik Bromley aveva individuato come centrale nel possibile affermarsi della virtual photography come pratica autorevole e riconosciuta.
Copyright e virtual photography
Su questo terzo tema è intervenuto anche Gabriele Aroni della School of Digital Arts della Manchester Metropolitan University. Chi possiede i diritti di riproduzione di un’immagine statica ottenuta da un videogioco? Che, nell’ottica del concetto statunitense del fair use, vuol dire chiedersi se un’opera di virtual photography sia abbastanza trasformativa, se sia una nuova opera originale rispetto al videogioco da cui deriva. C’è chiaramente un passaggio di medium (da software a immagine), ma il problema interroga la natura stessa dell’opera videoludica, che è fatta sia da componenti fisicamente parte del codice del gioco stesso, cioè il codice propriamente detto, le immagini, i suoni e gli elementi 3D, tutte entità chiaramente coperte da copyright, sia dall’atto stesso del giocare, senza il quale il gioco effettivamente non esiste. Per Aroni, chiedersi se la virtual photography è una pratica creativa e autoriale è quindi prima di tutto chiedersi se l’atto del giocare stesso (che è ciò che la fotografia immortala) è una pratica creativa e autoriale. Se la risposta è affermativa, chi gioca partecipa come coautore alla performance videoludica, e quindi al momento di gioco (se non predeterminato, come nel caso dei filmati) immortalato dalla foto. Perché l’immagine finale sia sufficientemente originale è però necessario che sia possibile anche una certa varietà visiva dei suoi risultati: chi gioca deve poter riarrangiare con una certa libertà le componenti del gioco. Per esempio, un gioco in cui è possibile spostare il punto di vista permette di creare immagini più originali rispetto a un videogioco con visuale fissa o comunque molto limitata. Se queste condizioni sono verificate, e non viene specificato altrimenti negli accordi di utilizzo del software accettati per giocare, le opere divirtual photography potrebbero allora essere considerate opere originali.
Il Milan Machinima Festival 2024
Nei pomeriggi del 14 e 15 marzo si è inoltre tenuta, sempre a IULM, l’edizione 2024 del Milan Machinima Festival diretto da Bittanti e dedicato al cinema realizzato nei videogiochi o con i set di strumenti pensati per lo sviluppo di videogiochi (i game engine). Tra le opere presentate, segnaliamo il notevole cortometraggio Uncanny’s Dream di Elia “marasma” Strazzacappa, che trasforma Il sogno di Maria di Fabrizio De Andrè nella colonna sonora degli spazi liminali di Half-Life 2 di Valve (2004), e il videosaggio As far as the drone can see di Steven Cottingham, dedicato alla rappresentazione della guerra e del genere nella simulazione bellica Arma 3 di Bohemia Interactive (2013). Il premio della critica è stato invece vinto da Crowd Control di Jonathan Carroll e Cat Bluemke (SpekWork Studio), studio sulla rappresentazione della folla nella Parigi rivoluzionaria di Assassin’s Creed: Unity di Ubisoft (2014).
Matteo Lupetti
SCOPRI QUI il festival
ACQUISTA QUI il libro My favourite game. Fotografia e videogioco di Simone Santilli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati