Gestire le opere, le collezioni e l’arte con un software. Intervista a SpeakART
Dall’organizzazione delle collezioni al condition report, dalle assicurazioni alla logistica: il software SpeakART aiuta collezionisti e imprese nella gestione delle informazioni relative alle opere d’arte
Grazie a SpeakART creare, catalogare, aggiornare e tracciare i documenti relativi allo storico e allo status di un’opera d’arte non è mai stato così facile. Un progetto nato da un’esigenza personale della fondatrice, Angelica Maritan, che ci racconta la sua storia e i tratti peculiari della sua creazione.
Intervista a SpeakART
Raccontaci come è nato il progetto.
Il progetto SpeakART è nato da una passione che ho sempre avuto per l’arte e che mi è stata trasmessa dai miei genitori.
Una necessità personale di ordinare e creare un’archiviazione degna di questo nome per la collezione di famiglia, mi ha spinta a guardare l’arte non più solo come un’appassionata fruitrice, ma anche da un punto di vista più tecnico. Ho percepito una carenza generalizzata in questo senso, pertanto ho deciso di colmare creando un software: così è nato SpeakART.
Inizialmente è stato sviluppato un algoritmo, poi brevettato, che mette a confronto immagini ad alta risoluzione della stessa opera per evidenziare danni e falsi.
La soluzione si è poi evoluta con il collection management system, la possibilità di creare report specifici, l’apertura a tutti i beni da collezione e infine la verticale dedicata al mondo assicurativo.
Quali sono le competenze del team fondatore dell’iniziativa?
SpeakART è nata da una mia idea molto semplice, fare meno fatica per gestire le collezioni. Il mio background e la mia propensione per le nuove tecnologie, mi hanno spinta a creare un sistema che fosse “diverso” dagli altri, che aiutasse ad abbattere l’errore umano, conservasse correttamente il dato, facilitasse le ricerche e permettesse di lavorare con gli oggetti catalogati.
Le competenze che per me sono state fondamentali per far nascere ed evolvere SpeakART in modo lineare, con una crescita costante, sono state l’esperienza maturata nella gestione aziendale, la mia formazione tecnica e la mia conoscenza dell’arte e delle sue dinamiche.
Non ultimo, la resilienza che ho acquisito lavorando in ambienti “complicati” come le piattaforme e i cantieri, mi ha permesso di superare le difficoltà incontrate senza perdere di vista l’obiettivo.
Qual è la vision e la mission di SpeakArt?
La vision di SpeakART è creare un sistema trasversale per tutti gli attori del settore arte e collectibles, in particolare i soggetti che, posseggono, espongono, vendono, assicurano, spostano e conservano artefatti artistici.
L’esperienza ci ha permesso anche di dare supporto strategico per approcciare la digitalizzazione di collezioni e processi.
La mission di SpeakART oggi è quella di diffondere best practice e un approccio alla tecnologia equilibrato per far colloquiare con lo stesso strumento i player del settore.
Descrivi esattamente cosa fa SpeakArt e i risultati raggiunti.
SpeakART è un software che viene erogato in licenza. Artisti, archivi, collezionisti, musei, esperti, family officer, assicurazioni, broker, compagnie di logistica possono trarre beneficio dall’utilizzo della nostra tecnologia poiché essa permette di catalogare collezioni diversificate – con campi specifici – per ogni tipologia di oggetto.
Con SpeakART si possono registrare collezioni ed esposizioni, risalire alla geolocalizzazione degli oggetti, salvare media e documenti e creare una cronologia degli eventi.
Attraverso il software si possono stilare vari documenti come: report di valutazione, report di restauro, condition report, status report.
SpeakART Insurance (SPIN), la verticale dedicata al mondo assicurativo, permette di registrare polizze ed offerte, salvare lo storico e, attraverso degli automatismi, generare gli output desiderati, come certificati ed inventari assicurativi.
Infine, SpeakART agisce attraverso un sistema di permessi, molto granulari in tutto il sistema, che permettono di lavorare erogando le deleghe specifiche a tutti coloro che interagiscono con un certo profilo utente e di invitare terze parti non solo limitandone l’attività, ma anche controllando su quali oggetti possono lavorare.
Quali sono gli obiettivi futuri? Qual è il sogno nel cassetto?
Il primo obiettivo è sicuramente continuare a fare la differenza in positivo per i nostri clienti. Rendere loro il lavoro più facile grazie alla tecnologia e ottimizzare le loro risorse, offrendo sempre più servizi di supporto.
Il secondo obiettivo – la cui realizzazione è già stata avviata – è lo sviluppo della verticale logistica, che ci permetterà finalmente di “chiudere il cerchio”, dando uno spazio di lavoro appropriato anche ad un settore tanto in crescita.
Il mio sogno nel cassetto è quello di far crescere un’azienda dove le persone sono felici di lavorare, dove si creano soluzioni e che si meriti la stima dei clienti. Per ora sembra funzionare dunque… sto realizzando i miei sogni.
Quali sono stati (e quali sono) i problemi maggiori che avete riscontrato nell’avviare una startup nel mondo dell’arte e della cultura?
Il mondo dell’arte e della cultura è stato fino a poco tempo fa, tra i meno digitalizzati. La sensibilità verso la digitalizzazione non era bassa, quando siamo partiti era quasi inesistente. Fino al momento in cui non abbiamo creato il nostro “trust based market” le porte hanno faticato ad aprirsi. Poi le cose sono cambiate e oggi siamo considerati tra “gli anziani” del settore, cosa che ci rende orgogliosi e credibili.
Il mercato nel tempo si è evoluto, soprattutto post COVID, rispondendo in modo diverso e la strategia adottata ci sta dando ragione.Abbiamo dovuto guardare lontano e capire a fondo le necessità del mercato per riuscire ad approcciarlo nella maniera corretta. Ancora oggi facciamo fatica con le istituzioni a far passare il messaggio e a creare quella fiducia che è fondamentale per attivare un “change management”. Ma con pazienza e con una presenza costante ci stiamo arrivando.
Che consiglio daresti ad una persona che vuole avviare un progetto nel mondo dell’arte e della cultura?
Idee chiare, studio preventivo e conoscenza del settore. Queste sono a mio avviso le tre cose che rendono un progetto buono. Per trasformare un progetto buono in un progetto vincente, la strada non è breve e il lavoro da fare è davvero tanto perché il settore arte, soprattutto in Italia, non è né veloce, né paragonabile a mercati economicamente più vantaggiosi.Chiunque voglia avviare un progetto nel settore della cultura deve sapere fin da subito che la strada sarà in salita ed essere disposto e preparato, anche in termini di risorse, ad affrontarla.
Giulio Bozzo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati