L’intelligenza artificiale e il suo doppio in mostra a Verona
Da Fondazione Spazio Vitale una mostra per sfatare i miti e i “mostri” dell’intelligenza artificiale, tra esseri ibridi che fondono umano, animale e vegetale, e opere d’arte create con le sole immagini prese da Internet
È arrivato il momento di ammetterlo: ormai è molto difficile (se non quasi impossibile) dire qualcosa sull’intelligenza artificiale che non sia già stato detto. L’argomento più caldo degli ultimi due anni sembra aver esaurito il suo ciclo, e – sebbene non ci sia dubbio che continueremo a sentirne parlare e a seguirne gli sviluppi – l’hype inizia a calare. Un hype che è stato alimentato, fin dagli albori della vicenda, dall’ambivalenza tra l’entusiasmo più acritico e speranzoso e il panico da rimpiazzo. Mentre nascono le prime leggi per regolamentarne l’uso, e sembra farsi sempre più chiara la luce alla fine di questo polverone, gli artisti continuano a ricercare su questo tema, riuscendo nell’impresa di non banalizzare. Da Fondazione Spazio Vitale – sito espositivo dedicato all’arte e alle nuove tecnologie inaugurato nell’ottobre del 2023 a Verona – una mostra ci riporta tutti con i piedi per terra, ponendoci una fondamentale domanda retorica: dobbiamo credere ai “mostri” creati attorno all’AI, oppure si tratta soltanto dell’ennesima “arma di distruzione di massa”, concepita per far sì che ignoriamo i rischi più concreti e reali di questa forma di intelligenza artificiale?
Il progetto della mostra Per Speculum alla Fondazione Spazio Vitale a Verona
Curata da Domenico Quaranta, Per Speculum. Intelligence and its Double invita l’osservatore ad abbandonare la retorica della “fine del mondo” e ad abbracciare l’intelligenza artificiale come una forma speculare, uno specchio dell’umano e non un’alternativa ad esso – sempre, però, ricordandosi di andare oltre il proprio inevitabile antropocentrismo, per mettere in campo nuove forme collaborative tra uomo e macchina.
Il cuore della mostra alla Fondazione Spazio Vitale a Verona
Varcata la soglia dell’ingresso, la prima installazione a colpire lo sguardo è senza dubbio la monumentale IDLE (acts α and β), attorno alla quale è costruita l’intera mostra. Si tratta di una sorta di “video musicale” concepito dal duo francese Émilie Brout & Maxime Marion, che immagina l’intelligenza artificiale prendere coscienza, con le conseguenti ansie esistenziali e l’emotività che ne consegue.
Miti e mostri dell’intelligenza artificiale nella mostra a Verona
È invece una sfida speculativa all’AI il software interattivo sviluppato di Kamilia Kard, che immagina degli esseri ibridi, fatti di carne (elemento umano) eppure dalla forma floreale (elemento vegetale), che però si muovono come fossero girini (elemento animale). Quello che l’artista mette in discussione è l’efficacia della machine vision, dello “sguardo della macchina”, che si basa su una semplificazione di dati oggettivi. C’è poi Egregore, trittico di Jon Rafman, in cui le immagini raccolte negli anni su Internet vengono rielaborate fino a dare forma a un inconscio collettivo nato online.
Al piano interrato – che apre per la prima volta in quest’occasione – troviamo una piccola sala cinema che ospita le proiezioni di Silvia Dal Dosso, Lorem, Sanela Jahić e Daniel Felstead & Jenn Leung.
Laura Cocciolillo
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