In un presente caratterizzato da un’accelerazione apparentemente inarrestabile, in cui la tecnologia sembra aver superato i limiti umani e l’antropocentrismo viene messo irrimediabilmente in discussione, cos’è la vulnerabilità? Non si tratta più di uno stato individuale ed emotivo, ma di una condizione collettiva – e non solo umana, ma anche “più-che-umana”, che coinvolge la natura e gli ecosistemi minacciati dal cambiamento climatico. Questo il tema scelto da Elena Gubanova e Silvia Burini per CYFEST, festival itinerante di media art fondato nel 2007 e giunto quest’anno alla sua 15esima edizione.
La 15esima edizione del CYFEST approda a Venezia
Dopo le scorse edizioni a Yerevan in Armenia e a Miami negli Stati Uniti, la kermesse fa tappa a Venezia, sull’isola della Giudecca, ospitata da CREA Cantieri del Contemporaneo. Indagando la vulnerabilità, intesa in questo caso come una “anti-fragilità” dei sistemi non solo biologici, ma anche sociali e tecnologici, gli artisti selezionati – tutti di caratura internazionale – presentano lavori principalmente multimediali, o che presentano una processualità legata all’automazione, al digitale o cibernetico. Un filone tematico emerge chiarezza: quello del rapporto tra tecnologia e natura, che accompagna il visitatore per i due piani dello spazio espositivo, a partire dal progetto multidisciplinare Drop Tracer di Tuula Närhinen, uno studio sulla forma delle gocce di pioggia catturate dall’artista in un vetrino e poi ingrandite macroscopicamente.
Tra tecnologia, science art e natura
La scienza – o la science art – è quasi sempre presente: la ritroviamo nell’opera di Ann Marie Maes, una sorta di coltura batterica su grandi tessuti, che espandendosi mette in scena una riflessione sull’importanza della vita microbica da un punto di vista post-umano, ma anche (seppur in modo diverso) nello studio di Mariateresa Sartori, che propone una ricerca estetica sulla geologia attraverso dei frottage dalle rocce della cava di Rosà, in provincia di Vicenza, che ricordano una catalogazione scientifica (ma che in realtà presentano un carattere puramente formale). C’è poi il suggestivo lavoro di video arte di Fabrizio Plessi, che attraverso un “totem” di schermi riflette sul concetto di energia, rappresentato dalla potenza tanto generativa quanto distruttiva del fulmine. E poi ancora l’installazione performativa del collettivo russo Where Dogs Run, che “visualizzano” la geometria del frattale di Mandelbrot attraverso pattern matematici riprodotti con un intreccio a maglia.
Laura Cocciolillo
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