Tutta la banalità dell’industria dei videogiochi nella nuova serie “Secret Level” su Prime

15 cortometraggi animati, ciascuno ispirato a uno dei marchi di videogiochi più celebri, tra cui Pac-Man e Mega Man. Ma nonostante questi buoni presupposti risulta piuttosto banale e ultraviolenta. Ecco la nostra recensione

Secret Level è una raccolta di quindici cortometraggi animati, ognuno ispirato a un marchio del mondo dei videogiochi. La serie è stata distribuita in due gruppi di episodi a dicembre 2024 sul servizio di streaming Amazon Prime Video. Ed è un ottimo esempio della monotonia di una certa industria videoludica e della banalità con cui viene rappresentata e discussa.

“Secret Level”: la serie animata sui videogiochi di Amazon Prime Video

Secret Level è stato realizzato da vari studi in USA ed Europa coordinati da Amazon MGM Studios e Blur Studio di Tim Miller, creatore della serie animata (sempre a episodi autoconclusivi) Love, Death & Robots per Netflix e regista del primo film della serie cinematografica Deadpool. Miller ha lavorato direttamente a Secret Level, supervisionando la raccolta e scrivendo uno degli episodi. Le fonti vanno da serie storiche come Mega Man di Capcom, nata nel 1987 su Nintendo Entertainment System, a un’opera pubblicata senza il supporto della grande editoria (Spelunky di Mossmouth, 2008) fino a videogiochi recenti e ad altissimo budget come Concord di Sony Interactive Entertainment, uscito nel 2024 dopo otto anni di lavoro e 400 milioni di dollari di spesa e ritirato dalla vendita dopo appena due settimane a causa del suo flop. C’è persino un cortometraggio tratto da un videogioco ancora non uscito: Exodus di Archetype Entertainment, uno studio di sviluppo videogiochi di Hasbro.

I videogiochi raccontati da “Secret Level”

Potrebbe sembrare un’ampia e varia proposta, capace di coprire svariati toni e generi e di dare quindi una rappresentazione piuttosto completa del mondo del videogioco. Come sono, quindi, i videogiochi visti attraverso la serie Amazon Secret Level? I videogiochi sono fotorealistici o comunque cercano un certo fotorealismo (10 episodi su 15), incentrati su azione e violenza (13 su 15) e spesso sulle sparatorie (7 su 15) e hanno ambientazioni o fantascientifiche (9 su 15) o fantasy (6 su 15). Tutto qui. Già la precedente serie di cortometraggi animati di Miller, Love, Death & Robots, era a volte piuttosto omogenea, sia visivamente sia tematicamente. L’estrema monotonia di Secret Level sembra però dimostrare la scarsa maturità artistica e l’uniformità di una parte del mondo del videogioco e della rappresentazione che ne dà l’industria. La stessa industria che altrove insiste sul valore culturale del videogioco e aspira a quel prestigio oggi riconosciuto per esempio alle serie televisive.

La serie animata di Amazon “Secret Level”: poca trama e tanta violenza

Le trame degli episodi di Secret Level sono solitamente o molto semplici, o totalmente diverse da quelle dei videogiochi a cui si ispirano, o entrambe le cose. I videogiochi non sembrano capaci di dare spunti narrativi che vadano oltre la scusa per qualche sequenza di combattimento o trame e personaggi tipici di ben definiti generi soprattutto cinematografici. Persino Pac-Man di Bandai Namco, un videogioco che all’epoca della sua uscita (1980) si propose come alternativa alla violenza militarista già dilagante nel settore, in Secret Level viene reinterpretato in chiave cruda e ultraviolenta. Tra l’altro, per promuovere una simile reinterpretazione del marchio nel videogioco di prossima uscita Shadow Labyrinth. Se le trame dei videogiochi non paiono poter dare molti spunti a cortometraggi, ancora meno spunti paiono poter dare le loro meccaniche ludiche. Provano a parlarne tre episodi, limitandosi però a commentare il ciclo di morti e rinascite alla base di molti videogiochi. Mentre l’ultimo episodio, Playtime: La consegna, si apre con una critica alle pratiche di gamificazione e alle meccaniche dei videogiochi per dispositivi mobili, ma alla fine la sua semplicissima storia sfocia solo in una celebrazione di vari marchi legati alla console PlayStation di Sony. È quindi un po’ paradossale che l’unico cortometraggio effettivamente interessato a discutere temi filosofici come predeterminazione, libero arbitrio e limiti di un modello meccanicistico dell’universo sia tratto proprio da un videogioco per smartphone: Honor of Kings di Tencent (2015), il videogioco di maggior successo in assoluto al mondo.

Matteo Lupetti

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Matteo Lupetti

Matteo Lupetti

Diplomato in Fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010, gestisce il collettivo di fumettisti indipendenti Gravure e scrive di videogiochi per varie testate italiane ed estere. È diplomato in sommelerie all’interno dell’associazione FISAR ed è direttore artistico…

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