Tik Tok bannato in America? Un altro social cinese sta diventando l’alternativa
Scaricatissimo in un giorno solo e già mezzo colonizzato, il social cinese RedNote - con un nome che rimanda direttamente alle lezioni di Mao - è preferito dagli utenti ai prodotti Meta. Complice la svolta a destra di Zuckerberg
Si può dire che siano state l’avidità e la sete di controllo, soprattutto dell’informazione, a gettare migliaia di utenti americani (e i loro dati) tra le braccia di una nuova big tech cinese. All’approssimarsi del ban di TikTok – la messa al bando del “social media dei video” supportata da un gruppo di membri del Congresso degli Stati Uniti – gli utenti sarebbero dovuti tornare su Instagram, Facebook, magari YouTube. Ma così non è: “Piuttosto che rimettere piede su Facebook torno su Tumblr“, scrive un’utente di TikTok. “Obbligare le persone a guardare i Reel di Instagram dovrebbe essere considerato contro i valori dell’America“, scherza un altro. “Ora cancello tutti i social di Meta, non mi vedono più“, dichiara un terzo. E mentre cancellano davvero le proprie iscrizioni a ritmi serrati, consapevoli del peso avuto dal competitor nel volgere degli eventi, i 170 milioni di utenti americani si chiedono dove spostare la conversazione nel caso in cui il Congresso decidesse di andare fino in fondo con il suo proposito. Per alcuni la risposta è Snapchat, per molti altri la scialuppa di salvataggio arriva dall’altra parte del Pacifico.
Cos’è l’app RedNote e perché la scaricano tutti
“Siete i benvenuti! Questa app nasce come sito di recensioni, ma ha moltissime funzionalità, e potete metterla anche in inglese!”. L’amichevole volto che appare sugli smartphone di mezza TikTok America è quello del Ceo di Xiaohongshu, app lanciata nel 2013 (allora con un focus sullo shopping) che oggi conta più di 300 milioni di utenti attivi al mese (di cui l’80% donne). Tradotto dappertutto come “RedNote“, il nome del social in realtà è più simile a “Red Little Book“, Libretto Rosso, proprio come quello di Mao, di cui vuole essere un omaggio. Xiaohongshu è dopotutto una compagnia cinese, come TikTok: ecco che la scelta degli yankee è ironica (e maliziosa), dato che è proprio il fatto che la compagnia proprietaria di TikTok (ByteDance) non sia americana a essere diventato negli ultimi anni un grosso problema per il governo statunitense.
Il ban di TikTok e l’impopolarità delle decisioni governative
La motivazione formale del ban è proprio quella secondo cui l’app, non essendo americana, rappresenti “un rischio per l’appropriazione dei dati degli utenti“: un’osservazione che insulta l’intelligenza e la memoria degli americani, considerato che non è passato che un pugno di anni dal processo alla megacorp dei social statunitense Meta proprio per il trattamento dei dati. La verità è molto chiara agli utenti: TikTok è un social molto difficile da manipolare – la vittoria ideologica della Palestina su Israele e la difesa di Luigi Mangione sono gli esempi più evidenti -, e grazie al suo algoritmo che premia le interazioni positive (e non quelle rabbiose o indignate, come Meta o X) e il dialogo diretto è diventato la principale agorà delle giovani generazioni, che qui organizzano pure proteste e boicottaggi.
Cosa che diventa sempre più impensabile altrove visto l’imbarazzante inchino di Mark Zuckerberg a Trump e all’estrema destra americana, con tanto di rimozione dell’attuale meccanismo di fact checking da Instagram e Facebook perché “censorio” (lungo la linea dettata da X/Twitter). In questo contesto, TikTok si profila sempre più chiaramente come una minaccia, da cui la scure della messa al bando, che sarà decisa (o rimandata e, sperano in molti, revocata) il prossimo 19 gennaio. Come se questo potesse portare nuova linfa a Meta! “Piuttosto che guardare i video su Instagram“, dice un utente su TikTok, “mando una busta a casa di Xi Jinping con dentro tutti i miei dati e il mio DNA“. Non proprio il “Sogno Americano” sperato da Trump e tutto il gruppo di Project 2025. Sarà per questo che girano voci che il patron di X Elon Musk voglia comprare le operazioni di TikTok negli Stati Uniti? Un’ipotesi che però la compagnia cinese ha rapidamente bollato come “pura finzione”.
Il futuro dei “rifugiati di TikTok” è su RedNote?
Quindi cosa possono aspettarsi i “rifugiati di TikTok” (questo il nome ufficiale dei futuri esuli) da RedNote? L’app offre un mix di immagini, video di breve durata e post testuali nei feed “Segui”, “Esplora” e “Nelle vicinanze”, con un aspetto simile a Pinterest. Gli americani hanno già cominciato a entrare e fare gruppo, portando l’app, con il tam tam, a diventare la più scaricata del 13 gennaio su App Store US tra quelle gratis. Non che prima fosse sconosciuta: stando a Bloomberg, Xiaohongshu ha superato 1 miliardo di dollari di profitti lo scorso anno, viaggiando sull’onda lunga dell’impennata di download di cui ha goduto nella Repubblica Popolare dopo la pandemia. Per gli esodati, in questi giorni, l’accoglienza è stata calorosa, e c’è già chi sta imparando il cinese.
Ora la palla passa al Congresso, ed è una palla spinosa. Oltre all’impopolarità della proposta – molti hanno commentato che “non abbiamo il pane e ci hanno pure bruciato il circo” -, c’è infatti un altro fattore non proprio secondario di cui tenere conto: TikTok permette a centinaia di migliaia di persone di mantenersi, sia con i profitti dei video, sia come piattaforma di pubblicizzazione delle proprie attività commerciali o creative, e lo fa nella tempesta di un mercato del lavoro depresso e complicato. E allora che tornino sui loro passi: anche perché, con la sola forza della ripicca, i giovani non ci penseranno due volte prima di mettersi a studiare il mandarino.
Giulia Giaume
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