Il mondo deterministico delle intelligenze artificiali e la possibilità di sorprenderci umani
Il pericolo dell’AI, basata su algoritmi predittivi, è di aumentare la tendenza umana all’abitudinarietà. Tuttavia, la stessa potrebbe essere usata per ampliare gli orizzonti delle persone aumentando gli stimoli tanto in termini culturali quanto relazionali...

Nel mondo delle intelligenze artificiali, che sviluppano o replicano pensieri e linguaggio, è necessario riflettere sul ruolo delle relazioni umane come elemento di imprevedibile crescita personale.
Parafrasando un’efficace affermazione di Luciano Floridi, direttore del Digital Ethics Lab e professore universitario a Bologna e presso l’Oxford Internet Institute: l’intelligenza artificiale non rappresenta un pericolo di per sé; ma sono rischiosi gli sforzi che la società compie per adeguarsi ad essa, al fine di svilupparne al meglio le potenzialità.
La propensione al determinismo: una tendenza sempre esistita
Frequentare le stesse persone. Leggere le stesse riviste. Adottare comportamenti abitudinari, che di fatto riducono la possibilità di aprirci a stimoli imprevisti, sono tendenze sempre esistita. Riducendo le possibilità di “errore”, facilitiamo l’applicabilità di un approccio deterministico alla nostra esistenza: finendo così per essere il risultato lineare di un insieme più o meno esteso di variabili.
Ruolo della cultura, in questo contesto, è rilanciare l’importanza di quel concetto di “altro” che negli ultimi anni è stato declinato soprattutto in una logica di “inclusività”; ma che invece andrebbe riscoperto nella sua dimensione più centrale: includere nuove connessioni, nuove persone, nuove relazioni, nuovi stimoli e spunti.
Con “Replica Italia” l’AI trasforma la propensione al determinismo in un’app
Per comprendere l’entità di queste riflessioni, è esplicativo analizzare la visibilità mediatica che sta acquisendo in questi giorni Replica Italia, piattaforma realizzata da una start-up italiana che, a dispetto dell’evocativo nome, non mira a creare un “gemello digitale” del nostro territorio, ma della popolazione italiana per agevolare ricerche di mercato, simulazioni e campagne pubblicitarie.
In pratica, le abitudini degli italiani, specialmente in alcuni settori, sono ritenute talmente prevedibili da poter affidare indagini di mercato preliminari per il lancio di nuovi prodotti all’intelligenza artificiale. Soluzione su cui diverse aziende stanno investendo anche alla luce della notevole riduzione dei tempi e costi precedentemente legati agli studi e ai test.
Ipotizzando un’estesa diffusione del modello, alcuni prodotti saranno lanciati sul mercato italiano a seguito di feedback indicati dall’intelligenza artificiale. In altre parole sarà un’intelligenza artificiale a determinare le preferenze degli italiani.
Ma c’è di più. L’intelligenza artificiale non fornisce solo il “via libera” al prodotto ma determina anche una campagna-lancio preliminare che sviluppa una creatività (termine con cui si indicano i contenuti delle campagne pubblicitarie) basata sull’elaborazione dei dati raccolti su consumi e interessi. Ora, poiché disponendo di sufficienti fondi, “la domanda” potrebbe essere effettivamente influenzata dalla comunicazione, sorge la concreta possibilità che un prodotto selezionato e promosso dall’AI possa riscuotere effettivamente successo tra i consumatori. Con il conseguente rischio che l’intelligenza artificiale vada a “viziare” il comportamento del pubblico, influenzandone le preferenze.

Determinismo e AI: una profezia che si autoavvera
In altre parole, sulla base del determinismo la propensione all’acquisto diventerebbe una sorta di profezia che si autoavvera. Dinamica che non aprioristicamente etichettata come “sbagliata” ma che, tuttavia, riflette un’immagine dell’umanità tutt’altro che stimolante.
Tali condizioni, invece, devono indurre ad estendere il focus dal rapporto faziosamente dicotomico umano-non umano, a quello più complesso di umano + non-umano, ovvero teso a far diventare l’umano “più umano” attraverso il non umano (l’AI), sviluppando servizi culturali (in senso stretto) volti a stimolare una cultura (in senso più esteso) più umana e relazionale.
Piuttosto che limitare l’esperienza di visita guidata ad un unico rapporto tra visitatori e patrimonio culturale, si potrebbero immaginare servizi che agevolino una reciproca conoscenza, per rispondere alla sempre più diffusa esigenza di allargare il proprio network di contatti e amicizie. Necessità a cui stanno cercando di rispondere più app digitali che soggetti fisici. Sviluppare servizi che consentano a coloro che vogliono andare a teatro o a cinema ma sono da soli, di trovare una persona con cui condividere questa esperienza.
L’Intelligenza Artificiale come potenziale antidoto alla solitudine
Molte persone, soprattutto nelle grandi città, vivono una condizione di solitudine percepita. La cultura, come momento esperienziale autentico, può colmare tale sensazione rispondendo a un bisogno. Favorendo, nel frattempo, uno scambio relazionale meno lineare che possa far recuperare quella sensazione di “comunità”, centrale per il pieno sviluppo delle capacità dell’individuo.
Insomma, l’AI esiste e quindi è bene riflettere su quali siano i bisogni della nostra società a partire dalla cultura e dal consumo culturale, intesi come strumenti attraverso cui rispondere a una domanda stratificata e non puntuale. Quante più esigenze la cultura riuscirà a soddisfare, tanto più ci potrà essere una pervasività della vita e del dibattito culturale all’interno del nostro Paese.
Stefano Monti
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