Più che baciarsi, si parlano. Sono seduti su un divano, che Giorgio Verzotti esita se attribuire a una produzione da design o da Ikea. Sono di fronte a un muro bianco e alla destra, davanti a loro, sta un grande quadro bianco, fatto con cartine di sigarette insalivate e appiccicate tra di loro. Intorno c’è la sala sontuosa della Galleria A Palazzo, uno spazio affascinante e sovraccarico, con grandi aree che temperano l’affollamento di suggestioni architettoniche e visive.
La cornice è contemporanea: c’è di tutto e accoglie per metterci in soggezione e darci piacere. Loro vivono, o simulano (anche ciò è contemporaneo, e infatti Simeone Crispino rivendica di aver affrontato da almeno quindici anni il tema del reality show) un’esperienza domestica e quotidiana.
One too many, 15 years later, di Vedovamazzei (Stella Scala, Napoli, 1964; Simeone Crispino, Frattaminore, Napoli, 1962; vivono a Milano), è un’opera iperrealistica. Vista da dietro sembra più un quadro; dalle altre angolazioni più una scultura live. Il suo interesse però non sta tanto nell’iperrealismo: lo sarebbe eventualmente in una società diversa dalla nostra, ma nel nostro mondo così laicamente erotomizzato il realismo di One too many non ha un particolare interesse, né lo aveva in occasione della prima versione, proposta a Milano nel 1996.
Vi sono invece altri motivi d’interesse. I due attori sulla scena sono una coppia per l’opera: nella vita non si erano mai incontrati e sono stati uniti da un ingaggio, dopo il quale, certo, tutto può succedere, ma l’opera non esisterà più. Ora, se è vero che il dato realistico non è in quest’opera così importante (due persone che si baciano non turbano e nemmeno alterano la sensibilità del pubblico), diventa interessante l’indotto politico dell’ingaggio: qualcuno viene pagato per farsi i fatti propri, anche se in modo forzato (speriamo che le due persone si siano piaciute), in un mondo in cui in genere ciascuno, dal giornalista al broker finanziario, viene pagato per assecondare i fatti degli altri.
Un altro elemento d’interesse è l’indagine sul tempo. Esiste una tradizione nell’arte che si concentra su cosa succede a una realtà con il passare del tempo. Vi sono alcuni esempi nella ritrattistica, uno dei quali, importante, è il lavoro sulle sorelle Brown fatto da Nicolas Nixon. Anche con One too many si indaga, dopo quindici anni, su come il tempo altera una realtà espressiva, un’opera. In questo caso il tempo agisce in modo disordinato e complesso, perché si tratta di un tempo-spazio che agisce sull’azione di due attori diversi, in uno scenario affatto diverso, da quelli del 1996. È nondimeno vero che questo lavoro indaga su come cambiano le modalità in cui un gesto semplice e intimo viene agito quindici anni dopo.
Il quadro di cartine di sigarette, quasi di fronte all’opera One too many, è un’evocazione simbolica e forse anche ironica del potere immaginifico della saliva, che peraltro non ho visto utilizzata, durante la mia permanenza in galleria, dai due attori, mentre nella versione del 1996 gli altri due si erano, a quanto dice Simeone Crispino, “procacemente slinguazzati”.
Intorno ci sono poi varie altre opere che ci portano, dalla riflessione a cui si dedica One too many, nel contesto di un’esposizione d’arte contemporanea che resterà esposta intorno al divano lasciato vuoto. Forse con qualche traccia di saliva.
Vito Calabretta
dal 26 febbraio al 31 marzo 2011
Vedovamazzei – One too many. 15 years later
Galleria A Palazzo
Piazza Tebaldo Brusato, 35 – 25121 Brescia
Orario: da giovedì a sabato ore 11-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0303758554; fax +39 0302404417; [email protected]; www.apalazzo.net
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