Come titolo per una collettiva, X economizza l’ingombro di doverne trovare uno che rispecchi tutti gli artisti coinvolti, richiama equazioni e incognite, ma anche il fattore X, i raggi X, Pio X, il cromosoma X. ‘X’, consonante fricativa velare sorda, lettera inconsueta in un alfabeto che la isola nel ristagno delle poche mai usate, difficilmente può far pensare a una mostra erotica.
Ma basta un passo solo tra i nudi di cartone di Keith Farquhar, l’onanismo esplosivo della censurata Judith Bernstein, l’erotismo a pezzetti di Bruno Di Bello, il bizantinismo extra-large di Dorothy Iannone e l’orgia di puppet, apertura e chiusura della mostra, di Nathalie Djurberg, per capire che non si tratta di una mostra di fonologia. Ed è tra il bianco eccessivo delle pareti che ci sovrasta a un tratto il senso: la X di Wade Guyton che troneggia nel dittico in fondo alla sala. X come “X-rated”. Molte opere in poco spazio, per una mostra facile. Da vedere, se di passaggio.
Mathia Pagani
Milano // fino al 21 maggio
X
www.giomarconi.com
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