L’impressione, una volta chiusa alle spalle la porta della Galleria Elizabeth Dee di New York, è quella di essere “sottovuoto”: l’atmosfera rarefatta non viene interrotta da nessuna assistente di galleria, che rimane seraficamente nell’altra stanza, a sfiorare la tastiera del computer.
E così si viene naturalmente inglobati nella bolla di Renée Green (Cleveland, Ohio, 1959; vive a San Francisco e New York), nella sua Sigetics, ovvero “…the rethorical strategy of sigetics, wich involves evoking something through its absence…”. L’assenza è veramente la prima impressione che colpisce in queste due sale bianche, alle cui pareti sono appesi quadri su un medesimo sfondo bianco, e nei sei video silenziosi (ma ci sono le cuffie) in fondo alla stanza.
Ma dopo qualche attimo di smarrimento appaiono invece evidenti i dialoghi silenziosi che legano le opere tra loro; Green è un’artista, scrittrice e regista, ed è bravissima nel costruire installazioni che emozionano il pubblico, opere sussurrate e mai urlate ma con una potente forza comunicatrice. Come nei video Endless Dreams and Water Between del 2009 (74 minuti), proiettato su tre pareti nella seconda saletta, dove i quattro protagonisti esprimono il loro “pensiero planetario”. I personaggi sono descritti attraverso il luogo che abitano, che è – manco a farlo apposta – un’isola: l’isola di Mallorca in Spagna, l’isola di Manhattan e l’isola e la penisola che compongono la baia di San Francisco. Le riflessioni e i sogni dei personaggi alludono a una mente-arcipelago dove le parole, i suoni e il tempo si mescolano, dando origine a tante isole diverse.
Alternati a questi, due video silenziosi: Excess, un omaggio ai film avant-garde, e Stills, dove fotografie scattate in diversi luoghi scorrono alternate alla frase di Henri Bergson sul paradosso dei processi della memoria.
Del 2011 sono invece una serie di stampe che partono dall’elaborazione di Endless Dreams and Water Between: dai titoli di coda all’elenco dei protagonisti appesi accanto ai quattro Space Poems (2011), stampe e serigrafie che riportano frasi quali All wise impermanence o That cannot lie in words, not born yet, a suggerire l’inaffidabilità del linguaggio rispetto ad altre forme di comunicazione e sollecitazione.
Mentre al centro della stanza campeggia Relations (2010), un’installazione di due grandi teli che ritraggono un viso, a simboleggiare la complessità estetica e storica del mescolarsi delle culture, accanto al video del fratello della stessa Green, Megahertz, Megastar, Brother, Brasil (2000) che canta una canzone brasiliana.
Alla fine la visita è durata più del previsto; si pensava di fare in fretta, dato che “non c’era nulla da vedere” in quell’apparente assenza. Ma ben presto abbiamo scoperto che per “vedere” ciò che non c’è occorre molto più tempo e attenzione. E mai titolo fu più azzeccato: …the rethorical strategy of sigetics, wich involves evoking something through its absence….
Emanuela Bernascone
dal 9 aprile al 21 maggio 2011
Renée Green – Sigetics
Elizabeth Dee Gallery
545 West 20th Street – 10011 New York
Orario: da martedì a sabato 10-18
Ingresso libero
Info: tel. +1 2129247545; [email protected]; www.elizabethdee.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati