
In quell’opera, la scritta ‘ego’ campeggia vergine e vittoriosa su uno sfondo nero assoluto: che sospiro di sollievo. Ben Vautier (Napoli, 1935; vive a Nizza) traccia la linea dello strapiombo; oltre, c’è il buio dell’incomunicabilità, l’arte negli occhi. Vautier usa lo stretto indispensabile. Al di là di ogni compiacimento estetico, la prima forma di scrittura – tonda e infantile – è il grado zero della comunicazione, e la tela, in quanto oggetto, è consolazione borghese.
Consumato lo shock duchampiano, l’artista dell’Ecole de Nice torna a comunicare l’incomunicabile. La parola, affidata a testamento acrilico sulla tela, è pensiero rettilineo, lapidario; oltre il valore sfiancato dei simboli è il segno di un ego ridondante, fallico, smisurato e universale, è proiezione culturale – ovvero coloniale – allo stato puro. È l’incomprensibile e costante contraddizione della vita.
Luca Labanca
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Roma // fino al 16 luglio 2011
Ben Vautier – La libertà non esiste
www.maracoccia.com
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