Che bellezza, la bellezza
Si racconta che, quando i suoi occhi si posarono sulla volgare carta da parati che decorava la squallida stanza del suo albergo di Parigi, il morente Oscar Wilde abbia mormorato: “Uno di noi deve andarsene”. Leggenda metropolitana? Poco importa: quello di Oscar Wilde e dell’Estetismo era un mondo in cui cose come la carta da parati contavano molto. Se ne parla, fino al 17 luglio, al Victoria and Albert Museum di Londra.
L’Inghilterra della metà del XIX secolo è una realtà in grande fermento. L’industrializzazione e la crescita urbana che ne consegue portano alla costruzione di case più confortevoli e a una crescente domanda di oggetti di arredamento (mobili, tappeti, tende e carta da parati) da parte di una borghesia ansiosa di promozione sociale. Ma la crescita economica e la produzione in serie sono nemiche della qualità. Qualità che William Morris, con il suo movimento delle Arts and Crafts, si propone di restaurare, dedicandosi alla produzione di oggetti che siano esteticamente belli, oltre che utili. Morris è un socialista che, opponendosi alla volgarità della produzione industriale, vuole portare la bellezza alle masse. Ma per un gruppo di intellettuali e artisti come Dante Gabriel Rossetti, il culto della bellezza diventa l’unico mezzo per opporsi al rigido moralismo vittoriano.
Celebrazione della bellezza in tutte le sue forme ed espressioni, The Cult of Beauty: The Aesthetic Movement 1860-1900 al Victoria and Albert Museum è una vera e propria festa per gli occhi, con oltre 250 opere (dalle fotografie di Julia Margaret Cameron ai colorati artefatti di William Morris e delle sue Arts and Crafts, ai numerosi dipinti di grandi dell’epoca come Frederick Leighton, Edward Burne-Jones e James McNeill Whistler) organizzate cronologicamente in quattro sezioni, racconta la storia dei padri del Decadentismo.
Gli esteti vestono in modo flamboyant, usano piume di pavone, amano i colori sgargianti. Per loro l’arte, e tutto ciò che ne deriva – sia esso un dipinto o una carta da parati -, non deve necessariamente avere un significato: deve semplicemente essere “bello”. E se cose belle si possono produrre solo circondandosi dalla bellezza, la coltivazione di uno spazio bello in cui vivere va di pari passo. Artisti e designer si influenzano a vicenda, dando vita a collaborazioni rivoluzionarie: le abitazioni di artisti come Morris, Leighton e Whistler a Londra sono di per sé vere e proprie opere d’arte.
Ciò che inizia come un esperimento privato tra un gruppo di amici residenti tra Chelsea e Holland Park, finisce con il diventare patrimonio comune quando, nel 1875, Arthur Liberty apre il suo grande magazzino in Regent Street. Da quel momento la bellezza è alla portata di tutti per il prezzo di una carta da parati. Non a caso, la fine del XIX secolo è l’età d’oro della decorazione d’interni e dei manuali di stile come The House Beautiful di Oscar Wilde. Wilde si fa un nome inventando il personaggio dell’esteta dai capelli lunghi e brache di velluto al ginocchio, diventando così il simbolo stesso di questo movimento.
E se l’Estetismo vede nell’ultimo decennio del regno della Regina Vittoria e nelle linee sensuali del bianco e nero di Aubrey Beardsley il suo canto del cigno, le carte da parati di William Morris vendono ancora bene ai nostri giorni.
Paola Cacciari
dal 2 aprile al 17 luglio 2011
The Cult of Beauty: The Aesthetic Movement 1860-1900
a cura di Stephen Calloway
Victoria and Albert Museum
Cromwell Road – SW7 2RL London
Orario: tutti i giorni 10-17.45; venerdì 10-22
Ingresso: intero £ 12; ridotto £ 10
Catalogo £ 24,99
Info: tel. +44 02079422000; [email protected]; www.vam.ac.uk
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