Per la regia di Riccardo Crespi
Una one-night di videoarte comodamente seduti davanti allo schermo di un cinema. Al Cinema Gnomo di Milano, con il commento di tre critici d’eccezione (Gabi Scardi, Andrea Lissoni e Antonio Somaini) e quattro short film di artisti di fama internazionale. Il tutto targato Riccardo Crespi.
L’introduzione al linguaggio artistico contemporaneo fornita al di fuori degli spazi convenzionali (musei, gallerie, biennali, fiere, centri espositivi) per raggiungere il pubblico dei “non addetti ai lavori”, attraverso proiezioni a ingresso libero. Questa la formula per la prima (e speriamo non ultima) Video Night promossa dalla Galleria Riccardo Crespi, durante la quale si sono susseguite le opere, realizzate tra il 2007 e il 2010, di Libia Castro & Ólafur Ólafsson, Francesca Grilli, Roee Rosen, Shezad Dawood.
Il lavoro del duo spagnolo-islandese (presenti al Padiglione Islanda della prossima Biennale di Venezia), dal titolo Caregivers, è un music-video in cui l’informazione documentaristica fa da sfondo a uno dei fenomeni occidentali più comuni, ovvero l’ingresso delle badanti provenienti dall’Est Europa nella nostra quotidianità familiare.
Francesca Grilli, nel suo Gordon, riflette sulla ciclicità generazionale attraverso una serie di interviste alla sua famiglia e, in particolare, una partita di bocce priva di regole dettate e il racconto del nonno che, attraverso l’annuncio del suo nome, conferisce identità alla sua parentela.
Più sarcastica la visione dell’israelo-americano Roee Rosen in Hilarious, in cui una stand-up comedian narra con ritmi e stili da american show fatti di cronaca, morte e violenza. I temi sono quelli politici (tipici della sua produzione) evidenziati con toni umoristici, ma incapaci di suscitare ilarità a causa del retrogusto macabro che generano.
Infine, l’inglese Shezad Dawood con Feature e le sue scene grottesche e spesso splatter che ricordano i vecchi film in b/n di Jim Jarmusch, ambientate nello scontro tra Indiani e Governo Federale. Ricchissima la sua simbologia e il suo immaginario dell’orrore.
Federica Sfregola
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