
Purezza. Come altro sintetizzare il colpo d’occhio sull’antologica di Loris Cecchini (Milano, 1969; vive a Prato)? A proposito di “sintesi”: l’intreccio di fondo è quello fra naturale e artificiale. Non una novità, ma l’occhio si prende la sua parte, blandito dal felice matrimonio tra la sobria Loggia degli Abati e il set di trasparenze, porosità e total white. Tra episodi freddi (le meccaniche geometriche o i prismi iridescenti) e caldi (l’epitome paesaggistica di sabbie e pigmenti, le foto di minerali con miniature “architettoniche” aggettanti), la mostra va per stratificazioni e superfetazioni, controllando gli sviluppi della modularità. Il monocromo rotto dal tattile: guardare ma non toccare? Nient’affatto. Finale con l’installazione interattiva polisensoriale, “pozzo” senza fondo e tutta superficie.
Anita Pepe
1 / 9
2 / 9
3 / 9
4 / 9
5 / 9
6 / 9
7 / 9
8 / 9
9 / 9
Genova// fino al 17 luglio 2011
Loris Cecchini
www.fondazionegarrone.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati