Tra cinema e fotografia. Stanley Kubrick il giovane
140 fotografie tratte dall’archivio della rivista “Look”. È l’esordio di Stanley Kubrick, ben prima che prendesse in mano la macchina da presa. Anche se, col senno di poi, il piglio filmico pare già ce l’avesse.
La lettura della mostra di Stanley Kubrick (New York, 1928 – Harpenden, 1999) moltiplica i percorsi: per la sua storia artistica, il rapporto tra fotografia e cinema, i punti di vista. Facendo magari anche un veloce pensiero sulla capacità di una rivista fotogiornalistica come Look non solo di riconoscere la qualità di un’immagine, ma di chiedere subito a quel giovane di far parte della redazione come “staff photographer”.
Partecipazione emotiva, assoluto rispetto, abilità nella definizione degli spazi, stilizzazione, nelle Note di viaggio dal Portogallo: affascinanti sono le immagini dei pescatori che tirano lunghe corde dal mare tra grigi di diversa materia, di sabbia e di mare. Pistole in primo piano, volti da film noir, interni di pulmini per il trasporto di prigionieri nella serie Paddy Wagon… quando si tocca il fondo. Assolutamente cinematografiche Le avventure di Mickey a New York, una vera sequenza drammaturgica, con un ragazzino dodicenne di Brooklyn che, dopo la scuola, lavora come lustrascarpe; documentario e invenzione che evocano il Neorealismo, e speciale è qui anche la metropoli, il tetto dove sono allevati i piccioni, l’ingresso di un cinema, il gruppo famiglia con un’infinità di bambini.
Sono 130 le foto in mostra, ma viene ricordato da Lothar Strobach, nelle ultime pagine del bel catalogo, come Rainer Crone e i suoi collaboratori abbiano rintracciato, in un lungo lavoro di indagine e catalogazione durato dodici anni (1998/2010), più di 14mila negativi vintage risalenti alla collaborazione di Kubrick con la rivista Look.
Acrobati ed elefanti, giraffe e clown, tigri, scimmie e trapezisti: un mondo a parte quello del circo, nomade, senza radici. Commovente l’Omaggio all’età del jazz. Pose familiari, ma anche intime e ribelli, con Montgomey Clift: un’anima irrequieta.
Sempre Lothar Strobach – dopo aver ripercorso alcune tappe della vita di Kubrick, le origini ebraiche, la decisione di risiedere definitivamente in Inghilterra, il bisogno di avere il controllo assoluto dei suoi film – si domanda: “Stiamo forse sovrainterpretando queste prime fotografie?”. Il nostro immaginario assorbe, sviluppa, manipola informazioni complesse, per lo più impossibili da districare. Saremmo andati a vedere questa mostra, avrebbe avuto lo stesso rilievo senza il nome di Kubrick, la conoscenza dei suoi film-capolavoro? Quesito su cui si può sorvolare, se l’interesse si concentra sulle immagini nella loro autonomia: davvero straordinarie, così come assolutamente geniale si è dimostrato lo Stanley Kubrick regista.
Valeria Ottolenghi
Reggio Emilia // fino al 24 luglio 2011
Stanley Kubrick – Visioni e finzioni. 1945-1950. Cinque anni da grande fotografo
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