Dipingere parole, provando a tirar fuori l’anima iconica e insieme fisica di un testo. A estrarne colore, timbro, spessore. Hugo Canoilas (Lisbona, 1977) si sofferma sulla capacità del linguaggio di spalancare dimensioni percettive intense. Come nei sogni, come in certi viaggi della mente. Così, raccoglie brani di Beckett o pagine da Sotto il vulcano di Lowry. E ne fa pittura, grafia cromatica. Ecco un piccolo teatro mobile di tele sospese, oggetti di cui scorgi strati, bordi, persino il retro. Alcuni sono quadri recuperati, su cui dipinge file di lettere interrotte, tramutandoli in ambigue finestre di senso.
Ad aprire la mostra è un’installazione: frammenti accostati a partire da un’affinità verbale, sul filo di sottili evocazioni mnemoniche. Una scarpa, una bicicletta, una pietra. Tre parole in forma di cose, tre cose che fluttuano nel vuoto, come parole indisciplinate e vive.
Ad aprire la mostra è un’installazione: frammenti accostati a partire da un’affinità verbale, sul filo di sottili evocazioni mnemoniche. Una scarpa, una bicicletta, una pietra. Tre parole in forma di cose, tre cose che fluttuano nel vuoto, come parole indisciplinate e vive.
Helga Marsala
Catania // fino al 30 settembre 2011
Hugo Canoilas – Opere nomadi
Hugo Canoilas – Opere nomadi
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