Casolaro e Pareja: esuli a confronto
Coerente e sensato il binomio in mostra all’Istituto Italiano di Cultura di Strasburgo nell’ambito del progetto “Padiglione Italia nel mondo”. Gea Casolaro e Rafael Pareja, entrambi esuli, fanno conversare lavori nati da una stessa radice di reclamata appartenenza geografica. Fino al 23 novembre.
Separati in casa: Gea Casolaro (Roma, 1965; vive a Roma e Parigi) al pian terreno, Rafael Pareja (Trento, 1972; vive a Bruxelles) in soffitta, cantano una storia comune di identità topica dissolta e riacquisita. Il pensiero espositivo è compatto, tanto da essere quasi segnato da un’ambivalenza pellicolare positivo/negativo.
I lavori della Casolaro – South (2008-2009); Da Palermo uno sguardo (2003-2006); To feel at home (2002) e You are here (and we are still here too) (2008-2009) – sono osservazioni diverse su un’unica faccenda: l’identificazione puramente sociale di un luogo. Sia esso il sud del mondo, bello e selvaggio, il confine Germania/Repubblica Ceca, parzialmente arbitrario come ogni confine, la Palermo siciliana e quella argentina, sovrapponibili, o la geometria clinica di un piano regolatore, a cui sfugge però la mano riequilibratrice di madre natura. Un luogo è formato dalle caratteristiche che gli attribuiamo, potremmo essere ovunque fin quando ci lasciamo determinare dalle valenze culturali che ci identificano. Cosi è per i paesaggi capovolti di South, così, all’opposto, per le case di To feel at home, in cui non importa dove si è ma come ci si sente. You are here (and we are still here too) lancia invece un embrionale filo d’Arianna più letteralmente radicato, un indizio di reclamo dell’umana sorte, in tutte le sue piu spettacolari realizzazioni, alla madre terra.
Filo che dalla Casolaro passa a Pareja, che non conduce a labirinti sotterranei, bensì in una soffita-cassettiera di burocrazia accatastata. Un grande bosco anonimo campeggia al suo ingresso, bosco che sappiamo si chiamò Auberge, così dice un cartello, come fosse un codice numerico legato con lo spago all’alluce di un cadavere. Due bandiere, francese e tedesca, e una successione di immagini variamente piccole, ritraggono ripetitivi paesaggi di rovi e arbusti; come nelle fiabe la natura protegge ciò che deve essere un giorno riscoperto. Mappe militari, a matita sul muro, sembrano aver accettato la loro transitorietà terrena. Sono i paesi fantasma nei pressi di Verdun, i grandi caduti per la gloria della prima guerra mondiale, come i nomi scolpiti nel marmo degli ossari di guerra. Avvio di una riflessione su una delle terre di confine più concettualmente cariche del secolo breve. Rafael Pareja con La voie sacrée (2008-11) osserva il vuoto lasciato da una sentenza a morte.
Il risultato finale dell’intera operazione è valido e sostanzioso per i punti di contatto tra gli artisti e la loro storia personale di italiani in terra francofona. Rimane però un’osservabile discrepanza tra la mostra-rassegna, per altro ben orchestrata, di Gea Casolaro, e lo scrigno istallazione di Rafael Pareja, fatto su misura per il suo spazio come l’abito di sartoria per un corpo poco vestibile.
Silvia Colaiacomo
Strasburgo // fino al 23 novembre 2011
Gea Casolaro / Rafael Pareja
(Padiglione Italia nel Mondo)
www.iicstrasburgo.esteri.it
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