Dalla provincia con furore
Che l’Italia sia innanzitutto un patrimonio sconfinato di piccoli gioielli antropologici, paesaggistici, artistici, è cosa nota. In barba alle “grandi opere”, due esempi assai glocal. Da Voltaggio a Desio.
Voltaggio è indeciso se essere Piemonte o Liguria. Siamo ai margini del Gavi, terra che rende merito alle acidità del cortese; e sceglie di celebrare in pompa magna puramente sabauda il bicentenario della nascita della nobile benefattrice locale, duchessa di Galliera. Ma siamo pure appoggiati ai primi contrafforti dell’Appennino Ligure: mezz’ora di tornanti e ti ritrovi in spiaggia; mentre i palazzi alti, abbracciati ai vicoli, già sanno di riviera, e alle finestre occhieggia fiero il grifone rossoblu.
Nemmeno ottocento abitanti e un piccolo grande progetto di arte contemporanea dal titolo Senso Orario: cinque site specific che, fino al mese di ottobre, portano letture inattese della vita, gli spazi, le situazioni di un borgo assolutamente normale. Dove per normale si intende la straordinaria specificità di ogni piccola realtà italiana, là dove la dimensione glocale si sviluppa in fragili ma splendidi, spettacolari ecosistemi urbanizzati.
Complice Tamara Repetto, che a Voltaggio ci vive, altri artisti colonizzano il borgo: ne leggono Storia e storie, e intervengono in luoghi-simbolo per una comunità partecipe, mai passiva. Quasi un villaggio operaio in miniatura il complesso della vecchia Filanda, ancora oggi abitato, impreziosito nelle volte del porticato interno dai rispettosi carboncini del duo Bianco-Valente; eccezionale l’azione di field-recording messa in atto da Roberto Pugliese nella sala sedotta e abbandonata dal ciabattino del paese: dal coro dei fedeli alla messa a quello delle gazze ladre nei campi, ecco il canto straordinario di un piccolo popolo. In un piccolo mondo. Nel quale si entra accompagnati – letteralmente per mano – da orgogliosi improvvisati ciceroni: sono gli anziani del paese, che da buoni liguri aprono la loro proverbiale diffidenza in una commovente ospitalità.
Miracolo italiano: scrollata la coda di auto che persegue i saldi all’outlet, dal casello della vicina Serravalle a Desio ci vogliono meno di novanta minuti. Il tempo di una partita da calcio per trovarsi scaraventati dai silenzi della collina al frastuono della Brianza: nel parco di Villa Tittoni Traversi si è insediato il carrozzone del Kernel Festival 2011. Tre giorni di musica elettronica, ma quella spinta, che su MTV non passa nemmeno sull’eretico canale Brand New; tre giorni di incontro, nelle salette in bilico tra neogotico e neoclassico, con brillanti esperimenti di arte digitale e multimediale. Si va dal Troblion di Stephan Schwabe, sfera robot che spiana in autonomia una vasca di argilla, ai caleidoscopi interattivi di Angelo Plessas.
Fino al gustoso In Bloom – ricorda Kobain – della dj artist Esther Ainsworth: sui rami di un alberello rinsecchito sbocciano auricolari che trasmettono brani caricati via Skype da diversi angoli d’Europa.
Francesco Sala
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