Effetto Schnabel. Una retrospettiva che merita
Pittore, scultore, regista e sceneggiatore dalla travolgente forza espressiva e dalla seduttiva visionarietà. Venezia celebra il maestro del Neoespressionismo: Julian Schnabel. Con una significativa e ben allestita antologica al Museo Correr, allestita fino al 27 novembre.
“Vide persone e rovine, movimenti e crolli, l’accumulo del tempo sui muri, (…) le facce spezzate di cattedrali in cui il tempo non era trascorso ma si era ammassato”. Così declama la frase di William Gaddis riportata nella biografia del regista di cult movie come Basquiat e Lo scafandro e la farfalla. Parole che appaiono particolarmente appropriate alla retrospettiva che Venezia gli dedica. Stiamo parlando di Julian Schnabel (New York, 1951), le cui opere Wenders ha voluto sul set di The Million Dollar Hotel.
In stretta connessione con quella cinematografica, la produzione artistica di Schnabel assimila culture diverse in un linguaggio poetico fortemente autobiografico, fatto di citazioni letterarie di autori che da Omero giungono a Burroughs. Oltre quaranta opere, allestite in ordine cronologico, tracciano le linee cardine del percorso artistico dagli anni ‘70 a oggi. Un percorso fortemente influenzato da Pollock e Twombly, senza trascurare la tradizione europea che vede in Gaudí e Picasso i maggiori ispiratori.
Numerosi sono i supporti sui quali l’artista lascia confluire immagini e segni di impetuosa e coinvolgente forza espressiva. Legno, ceramica, velluto, vele, tappeti, fotografie fanno da sfondo a forme che lascia emergere spontaneamente durante il processo creativo, alternando figurazione e astrazione. “Credo che la lotta tra figurazione e astrazione sia una tematica del tutto irrilevante. Qualsiasi cosa può diventare soggetto di un quadro”, dichiara.
D’altronde, così come si immerge istintivamente nella materia pittorica in un flusso irrefrenabile – come nei Surf Paintings, tele alte oltre sei metri dedicate alla settima arte e al surf -, l’artista struttura scenari che vanno oltre la bidimensionalità della rappresentazione. Come nei Plate Paintings, dipinti realizzati su frammenti di ceramica dove storia e cultura si sovrappongono e stratificano.
In costante tensione per il dominio della materia, a superfici brulicanti e ispessite – che ritornano nelle tele catramate dove immortala le montagne del Nordafrica – alterna quelle più sfumate dei Japanese Paintings, foto digitali della casa al mare e dello studio a Mountauk elaborate pittoricamente, dove l’obiettivo sembra quello di trascendere la realtà.
Una retrospettiva che merita sotto tutti i punti di vista, dall’allestimento mozzafiato dell’androne d’ingresso, con gli imponenti teloni, a quello dello scalone. Fino alla scelta delle opere, soprattutto per quanto riguarda i ritratti sui cocci, dove emerge uno dei maggiori capolavori, The sea, una delle tante opere dedicate al mare. Si tratta infatti di un elemento onnipresente nell’opera di Schnabel, che concepisce l’acqua come metafora di libertà e rigenerazione. Sprofondare nelle acque per l’artista significa iniziare un viaggio verso l’eternità, e “annegare un evento intimo”.
Roberta Vanali
Venezia // fino al 27 novembre 2011
Julian Schnabel – Permanently becoming and the architecture of seeing
a cura di Norman Rosenthal
www.visitmuve.it
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