Succede raramente che, sfogliando il catalogo di una mostra e leggendo i contributi critici che contiene, ci si imbatta in un “corredo fotografico” di così alto profilo come quello curato per il catalogo di questa mostra, dove, in un perenne gioco di rimandi e paragoni fra le opere antiche presenti nel museo e quelle dell’artista che espone, il fotografo ri-crea sulla pagina, con straordinaria maestria, la felice intuizione che Barry X Ball (Pasadena, 1955; vive a New York), ammaliato dall’ambiente barocco-rococò di Ca’ Rezzonico, ha inseguito fino a trarne ispirazione per le sue nuove opere.
Barry X Ball riformula i suoi d’après mediante l’applicazione di sofisticate tecnologie, come la scansione in 3d dell’opera originaria e l’utilizzo di sempre nuovi e più svariati materiali, che l’artista sceglie con meticolosità nelle cave di tutto il mondo dove abitualmente si reca. Lavori che sono a tutti gli effetti “opere prime” e che hanno un doppio merito: far apprezzare l’abilità tecnico-manuale che le ha generate, nonché di far “riscoprire” i capolavori che le hanno ispirate.
Eseguite con marmi, alabastri, onici e lapislazzuli, masterpiece e portrait ammiccano ora ai pastelli di Rosalba Carriera e Marianna Carlevarijs, come nel caso degli aggregati di lapislazzuli con cui sono stati eseguiti i ritratti di Lucas Michael e Laura Mattioli, ora fanno pendant con il mobilio dorato, come nella “Sala del Trono” la Purità (d’après di Antonio Corradini) e l’Invidia (d’après di Giusto Le Court), entrambi eseguiti in calcite del favo dorata. Opere, queste ultime, che ritroviamo poi in altre sale, nelle delicate trasparenze dell’onice bianco dell’Iran.
Difficile distinguere se l’urlo che pare emettere Barry x Ball nel suo autoritratto in onice del Messico sia generato dall’orrore provato alla vista dell’Orfeo massacrato dalle Menadi di Gregorio Lazzarini o piuttosto dalla meraviglia per la splendida scrivania di legni preziosi e intarsi d’avorio, opera dell’ebanista torinese Pietro Piffetti.
Nel profluvio di decorazioni floreali raddoppiate dagli specchi, non poteva essere che “fantastico” il tipo di marmo scelto per il ritratto di Jon Kessler posto al centro del Boudoir dell’Alcova. Barry X Ball sceglie la “Sala del Brustolon” per il suo Ermafrodito dormiente in marmo nero del Belgio, omaggio all’opera del Bernini che oggi si trova al Louvre, ma forse anche a quell’Hermaphroditum nobilum di Policleto, citato da Plinio, che un tempo esisteva davvero.
Adriana Scalise
Venezia // fino all’11 settembre 2011
Barry X Ball – Portraits and Masterpieces
www.museiciviciveneziani.it
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