L’inaugurazione era incredibilmente affollata, malgrado l’accortezza degli eleganti padroni di casa, i coniugi Gianni e Grazia Bolongaro, nel non eccedere in pubblicità, inviti e buffet.
Non è per tutti questo scrigno d’oro che invita al raccoglimento, protetto dalla fitta pineta, incorniciato dalla catena delle Apuane e dal mare, verde profondo e selvaggio, in questo estremo lembo di terra ligure, nell’incantevole Montemarcello.
Arrivare giorni dopo, magari all’ora del tramonto, facilita l’immersione nell’immaginario aggressivo e traboccante di passione di Tracey Emin (Londra, 1963). Quest’anno La Marrana Arte Ambientale dedica le aperture estive a questa straordinaria figura emersa dal gruppo degli Young British Artists con quattro video che raccontano la sua carriera. Il perché non è diventata una ballerina, il suo personalissimo omaggio a Munch, e un sentimento di solitudine che sfiora alcune corde esistenziali, intensificato da un brano fra i più toccanti di David Bowie.
Ad alcuni piace malignare su quanta fama e quanta ricchezza abbiano portato all’artista le sue vicende familiari dolorose, la una vita sessuale precoce, cominciata quand’era ancora acerba, e divenuta, in seguito alla tragedia dello stupro, una specie di ossessione praticata assiduamente, freneticamente. Un’ossessione che diventa a volte una forma di liberazione, gratuita, nella miseria più nera dei suoi 13 e 14 anni, sperimentata nel suo lato più oscuro, e quindi saggiata nel martirio, l’umiliazione, la violenza fisica e l’escoriazione dell’anima. Del resto il suo letto, condito di avanzi di festini e notti bugiarde annaffiate d’alcool, lacrime e sangue (My bed, 1998) lo si vide subito: era delicato e costruito, intimo e femminile, molto di più di una semplice esibizione dei vizi privati al voyeurismo altrui.
Le opere della Emin – disegni, scritte al neon, ricami, ma anche sculture e installazioni ambientali – derivano da un’intensa emotività e da un movimento psichico in ebollizione, cucinato lentamente attraverso le sue vicende sentimentali. L’esorcismo ispirato alla vicenda del singolo assume una veste artistica; d’altronde l’espressionista Egon Schiele, il cui tratto interrotto e concitato si riconosce in quasi tutti i lavori grafici dell’artista inglese, aveva prima di tutto dalla sua la velocità del segno, una grondante abilità espressiva. La capacità di filtrare la vita interiore attraverso la sofisticazione del linguaggio e della creazione artistica è la molla che trasforma il particolare in sentimento universale: è capace di sollevare interrogativi, piccole gioie quotidiane, domande di interesse generale. Non solo drammatica e men che meno triste o penosa, la Emin supera la tetragona gravità dello spirito germanico e sfoggia un robusto humour inglese che rasenta il cinismo (come nel racconto autobiografico del suo Curriculum Vitae).
Sfogliando il suo libro Strangeland, caratterizzato da uno slang strettissimo corretto prontamente in fase di editing, ci viene innanzi tutta la durezza della vita e la sua poesia, attraverso un racconto intenso, una narrazione tipica del sopravvissuto. Nei brevi video troviamo la saggezza, il disincanto e la disperata inerzia che spinge ad andare avanti che furono del Candido di Voltaire, dove un razionalismo facile e naïf veniva ridicolizzato proprio come l’ottimismo dei servi e dei contenti di sé.
Francesca Alix Nicoli
Montemarcello // fino al 31 luglio 2011
Tracey Emin – Tracce/di vita
www.lamarrana.it
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