Et in Arcadia ego. Twombly & Poussin, a braccetto
Fino al 25 settembre, la Dulwich Picture Gallery, storico museo nei sobborghi di Londra, propone un confronto tra due grandi pittori divisi dalla cronologia e uniti dalla tensione all’Arcadia. I nomi? Il sontuoso Nicolas Poussin e Cy Twombly, recentemente scomparso. In un percorso che si snoda tra affinità e contrasti.
I pastori di Arcadia è uno dei dipinti più famosi e proverbiali di Nicolas Poussin (Les Andelys, 1594 – Roma, 1665). Si tratta di una variazione sul tema della vanitas molto diffusa nel seicento. Un gruppo di pastori dell’Arcadia, regione greca resa paradigma di idillio bucolico da Virgilio, scopre una sepoltura. L’iscrizione recita “Et in Arcadia ego”: la Morte parla in prima persona per ribadire la sua residenza in ogni luogo, persino nel luogo del presente immobile e delle ninfe agresti. Coerentemente, l’esposizione Arcadian Painters si muove sotto il segno secondario, implicito, del memento mori, innanzitutto perché Cy Twombly (Lexington, 1928 – Roma, 2011) per una triste coincidenza è morto pochi giorni dopo l’inaugurazione di una mostra che non si immaginava doppiamente postuma.
Difficilmente potremmo immaginare una location più adeguata al tema: la Dulwich Picture Gallery fu, nel 1811, la prima galleria d’arte inglese aperta al pubblico e da allora custodisce, in un edificio che ricorda un padiglione, capolavori di Rembrandt, Raffaello, Thomas Gainsborough e Guido Reni. Il tutto immerso tra parchi, college neogotici e ordinatissime zone residenziali, ambientazione che fa pensare ad un’Arcadia contemporanea.
I numerosi Poussin della collezione permanente sono stati abbinati secondo nuclei tematici ricorrenti (Venere e Eros; Parnaso e poesia; le quattro stagioni) a opere del maestro contemporaneo, provenienti in gran parte dalla collezione dell’artista. I due sono legati da consonanze biografiche: entrambi si trasferirono a Roma trentenni, in coincidenza con la primavera della propria creatività, affascinati dall’antichità classica. Quasi si può parlare di vite parallele. Lo stesso Twombly dichiarò: “Mi sarebbe piaciuto essere Poussin, se avessi potuto scegliere, in un’altra epoca”. Tuttavia, l’orgoglioso, vitalistico epitaffio poussiniano, Je n’ai rien négligé, si rovescia in That which I should have done, I did not do, una rosa nera scolpita da Twombly sopra un basamento marmoreo funereo ed esposta nel mausoleo al centro del percorso espositivo.
Accostare il rigore protoneoclassico e il trionfo della figura e del disegno di Poussin all’estremo dell’astrazione che, con Twombly, giunge a sostituire sulla tela il nome della cosa all’oggetto, a volte può apparire forzato, aldilà delle affinità elettive e tematiche. Tuttavia, le opere più liriche ed evocative come Hero and Leandro e le vedute luministiche, quasi prossime a Monet, di Bassano del Grappa, risultano pendant metafisici dello stesso mondo concreto e iperstoricizzato, ma anche intriso di mitologia e letteratura, evocato da Poussin.
Alessandro Ronchi
Londra // fino al 25 settembre 2011
Twombly and Poussin: Arcadian Painters
a cura di Nicholas Cullinan
www.dulwichpicturegallery.org.uk
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