Filippino e il fuoco dell’arte
Il fuoco dell’arte, se non controllato, si sviluppa senza limitazioni nello spazio e nel tempo. Dando vita a molteplici opere, talvolta incompiute. Perché non basta una vita per raccontare il genio. In mostra a Roma i capolavori di Filippino Lippi. Alle Scuderie del Quirinale, fino al 15 gennaio.
Prendere coscienza dell’Arte, vivendo l’arte, non sempre è un processo lineare e quasi mai si risolve in semplice emulazione. Certo è che l’iniziale tentativo di assorbimento, la voglia di imitare, ben presto si trasforma in necessità di emergere. È lo studio che ogni uomo conduce su se stesso che ci porta alla consapevolezza di essere “altro” da qualcuno. È la sintesi della nota sentenza che recita: “Triste è quell’allievo che non supera il proprio maestro”. Così le suggestioni infantili, gli insegnamenti paterni, la fama e al tempo stesso la condanna di essere figlio d’arte possono innescare, in una mente fertile e geniale, il desiderio di “andare oltre”. Non importa dove, ma più avanti.
Filippino Lippi (Prato, 1457 – Firenze, 1504) compie questo miracolo sia verso il padre Filippo, pittore e monaco carmelitano, sia verso il maestro, Sandro Botticelli, nella cui bottega si forma, in un periodo di intenso fervore politico e culturale. Così due destini si incrociano, nella vita e nell’arte, dando luogo a un meccanismo di compenetrazione simbiotica, linguistica e stilistica; un rituale di corteggiamento che si conclude con un distacco, una presa di coscienza dell’essere differente, negando e conservando ogni retaggio del passato.
Lippi rappresenta la fine di un’epoca, che lo allontana dalla linearità della prima maniera, tipica dei padri fondatori, e lo avvicina sempre più alle suggestioni esoteriche, ai dettagli archeologici, all’esasperazione espressiva che toglie grazia e infonde interesse nei soggetti rappresentati. Antropologo del suo tempo non è mai stato sminuito dal confronto con i “grandi”. È questo l’obiettivo della retrospettiva che ricostruisce la complessità storica e la valenza sociale di quelle antiche fucine chiamate botteghe, dove l’estro umano produceva ogni sorta di meraviglia.
Articolata su due livelli e organizzata secondo un percorso dialettico, l’esposizione è corredata in ogni sezione da documenti originali dell’epoca, che contestualizzano storicamente le opere esposte. Il primo livello evidenzia le numerose influenze che Lippi trae dal suo tempo, vuoi nelle opere del padre che in quelle del maestro, o nei richiami ai pittori “minori”. Due bellissime porte intarsiate e una statua di Sant’Antonio Abate completano il percorso. Il secondo livello presenta chiaramente la transizione: i colori si scuriscono e il processo di stilizzazione delle figure umane (allungamento) si arricchisce di richiami grotteschi. L’allestimento è lineare, logico e fruibile, anche grazie alle diverse citazioni riportate sulle pareti. Oltre sessanta opere per narrare l’avvincente avventura pittorica di un aggraziato, geniale e vivace sperimentatore.
Michele Luca Nero
Roma // fino al 15 gennaio 2012
Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del ‘400
a cura di Alessandro Cecchi
Catalogo 24 Ore Cultura
SCUDERIE DEL QUIRINALE
Via XXIV maggio 16
06 39967500[email protected]
www.scuderiequirinale.it
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