Difficile resistere all’implicito divieto di toccare le opere. Ci si consola allora con il colore, che Tilman Hornig (Zittau, 1979; vive a Dresda) regala generosamente alla parete e al metallo, sfruttando tutte le possibilità del cangiantismo, “sporcato” laddove rischierebbe di diventare troppo squillante. Plastica novecentesca, accademia tedesca, creazione impulsiva, l’artista trasmette il proprio piacere tattile. Sintesi di tanta solidità – tavole, acciaio, vetro – la leggerezza. Scultura, design (ma si può parlare di design tout court per i tre tavolini fatti di curve altimetriche?) e pittura tout court, con quadri in cui lattine schiacciate sembrano avere un ruolo totemico. Al piano superiore, il “dialogo” con la scuderia fissa, tanto per mettere le carte in tavola a inizio stagione: Arman, Nunzio, Uncini, Cingolani, Melotti, Long.
Anita Pepe
Milano// fino al 31 ottobre 2011
Tilman Hornig – Infected zone
a cura di Gianni Romano
www.corsoveneziaotto.com
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