La Galleria Continua, nella sua grande sede, quella dell’ex cinema di San Gimignano, e negli altri spazi sparsi nella cittadina, rende omaggio a Chen Zen, uno dei suoi artisti più importanti, scomparso undici anni fa. In una mostra che ripropone dieci anni della sua ricerca. Fino al 28 gennaio.
A distanza di undici anni dalla sua scomparsa, la Galleria Continua celebra il genio creativo di Chen Zhen, nato aShanghai nel 1955 e morto a Parigi nel dicembre del 2000, poco dopo l’inaugurazione della sua personale negli spazi dell’ex cinema-teatro a San Gimignano (aperta nell’ottobre dello stesso anno).
In Les pas silencieux viene riproposto l’imponente lavoro che nel 2000 occupava la platea del teatro, Field of Synergy, nel quale il rapporto tra spettatore e opera risulta capovolto: l’osservatore contempla dal palco il vero “spettacolo di energie” che si svolge in platea. Cenere, computer, plexiglas, legno, macchine da scrivere, giornali sono solo alcuni dei materiali che compongono le opere e accompagnano il visitatore attraverso una riflessione universale sui molteplici aspetti dell’esistenza umana.
Dopo aver lasciato la Cina nel 1986, le opere di Chen Zen risultano arricchite dal confronto tra la cultura occidentale e quella orientale, riuscendo ad abbattere le barriere che separano la spiritualità della filosofia buddista dalla razionalità del mondo occidentale, indagando il rapporto tra corpo e spirito. Come avviene in Crystal Landscape of Inner Body e Zen Garden, dove l’artista riflette sui diversi metodi della pratica medica, tema a lui molto caro. A 25 anni, infatti, Chen Zhen scopre di essere affetto da anemia emolitica, una malattia che aveva imparato a considerare esperienza di vita da cui trarre ispirazione.
Partendo da lavori come My Diary in Shaker Village, 27 disegni che raccolgono gli appunti dell’esperienza vissuta nei tre mesi del 1997 in un villaggio di Shakers nel Maine, e Beyond the Vulnerability, architetture di candele realizzate nel 1999 insieme ai bambini delle favelas brasiliane di Salvador De Bahia, l’artista imposta il concetto di transesperienza, costruito su tre livelli fondamentali: la residenza, quindi il contatto con un luogo nuovo, che porta alla risonanza, cioè a vivere pienamente la nuova esperienza, fino alla resistenza, mantenendo se stessi ben saldi alla propria cultura d’origine.
Ad armonizzare le speranze per un futuro di pace giunge infine Back to Fullness, Face to Emptiness, progettata nel 1997 e realizzata postuma per la 53esima Biennale di Venezia (2009). Un tema sviluppato anche nelle piccole case di candele costruite su sedie per bambino, provenienti da tutto il mondo, che danno vita a Un village sans Frontières.
Valentina Grandini
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Valentina Grandini
Profilo: Valentina Grandini (Pietrasanta, 1978) è storica dell’arte, curatrice indipendente, art advisor, fotografa e organizzatrice di mostre ed eventi legati all’arte contemporanea. Dal maggio 2011 collabora con Artribune. Dal 2008 svolge l’attività di art advisor collaborando con collezionisti privati alla…