Ce l’hanno fatta: un bulletto di provincia e il suo universo scanzonato e dissacrante sono riusciti a riempire i 29 metri che misurano lo spazio tra la hall e il lucernario del salotto museale più influente di New York e del mondo.
Maurizio Cattelan (Padova, 1960; vive a New York) insieme alla curatrice della mostra, la vicedirettora del Guggenheim Nancy Spector, ha preso per la collottola tutte le sue opere (se ne è salvata soltanto una) per appenderle e lasciarle sospese fra le sette rampe a spirale del museo. Il risultato è un’installazione unica di 130 lavori, una retrospettiva a-temporale, di cui il pubblico con il naso all’insù o gli occhi in giù si trova a far parte. Coprendole una con l’altra, è unica e sensazionale la visibilità che l’artista veneto è riuscito a dare alle proprie opere.
L’esposizione condanna Maurizio Cattelan a diventare uno fra i più alti esponenti dell’arte di questo presente. Sulla questione, pochi i silenzi e gli applausi e ormai innumerevoli le frasi lapidarie quanto offensive. Ridicolo, iniquo e, più di ogni altra cosa, scandaloso. Sono tante e fortemente indignate le critiche contro le opere e la notorietà di quest’artista da parte di profani dell’arte e addetti a lavori. Ma la definizione più laconica e cattiva viene proprio dallo stesso Cattelan, che ha avuto il candido quanto sfacciato coraggio di descriversi semplicemente come “un idiota senza idee”.
È doveroso ricordare che chi si permette di considerare Maurizio Cattelan colpevole della realtà che riproduce, indecente nei prezzi e nelle opere, non si dovrebbe dimenticare che se lo scandalo rende, la colpa non può essere prima di tutto di chi lo vende. Perché il pianeta Cattelan è un posto che sa aspettare. Lentamente, mentre le quotazioni continuano inesorabilmente a crescere, sublimazioni concettuali sempre più serie e composte delle sue opere iconiche cominciano a imporsi nei dibattiti in maniera sottile e decisa.
Torniamo alla mostra? Torniamoci: nessuno finora si era permesso di lasciare l’intero spazio canonico del Guggenheim vuoto. Nel caos di funi che sorreggono i lavori appesi, trascende uno sguardo italiano fatto di bar, castelli di carte e biliardini, capace di guardare fuori il proprio presente e fotografarne i crolli, gli scandali e le immoralità.
La mostra/installazione, avvolta in una religiosità che è quella cattolica, esibita con la perdita del senso della Croce e la caduta al tappeto del Vaticano, fra sculture che sono nate cavallo, ma che alla fine sono diventate qualcos’altro e un’infanzia perduta, come impiccata fra le metropoli del mondo, ritrovata dentro il ricordo di favole e giocattoli; per celebrare il Novecento ha scelto Hitler, J.F. Kennedy e Wojtyla; per celebrare se stesso ha scelto autoritratti più morti che vivi; asini che non ce la fanno a fare il proprio lavoro e, nel frattempo, non smettono di portare sulle loro spalle quello che gli propinano i medium di massa. Con l’Italia è crudele: di oggi ci dice che siamo la repubblica dei formaggini, di ieri con la coda di una cometa che parte dalla stella delle brigate rosse, ci annuncia che nel nostro Paese è successo davvero l’avvento e la morte del senso dello Stato.
E ancora: l’anonimato di morti senza volto, giustizia capovolta, una finanza mondiale capace di mutilare ogni valore e disvalore, l’assurdità del consumismo, un frigorifero, una bicicletta, Maurizio Cattelan che se la ride.
Alessandro Berni
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Maurizio Cattelan – All
a cura di Nancy Spector
Catalogo Guggenheim/Skira
SOLOMON R. GUGGENHEIM MUSEUM
1071 Fifth Avenue (at 89th Street)
+1 212 423 3500
www.guggenheim.org
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