Design a tempo

Il design, abituato a relazionarsi sempre e solo con unità spaziali, si cimenta con le misure temporali. E cerca di dar forma e materia a ciò che è ineffabile per natura: il tempo. Con “O’Clock”, il Triennale Design Museum di Milano cerca di dare un corpo al tempo. Fino all’Epifania.

Ogni oggetto contiene al suo interno numerose informazioni, fra le quali il tempo della sua realizzazione, le mani che l’hanno costruito e plasmato. L’orologio è lo strumento per eccellenza che scandisce e regola il carattere indeterminato della durata, della memoria e dell’evoluzione. Alla stregua di un giudice severo, l’orologio segna, anche dal punto di vista sonoro con il suo ticchettio, lo scorrere di ore e minuti, e di emozioni individuali.
Il Triennale Design Museum insieme alle Officine Panerai affida alla designer Patricia Urquiola il compito di allestire e radunare all’interno di un percorso, spaziale e temporale, le più disparate interpretazioni degli oggetti che scandiscono il tempo.
I progetti, in gran parte orologi di artisti e designer, non mostrano solo la vena creativa degli autori, ma anche del loro tempo. Il design diventa il mezzo attraverso il quale stabilire un intenso dialogo tra la quotidianità e l’assoluto, che concretizza oggetti funzionali che sono allo stesso tempo opere d’arte. Il tempo è motivo guida e stimolo essenziale e, paradossalmente, seguendo il percorso si perde quasi la cognizione del tempo. Una forte scansione della durata è tuttavia data dalle tre sezioni della mostra: misura, viaggio e rappresentazione.

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Damien Hirst - Beautiful Fractional Sunflower Panerai Painting - 2011 - photo Prudence Cuming Associates

Per Misurare il tempo c’è il macabro Cuckoo Clock, un uccello dalle ali distese con un orologio digitale al centro, un cucù volante (Michael Sans); e l’orologio olfattivo composto da candele profumate che si accendono a catena (Scented time di Sovrappensiero design studio); una scultura cinetica con le doppie lancette per Oblique clock, con forme sempre mutevoli (Tristan Zimmermann); il calendario di maglia che si disfa via via con Gregor, lasciando tracce perenni di quanto è trascorso, filo della memoria del tempo (Patrick Frey).
L’immaginazione spazia nella sezione Viaggiare nel tempo, ed è indovinata la selezione del non-spartito di John Cage, 4’33’’; intanto da un armadio fuoriesce la sabbia che, accumulata a cono, ricorda che non si può ricominciare, girare la clessidra e riprendere il tempo consumato (Senza titolo di Carlo Bach).

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Studio Sovrappensiero - Scented Time - 2008 - photo Emanuele Zamponi

Ma come Rappresentare il tempo? Con un simbolo dell’infinito fatto da tessere del gioco Domino che continuano a cadere e risollevarsi (Albin Karlsson) o con una catena di perline colorate su una ruota, lasciando scivolare ore e minuti (The Sasa Clock di Thorunn Arnadottir), o ancora con le tante lancette di trecento orologi che, segnando orari del tutto diversi, arrivano a comporre – per opera di Nadine Grenier, O’Clock – due volte al giorno la frase “Le temps passe, et chaque fois qu’il y a du temps passé, il y a quelque chose qui s’efface”.

Valeria Ottolenghi

Milano // fino all’8 gennaio 2012
O’Clock. Time design, design time
a cura di Silvana Annicchiarico e Jan van Rossem
Catalogo Electa
TRIENNALE DESIGN MUSEUM
Viale Alemagna 6
02 72434208

info@triennale.org
www.triennale.org


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Valeria Ottolenghi

Valeria Ottolenghi

Studiosa e critico teatrale (numerose le pubblicazioni, saggi e articoli di riviste, regolari alcune collaborazioni), è Responsabile delle Relazioni Esterne ANCT, Associazione Nazionale dei Critici di Teatro. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti, ha lavorato per la scuola e l’Università, docente SSIS, insegnante…

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