Geografie cézanniane
“Ha capito tutto: la luce e il colore, la forma e il disegno, la prospettiva e la libertà”. Questo è Cézanne. Uno degli artisti che ha cambiato per sempre sia il modo di dipingere sia la poetica del Novecento. Una grande mostra a Palazzo Reale ne ripercorre la carriera. A Milano fino al 26 febbraio.
Sono i luoghi i protagonisti della mostra: i paesaggi del Midi, quei boschi e quei ruscelli. E poi gli atelier, vero cuore del rigoroso quanto ostinato lavoro di di Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 1839-1906). Una mostra che inaspettatamente si apre con due grandi carte topografiche: la prima della regione di Aix, con l’indicazione dei punti di interesse che hanno segnato la ricerca pittorica dell’artista; la seconda del centro della cittadina, con le abitazioni della famiglia e le strade, i locali che lo hanno visto a casa propria durante quasi tutta la sua vita.
Eh sì, perché il pittore si è affacciato più volte a Parigi, ma non l’ha mai amata, non l’ha mai fatta propria. Ha sempre preferito la Provenza, l’isolamento e la solitudine, condizioni più congeniali a un uomo dal carattere non facile e pienamente consapevole della rivoluzione che si stava attuando grazie alla sua pittura.
Una scansione semplice ed efficace caratterizza l’allestimento: una logica cronologica al cui interno si schiudono approfondimenti tematici, il tutto accompagnato da pannelli introduttivi chiari, sintetici, affascinanti sia dal punto di vista linguistico che fotografico. Perché una mostra è anche questo: un percorso che conduce attraverso le opere e che guida alla comprensione e all’empatia con esse. In ciò i livelli di eccellenza raggiunti dalla partnership tra Palazzo Reale e Skira, che molte forze ha investito nell’evento, sono fuori discussione.
Ma non c’è solo questo. Soprattutto c’è Cézanne: dalle sue nature morte ai paesaggi, dai ritratti alle curiose prove di formazione. È dalle prime tele che inizia il percorso, dai debiti riconosciuti a Ingres e a Rubens, a Tintoretto e a Poussin, copiati ed esibiti, usati per dimostrare a un padre scettico il talento di un pittore in erba.
Già dai quadri del 1865 lo stile cambia, l’artista comincia a dedicarsi alle vedute della propria terra e la pennellata prelude già al suo riconoscibilissimo e inimitabile stile, come dimostra Paesaggio con oratorio e ponte dei Trois-Sautets. Compaiono le prime bagnanti, le celebri nature morte, i fiori e i ritratti degli amici messi a punto con lunghe e numerosissime sedute di posa. La successione cronologica permette di cogliere la rarefazione materica della pittura: prima la pennellata è densa, di grande spessore, poi mano a mano si alleggerisce, si fa più delicata conservando al contempo la sua forza espressiva.
Ma come ricordare Cézanne senza pensare a uno dei suoi soggetti più simbolici, più densi di significato? Proprio lei, la montagna Sainte-Victoire: presenza più volte evocata e che emerge con discrezione, nell’ultima sala, in un acquerello della Tate, solo un accenno forse, ma sufficiente a rappresentare “l’inscalfibile coerenza” e la “rocciosa solitudine” di uno dei grandi dell’arte di tutti i tempi.
Marta Santacatterina
Milano // fino al 26 febbraio 2012
Paul Cézanne – Les ateliers du Midi
a cura di Rudy Chiappini
PALAZZO REALE
Piazza Duomo 12
02 92800375
www.mostracezanne.it
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