Le tele di Georgia O’Keeffe (Sun Prairie, 1887 – Santa Fe, 1986), assieme alle sue tre uniche opere tridimensionali, sono esposte negli spazi della Fondazione Roma in un percorso che dialoga con le stampe fotografiche di Alfred Stieglitz, suo scopritore e poi marito, e di Maria Chabot, scrittrice e pittrice nonché amica e confidente dopo la morte di Stieglitz. La mostra segue un percorso cronologico che conduce dagli ambienti newyorchesi degli anni ‘10, che fanno da sfondo ai primi dipinti astratti, fino agli gli scenari bucolici di Lake George, dove la O’Keeffe, dopo essere stata lanciata da Stieglitz, che stava cercando una donna “capace di dipingere bene quanto un uomo” nel 1916, si trasferì con lui.
Il passaggio da una pittura netta e tagliente, che si serviva soprattutto del disegno a carboncino, a una maniera espressiva caratterizzata da forme più organiche e dalla scelta di temi prevalentemente figurativi come fiori, frutti ed elementi naturali, si rivelerà solo una fase, destinata a essere sorpassata dalla grande rivelazione della sua vita: il paesaggio arido e selvaggio del New Mexico. L’artista l’aveva già visitato molte volte e ci si trasferì definitivamente dopo la morte del marito. Qui e solo qui trova l’ispirazione che la porterà a produrre in maniera continuativa, fino alla morte, avvenuta nel 1986, un gran numero di tele, tutte segnate da una convinzione: “qui la luce è differente, il cielo è differente, il vento è differente”. Sono opere pervase dalle forme primitive del paesaggio, portatrici dei valori di un intero universo creativo, che si alimentava anche della ricerca di sassi e ossa di animali, che poi l’artista inseriva nei suoi quadri, non come simboli di morte, ma simulacri del deserto.
Soprattutto negli ultimi anni, quando a causa di una malattia agli occhi, la O’Keeffe si dedicò agli acquerelli, reintegrò nelle sue opere la componente astratta. Come a chiudere un cerchio il cui inizio era stato tracciato dai primi autoritratti, consapevoli e intessuti di sensualità. Nel parlare di sé e della sua opera, però, insisterà sempre nel dire che quello che faceva era riprodurre “le cose come le vedeva”, prima fra tutte la sua casa adobe ad Abiquiu e la montagna della Black Mesa, di cui arrivò a dire che se avesse continuato a dipingerla Dio un giorno gliel’avrebbe regalata.
Le fotografie che accompagnano la mostra, il documentario “A life in art” e le ricostruzioni ambientali, unico elemento discutibile, perché un po’ troppo semplicistiche, contribuiscono a dar corpo alla figura della O’Keeffe come una donna volitiva e indipendente, la cui vita sembra essere inscindibile dai suoi capolavori.
Chiara Ciolfi
Roma // fino al 22 gennaio 2012
Georgia O’Keeffe
Catalogo Skira
FONDAZIONE ROMA MUSEO
Via del Corso 320
06 6786209[email protected]
www.fondazioneromamuseo.it
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